venerdì 15 luglio 2016

Una bandiera per la nostra libertà

Un altro attentato, questa volta a Nizza, con un autoarticolato lanciato sulla folla.
In queste occasioni si vorrebbe una bandiera, perché anche il nostro Inno dice a un popolo calpesto, deriso “ci raccolga un’unica bandiera, una speranza”.
Ma questa bandiera non c’è.
Non è successo perché era il 14 luglio: il primo giorno dei saldi sarebbe andato bene lo stesso.
Non è successo perché erano francesi, fossero stati tedeschi, belgi, spagnoli, olandesi sarebbe andato bene lo stesso.
Non è successo perché erano crociati: in Europa al massimo si fanno crociere.
Non è successo perché erano europei: questa è solo una comodità geografica.
È successo perché erano liberi e felici, vivevano in un luogo dove i diritti fondamentali sono garantiti, e l’individuo viene prima -forse non nei fatti, ma nelle aspirazioni- della comunità.
E una bandiera del genere non c’è.
O forse c’è.
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È quella di un piccolo pezzetto di Occidente, che da settant’anni rappresenta lo scandalo della nostra libertà, della nostra voglia di vivere e di amare, tutto ciò che i regimi del terrore e i loro burattini temono: la bandiera di Israele, la terra i cui figli hanno iniziato a morire per noi come noi oggi e prima di noi decenni fa, vittime delle bombe nei ristoranti, accoltellati alle fermate dell’autobus o falciati dalle auto per strada, ancora una volta “nostri fratelli maggiori” come li chiamò papa Wojtyla.
In attesa di una sola bandiera della nostra libertà, guardo a quella, sapendo che almeno quella sarà difesa fino in fondo con la chiarezza morale che questi tempi chiedono, quella chiarezza morale che a noi manca.

giovedì 30 giugno 2016

E, a giugno, tutti in colonia.

la ex colonia estiva del Comune di Milano
a Berzonno di Pogno (NO)
Questo è il ricordo d’un tempo che non c’è più, quello delle colonie.
No, non i tempi dell’Impero, ma le colonie estive per i bambini.
Io ci sono stato in colonia, le colonie erano un'istituzione qui a Milano.
La loro storia risale alla fine del ‘800, a quella cultura del Welfare che mi ha sempre reso così orgoglioso di essere meneghino.  I nomi dei fondatori di questa “Pia Istituzione per la cura climatica gratuita” sono a buon diritto quelli di molte delle più antiche vie milanesi: la città ha saputo essere grata ai suoi Benefattori.
Si può leggere in “Milano benefica e previdente: cenni storici e statistici sulle istituzioni di beneficenza e di previdenza” (Leone Emilio Rossi, 1906):
…L'esito soddisfacente ottenuto e la simpatia con cui fu accolta la novella provvida istituzione incoraggiarono ognora il Comitato, cosicché aumentava ogni anno il numero de’ suoi beneficati. Attualmente egli ne invia oltre 200 a Berzonno, distante circa 3 ore di Milano, frazione del comune di Pogno, paesello sulla riva sinistra del lago di Orta a 461 metri sul livello del mare. Il caseggiato, che è sede della colonia, già villa signorile, è formato da due ali di fabbricato in mezzo ad un ampio quadrilatero… È una posizione alpestre salubre dotata dei requisiti igienici più necessari e moderni.  L'istituzione fu eretta in Ente Morale coi R. Decreto 15 gennaio 1885; ebbe medaglie ed onorificenze diverse nelle più importanti Esposizioni e fu segnalata con diplomi di benemerenza speciale in Congressi ed Esposizioni medico-igieniche.
Ricordo la mia colonia di Berzonno di Pogno (NO) con dolcezza: gli amichetti, le passeggiate, le signorine cortesissime e le bidelle un po' rozze ma materne, l’escursione annuale al Lago d’Orta, il sonnellino dopo pranzo, le partite a calcio, le docce e il sapone di Marsiglia, la piccola cassa che ognuno di noi aveva per i gelati, il falò di fine colonia...
Sono così affezionato a quel ricordo che con la mia prima macchina sono tornato a vedere quel luogo: ora è una casa di riposo (la residenza “Riccardo Bauer”), e quel bosco enorme che la circondava, appare per quello che forse era anche allora: poco più d'un giardino :-)
Pochi anni dopo, direi già negli anni ‘80, la storia delle colonie estive si spense: erano oggettivamente un investimento costoso, attivo pochi mesi l’anno, e troppo “cheap” per un Paese che si vedeva proiettato in un orizzonte di crescita.
Ne conserverò sempre un tenero ricordo.

venerdì 24 giugno 2016

Brexit: la tempesta perfetta.

Una delle prime regole che ti insegnano a economia politica è che il calo delle barriere al commercio genera ricchezza, e che questa ricchezza viene bruciata subito appena le barriere si rialzano.  L’effetto positivo lo abbiamo visto per decenni: i britannici per esempio devono il loro successo come piazza economica per eccellenza anche alla possibilità di attirare i capitali del resto d’Europa come fossero capitali domestici.  Ora vedremo l’effetto opposto: le barriere che si alzano, gli investimenti più difficili, gli ostacoli al commercio.

Sì certo, il populismo, la retorica del “Britannia rules”, che è solo un consimile della grandeur francese, della civiltà romana, della superiorità tedesca e altre follie dei secoli passati, hanno piantato il coltello, ma le responsabilità non si fermano lì.
Il momento d’oro dell’Europa è finito negli anni ’90, e tutti hanno fatto finta di non accorgersene.
Oramai l’Europa è percepita non più come casa comune necessaria, ma come questione di sacri principi (di qualcun altro) che non possono essere messi in discussione, anche contro le convinzioni del popolo.  Solo che questa mania di costruire l’uomo nuovo fallisce sempre, non appena l’uomo vecchio ha la possibilità di ribellarsi.

“Siamo tutti europei, siamo tutti fratelli”. Ora, visto che siamo tutti europei e siamo tutti fratelli, i Caino francesi e tedeschi faranno pagare carissima la brexit ai Caino d’oltremanica: «sei fuori dalla Unione Europea ma non vuoi che ti chiudiamo il nostro mercato in faccia? parliamone…».  Poi, siccome siamo tutti europei e siamo tutti fratelli, ci divertiremo tutti con una UE a guida franco tedesca… nel mentre, britannici e non pagheranno il conto, alla cassa del supermercato, in farmacia, nelle bollette.
Ah sì, poi ci sarebbe la politica, il fatto che fuori da qui il mondo va avanti, ma vabbe’…

mercoledì 22 giugno 2016

BREXIT, NON sono europeista.

NON sono europeista. 
Non mi commuove l’inno alla gioia e penso che il Parlamento Europeo con le sue due inutili sedi e i suoi faldoni itineranti sia un covo di parassiti nel quale non a caso i nostri politici si trovano bene.
Detto questo, la possibilità di circolare liberamente per persone, merci e servizi, l’avere un minimo di regole comuni (un minimo, direi già raggiunto), avere una moneta unica, sapere di essere “a casa mia” dall’Atlantico agli Urali, da Lampedusa al Mare del Nord, sapere che il passaporto con le dodici stelle è un simbolo di libertà civili ineguagliate è qualcosa che apprezzo.
In più, sì, non dimentico che l’Europa unita è nata per evitare una terza strage che sarebbe stata devastante per tutto il pianeta. 
Grazie alle intuizioni di Jean Monnet e di Robert Schuman, i paesi d’Europa hanno messo in comune il combustibile delle nostre divisioni (il carbone e l’acciaio) e, partendo da lì, hanno gettato le basi di una benessere economico e civile che dovremmo sentire con ogni poro della nostra pelle.
Domani in Gran Bretagna si vota al referendum sulla Brexit, spero che gli amici britannici decidano di restare.

Otto anni di carcere. Per aver bevuto una birra. Lo chiamano "omicidio stradale"

Scrive "il Dubbio":
Il 19enne Emanuele era alla guida. Ha avuto un incidente ed è morto un amico. Emanuele è un ragazzo di Siracusa di diciannove anni. Ha bevuto una birra, l'altra sera, prima di mettersi alla guida della macchina della sua mamma. Una: una sola. È stato imprudente, perché la legge prevede che se guidi una macchina puoi anche bere una birra, ma soltanto se hai la patente da qualche anno. Lui l'aveva presa solo da un anno, e allora la legge dice: alcool zero. Giusto. È pericoloso guidare l'auto, quando sei ancora inesperto, se non sei lucidissimo.Emanuele, sabato notte, ha ha avuto un incidente, la sua macchina si è ribaltata e un amico che stava con lui, sul sedile posteriore, Sebastiano, diciotto anni, è morto. Un altro amico, Simone, 17 anni è rimasto ferito, ma non è in pericolo di vita. Emanuele è stato trovato dai carabinieri seduto vicino all'auto, sotto choc, piangeva a dirotto, disperato. Forse non si riprenderà più dal senso di colpa per avere causato la morte di un amico al quale era molto legato.Ma allo Stato, giustamente, delle emozioni frega poco. Contano le leggi. La nuova legge sull'omicidio stradale stabilisce che la pena minima per quel che ha fatto sono otto anni. Senza condizionale, senza sconti, senza attenuanti. La legge non lascia nessuna discrezionalità ai giudici. Simone dovrà scontare la pena in cella. È giusto così? La ferocia e la rigidità della legge sono utili? Pagare per aver bevuto una birra con una pena simile a quella per l'omicidio volontario, aiuta la civiltà? Forse no. Forse aiuta solo i partiti che l'hanno votata per far pace con la spinta travolgente del giustizialismo.
L'orrore si materializza, le previsioni da Cassandra che taluni facevano durante il dibattito sulla legge sull’omicidio stradale si dimostrano accurate: più d’una legge inutile, questa è stata una autentica follia che rovinerà ancora più vite... 
Siccome i nostri Stimati Magistrati non sono in grado di distinguere lo stronzo che fa una strage perché è solito girare per strada pieno di droga o di alcool da un ragazzino che s'è fatto una canna o bevuto una birra e magari è stato coinvolto in un incidente che sarebbe avvenuto comunque, allora roviniamo il secondo, tanto al primo della galera non gliene può fottere di meno.
Questo ragazzo è il primo di una serie di persone che saranno rovinate da quello che è veramente un incidente, altro che “dolo per previsione dell’evento” “colpa cosciente” e altra dottrina: un errore, punto.
Sicuramente verrà sollevata la questione di legittimità costituzionale, me lo auguro, anche se la Corte Costituzionale è storicamente abbastanza compliante con le scelte punitive del Parlamento (diversamente peraltro il Codice Rocco non sarebbe sopravvissuto al nuovo regime costituzionale).
Qui c'è una piccola possibilità: il fatto che si potrebbe ritenere violato il principio di responsabilità personale, perché si potrebbe sostenere che si tratta di una forma di responsabilità oggettiva (ti punisco perché hai la patente da meno di due anni), però è arduissima in logica e di fronte a una Corte più sensibile a garantire le pensioni che libertà...
Complimenti ai cialtroni che hanno voluto, sostenuto e votato questa legge.

martedì 14 giugno 2016

Cinquanta morti gay che non bisogna dire erano gay...

Ora tocca pure leggere quelli che pretendono di difendere la dignità di cinquanta omosessuali “sorvolando” sul fatto che sono stati ammazzati in quanto omosessuali, ed è tutta una fila di distinguo, di precisazioni, di chiarimenti sul fatto che il non dire che si trattava di gay è un modo per accrescere la loro dignità, sì, certo, ‘sto cazzo.
Quei poveretti sono stati ammazzati non a caso, ma con un'evidente scelta di target, se quel verme fosse entrato in una sinagoga e avesse ammazzato cinquanta figli di Abramo, non proveremmo ribrezzo a sentire gente che fa finta di dimenticare il piccolo particolare dell'appartenenza? 
Chi ci andava ai forni? Genericamente delle persone o dei poveri disgraziati marcati come bestie al macello secondo il loro gruppo? stella gialla, triangolo rosa, e via inorridendo…
Una volta, una volta sola, guardare in faccia la realtà e avere il pudore di essere sinceri, e questo vale per la “gente comune” e per i leader culturali, politici e spirituali. Quando taci il fatto che delle persone sono state ammazzate perché appartenenti a uno specifico gruppo (etnico, sociale, religioso) e poi fai i concioni sul fatto che ne hai in questo modo esaltato la “dignità di persone oltre le etichette” o sei un illuso, o stai camuffando i tuoi pregiudizi.
Che siamo tutti persone lo sappiamo NOI, però questi qui ci ammazzano per quello che siamo ai loro occhi: ebrei, gay, donne, giovani che ascoltano musica, in una parola occidentali... non perché siamo persone.
Gli ebrei accoltellati per le strade di Gerusalemme non sono “persone casualmente accoltellate” sono nostri fratelli accoltellati *in quanto ebrei*.
I cristiani sgozzati in medio Oriente non sono “persone sfortunate” capitate per caso nel posto sbagliato, sono nostri fratelli sgozzati *in quanto cristiani*.
I ragazzi ammazzati a Parigi durante un concerto non erano cinquanta “persone vittime del rumore”, ma nostri fratelli uccisi *in quanto occidentali che si divertivano alla occidentale*.
I cinquanta abitanti di Orlando morti in una sera di festa non erano cinquanta “persone vittime dei rischi collegati al frequentare una discoteca”, ma nostri fratelli uccisi *in quanto omosessuali*.
Espungendo questo "piccolo fatto aggiuntivo" stiamo limando via una parte fondamentale delle nostre società e della nostra cultura: il fatto che siamo tutti persone anche quando ebrei, gay, donne, giovani che ascoltano musica...
Mi spiace, ma non riesco a non vedere un certo meccanismo di esclusione operante, verso alcuni morti rispetto ad altri, sarà un mio pregiudizio, ma alcuni distinguo, alcune raffinatezze di ragionamento, guarda caso li vedo solo davanti a certi morti.

martedì 31 maggio 2016

Omicidio Sara Di Pietrantonio: se a ogni notizia di cronaca qualcuno chiede più pene.

È successa una cosa tremenda: una povera ragazza uccisa da un uomo che non accettava la sua libertà di scegliere.  È una cosa tremenda, ma solo in Italia siamo sessanta milioni di persone: ogni giorno accadono miliardi di eventi legati a queste sessanta milioni di persone, molti insignificanti, molti piacevoli, alcuni incommensurabilmente belli, altri incommensurabilmente brutti.  Purtroppo la dura legge della comunicazione fa sì che solo questi ultimi diventino notizie.
E allora, a ogni notizia, qualcuno che chiede pene più dure, “sconti” alle regole, più galera e più durezza, in una spirale senza fine verso un diritto penale sempre meno civile, sempre più minaccioso, verso una società sempre più violenta.
E non si capisce che mentre il male fa da sempre parte della società umana, un diritto penale con elementi di civiltà, una società che non fa del terrore giudiziario il proprio strumento sono le conquiste di questi ultimi due secoli, e che queste conquiste sono legate, intimamente, a tutto il resto, garanzie civili e sociali comprese, perché quando le manette dilagano, la cultura delle manette pervade tutto e risolve tutto, dai crimini veri e propri al disagio sociale.
La retorica della sicurezza ci ridurrà come gli Stati Uniti, che hanno una popolazione carceraria 42 volte quella italiana, a fronte di una popolazione generale che è 6,3 volte quella italiana; soprattutto ci educherà alla violenza peggiore, quella delle leggi, quella praticata dalla collettività.
Quelli che vogliono “la giusta pena” per Caino faranno finire in manette lo stesso Abele.

giovedì 26 maggio 2016

Il Manifesto e il click baiting dei “puri” su una storia di cronaca nera.

È accaduto a Parma: a margine di una banale storia di affitti non pagati in una situazione che definiremmo con borghese distacco “di degrado”, un commando di sei persone (due nostri connazionali e quattro immigrati che facevano da manovalanza) s’è introdotto in un’abitazione e ha picchiato il povero Mohamed Habassi fino a provocarne la morte, con ogni genere di sevizia e crudeltà.
Il Manifesto http://ilmanifesto.info/squadroni-della-morte-a-parma/ ci ha fatto un articolo (giusto, per questo ci stanno i giornali) con un titolo da pugno nello stomaco: “Squadroni della morte a Parma” e un articolo che cerca di far lievitare i sensi di colpa per un caso che non è diventato “un caso” giornalistico come altri, con passaggi epici quali «Non siamo nel Cile di Pinochet o nell’Argentina di Videla, neppure nell’Egitto del generale al Sisi. Bensì, più modestamente, a Basilicagoiano, frazione di Montechiarugolo, a pochi chilometri dalla civilissima Parma…».
Ebbene, davanti a quel titolo, di primo acchito sono rimasto colpito pure io: pensavo si trattasse di un raid neofascista o cose del genere, e pure io sono andato a leggere, vittima di mero, sporco, “click baiting” del giornale comunista, che come un Libero o un Giornale qualunque s’è messo a fare i titoli a effetto per attirare l’attenzione…
A me il titolo del “manifesto” pare più volgare della pubblicità di un film porno appesa in canonica, una roba squallida, tagliata sui lettori di quel giornale per scaldarne i pregiudizi.
Questa invece è una ordinaria storia di degrado, per niente originale.  È una storia di degrado, meno “sexy” di quella di due ragazzi di buona famiglia che decidono di squartare un poveretto… e meno inquietante di quella di una signora uccisa con un ombrello in metropolitana, cosa che fa pensare “poteva succedere a me”…  Non sto dicendo che è giusto, ma che è nelle meccaniche della comunicazione.
Se i “cattivi” fossero stati TUTTI romeni (qui erano 4/6, eh, anche se in ruoli oggettivamente subordinati…) la notizia avrebbe avuto più risalto? Forse, ma non ne sono sicuro.
Guardiamoci in faccia: è una di quelle storie che fa sbadigliare lo spettatore,  è agghiacciante dirlo, ma è così.  Nessun pensionato seviziato, nessun padre di famiglia che lascia tre orfani.  Solo gente ai margini, quella gente per cui il lettore “perbene” pensa «si sono ammazzati “tra di loro”».
Tra gli effetti collaterali del profluvio di emozioni che ogni giorno ci annegano c’è il fatto che il target diventa cinico, si fa la corazza e pensa «non ne voglio più sapere».
I media lo sanno, e aggiungono sempre più glutammato alla minestra che ci rifilano, solo che, così, i gusti “naturali” (come questo) diventano sciapi, insignificanti… e spariscono dal menu.

mercoledì 25 maggio 2016

Hillary Clinton: cornuta e mazziata

Mi pareva di ricordare che persino in guerra ci fossero dei limiti morali a ciò che si può fare, in campagna elettorale evidentemente no: la scelta dei campaigner di Donald Trump di usare le scopate di Bill Clinton per infangare la cornuta Hillary è l’ultima frontiera del maschilismo eh, ma forse non gliene frega più niente a nessuno.

(da noi avremmo un caso solo apparentemente simile: la signora Mussolini col marito pedofilo e puttaniere, con una sottile differenza, e cioè che non sono sicuro che la signora Rodham Clinton faccia la paladina della famiglia tradizionale contro ogni immoralità eccetera, è solo una moglie tradita da un marito farfallone, che comunque va con persone adulte e consenzienti)

su Slate.com

giovedì 19 maggio 2016

Un addio a Marco Pannella

Come qualcuno ha scritto «c’è un’età in cui si partecipa ai battesimi, una per i matrimoni e una per i funerali».
Questo 2016, dopo che la generazione cui appartengo ha fatto il possibile per risparmiarmi matrimoni e battesimi, si sta dimostrando prodigo di funerali.
Il fatto è che, naturalmente, avviandomi io verso il mezzo secolo, è sempre più vicina la data di scadenza per la generazione che mi ha preceduto, e che è stata protagonista dei miei “primi cinquant’anni”. E Marco Pannella ne ha fatto parte.
La bellezza della politica, il donarsi, la retorica, la violenza della verità sbattuta in faccia, il mettere tutto in gioco: come l’ha fatto lui nessun altro.
Quando un paese straziato dal terrorismo sceglieva di rinunciare alla propria civiltà giuridica, lui ha candidato Toni Negri, una bestemmia che ho capito solo molti anni dopo.
Poi sarebbe stato il turno di Enzo Tortora, quell’Enzo Tortora che fu tradito da noi liberali del PLI.
Poi -di follia in follia- fu la volta di Cicciolina, e ricordo ancora le parole di Pannella a un congresso trasmesso da Radio Radicale: «forse non dovevo candidarla perché fa la prostituta?» tutta la dignità civile e politica di ogni essere umano in una sola impronunciabile parola.
Ha fatto anche tante grandiose, imperdonabili cazzate.
Le ho fatte pure io, ma questo non fa di me Marco Pannella.
Gli devo libertà e una società più laica, credo che glieli dobbiamo tutti.
Gli avremmo dovuto anche un seggio da Senatore a vita: sarebbe stato il giusto epilogo di una vita consumata per la libertà. Una lunga teoria di pusillanimi paludati da presidenti della repubblica gli ha preferito altra gente non all’altezza del lustro che quel magnifico bestemmiatore delle ipocrisie della politica avrebbe saputo dare a Palazzo Madama.
Vabbe’, comunque grazie.

venerdì 13 maggio 2016

Unioni civili, rispetto per la legge e sindaci cialtroni

Dunque, non ha fatto in tempo ad asciugarsi l’inchiostro della notizia dell’approvazione della legge sulle unioni civili che già s’odono le voci di sindaci difensori della famiglia tradizionale che dichiarano la propria indisponibilità a celebrare il rito.

Chiaramente, non è una cosa seria: stanno solo facendo le Giovanna d'Arco pronte al rogo... con il solito culo degli altri.
Basta chiedersi quanti matrimoni celebra DAVVERO un sindaco, quante volte abbiamo visto il sindaco dietro il tavolo con la fascia, per capire che in realtà il compito è solo formalmente svolto dal capo dell’amministrazione locale e che i matrimoni da lui celebrati sono pochissimi, giusto quelli di amici e colleghi di partito.
Tutti i giorni invece i matrimoni sono celebrati a turno da assessori e consiglieri comunali, e nulla impedisce che un qualunque pubblico ufficiale indossi validamente la fascia tricolore su delega del sindaco.
Ed ecco quindi che l’ennesima buffonata si consuma: i sindaci urlano “io non celebro!” per appagare il popolino… lasceranno che a certificare di fronte alla legge l’avvenuta unione sia qualcun altro più intelligente.
Cialtroni.

giovedì 12 maggio 2016

Don Inzoli e l'improvvisa scoperta della discrezione del Corriere della Sera

Il Corriere della Sera annuncia che un parroco qualunque risarcirà cinque vittime di suoi atti pedofili...
Mi sovvengono due massime:
una attribuita a Voltaire "Per capire chi ti comanda basta vedere chi non potete criticare"
un'altra di Leo Longanesi "Non è la libertà che manca; mancano gli uomini liberi"
Al Corriere, che per anni ha fatto gara con altri rivenditori di carta da cesso nel pubblicare le cose più indiscrete sulla vita privata del prossimo, improvvisamente hanno scoperto la discrezione, chissà come mai, chissà chi è questo parroco "qualunque", chissà che ruoli ha avuto, chissà quanti dei suoi colleghi di fraternità sciamano nella redazione del giornalone...
Vi aiuto io: si tratta di don Mauro Inzoli, già uomo chiave di Comunione e Liberazione, al centro da anni di una brutta storia di pedofilia,  per tutto il resto c'è Google.

mercoledì 11 maggio 2016

Unioni Civili: si può ringraziare persino Matteo Renzi

Io ero e resto contrario a questa legge.
Perché ero e resto convinto che l’unica cosa da farsi fosse togliere ogni riferimento al sesso dei coniugi nel Codice Civile e tenersi un istituto unico uguale per tutti: il matrimonio CIVILE.
Però poco è meglio di niente.
E di quel poco devo riconoscere il merito a un cattolico, con un solo matrimonio, figli ed esercizi spirituali con la moglie, che per il resto della sua azione politica non mi pare abbia ottenuto tantissimo, ma che almeno per questa parte ha portato l’Italia se non nel XXI secolo, almeno alla fine del ventesimo.
Insomma, un "piccolo" grazie a Matteo Renzi credo questa volta lo si possa dire, io almeno glielo dico.

giovedì 14 aprile 2016

l'inno de “il popolo della famiglia”, tra bestemmie e banalità

Ed ecco a noi l’inno de “il popolo della famiglia” la lista farlocca per le prossime elezioni comunali di Roma con cui Mario Adinolfi spera di tirar su i voti di abbastanza fessi per guadagnare qualche migliaio di euro al mese esentasse e senza lavorare.

La musica è quella dell’inno di Forza Italia, anche un sordo riconoscerebbe le immortali ritmiche di Renato Serio, fossi in lui chiederei il sequestro del brano e un risarcimento milionario.
Le parole sono da brivido: basti dire che inizia con “Alzati e cammina! ci dice Gesù”, una roba che se fossi cattolico, andrei di persona a bruciare vivo il bestemmiatore.
Le bestemmie comunque si sprecano, perché altrimenti non si può considerare l’invocare il nome di Dio in un inno di partito, con risultati peraltro imbarazzanti: è dai tempi del corso per la Prima Santa Comunione che non sento assieme Gesù, Dio e la “Vergin Santa” nella stessa canzonetta, anzi, già allora (metà anni ‘70) qualche pudore a essere così trash c’era, persino nelle canzoni per comunicandi (Tu Sole mio, per me sei Signoooore, vita e calore diffondi nel cuor!).
Poi, in omaggio a una delle più solide regole della pubblicità mass market (che non vuole sfidare né cerca l’originalità, ma offre conferme alle sicurezze del consumatore), la novità è rifuggita e si va alla grande con ampi furti alle liriche di Goffredo Mameli:
Dio sarà con noi, chi mai ci fermerà?
Giuriamo far libero Il suolo natìo: Uniti per Dio Chi vincer ci può?
Siamo pronti a dar la vita”:
Stringiamci a coorte Siam pronti alla morte L'Italia chiamò
Un solo cuore un grande amore”: 
l'unione e l'amore rivelano ai popoli le vie del Signore… ma è sempre possibile che la citazione fossa ancora più colta: “Grande Amore” de Il Volo.
Ah, c’è pure una specie di “mettete dei fiori nei vostri cannoni”, sempre peggio…
Infine, la parte originale (sì, c’è) dei testi è terrificante, una polpetta di mantra da beghine.

Insomma, credevo di avere visto e sentito il peggio con “i’m PD” e con “meno male che Silvio c’è”, ma vedo che le anime di Giorgio Aiazzone e Guido Angeli continuano a ispirare gli orrori più nefasti.

Peraltro stavo pensando di usarla come suoneria della sveglia del telefonino... così, tanto per ricordarmi ogni mattina (dopo l'Alzati e cammina!) da che parte della storia la vita ha deciso di mettermi, e che dall'altro lato c'è questa imbarazzante versione con le Nike dei tagliagole islamici.

giovedì 7 aprile 2016

Di intercettazioni, lobbysmo, ministri, grane in famiglia e garantismo per tutti

https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=8375675
Dunque, l’ex ministro della Repubblica signora Federica Guidi, è stato intercettato e le sue intercettazioni sono finite -more solito- su tutti i mezzi di comunicazione.
Ovviamente, tutte le intercettazioni, soprattutto quelle che riguardano la vita privata della signora.
Retoricamente: se qualcuno avesse il buon cuore di spiegarci quale sia la rilevanza delle liti in famiglia tra la signora Guidi e il suo ex fidanzato, gliene saremmo tutto grati, così per toglierci il sospetto che l'obiettivo fosse solo quello di umiliare una persona mettendo in piazza i suoi problemi familiari e costruendo la solita scenografia per rendere “indifendibile” una persona…
Ora, non è che ci si debba commuovere per la “povera” Federica Guidi, che povera non è né da un punto di vista fiscale né da quello delle emozioni, ma con questa storia del fatto che non ci si debba commuovere per certuni da decenni accettiamo la sistematica erosione delle nostre garanzie costituzionali per tutti, e quando al posto di una “poverina ben inserita nei gangli del potere” c’è un poverino vero, non ne resta neppure la carne trita… ma oramai di questo non frega niente a nessuno, perché da trent’anni si pasteggia a pane intinto nel sangue di una cronaca giudiziaria spietata, votata alla ghigliottina sempre.
Non sempre c’è una Federica Guidi: ci sono i Bossetti, i Parolisi, i Sollecito, che molto prima di qualsiasi sentenza hanno visto le loro vite dilaniate in TV, i particolari più intimi dati in pasto al voyeurismo della stampa e del popolino, la cui immagine è stata lordata oltre misura al fine di rendere impossibile qualunque valutazione equa delle loro posizioni...
Bisogna difendere anche la signora Guidi, perché questa storia del "non lo difendiamo perché può difendersi da solo" è un errore tragico, che iniziò una mattina di giugno del 1983, con un signore, padre di due figlie, arrestato per droga e “trovato a letto con due negri”, come raccontò certa stampa… si chiamava Enzo Tortora.
La cronaca giudiziaria conferma ogni giorno che la verginità si perde una volta sola, e una volta persa è andata, puoi fare tutte le imenoplastiche che vuoi, ma è andata: quando fai passare l'idea che puoi demolire il prossimo infangandolo con la forza delle legge, l'idea è sdoganata per tutti.  È per questo che bisogna reagire ogni volta: perché esattamente come con le buone maniere, esiste "un solo servizio" di garanzie, che deve valere per tutti, e perché appena ammetti garanzie differenziate stai certo che al momento giusto la discriminazione varrà anche per te.

mercoledì 30 marzo 2016

I gattini dello spazio



Non si può restare insensibili al fascino dei gattini, anzi degli Space Cats!

martedì 29 marzo 2016

Il vento di Danimarca, le bollette della luce e l’immobilismo del nostro Paese

Le turbine eoliche lungo la riva del Bønnerup Strand, Danimarca.
Foto di Dirk Goldhahn, CC BY-SA 2.5
https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1013763
Un articolo apparso su EWAU (Earth. We Are One) annuncia che in Danimarca il 140% del fabbisogno elettrico sarebbe stato prodotto con l’energia eolica. 
In realtà, a leggere bene, non tutto è oro ciò che riluce, e questo “spettacolare” risultato è ottenuto con la bolletta elettrica più costosa d’Europa ed è un risultato non costante, quindi con il solito problema di decidere che si fa quando cala il vento o quando ce n’è troppo e non sai come smaltire la corrente in eccesso.
Una cosa però è chiara: non è un caso che l’articolo non parli dell’Italia.
Altro che referendum sulle trivelle: in questo sciagurato Paese è un Vietnam per tutti: si tratti pure di pale eoliche, dighe, impianti geotermici o altro, per il partito del “verde non fare” il luogo dove installare è sempre un altro, le tecnologie sono sempre quelle sbagliate, c’è sempre qualcosa di meglio, c’è sempre una buona ragione per fermare tutto.  Tanto l’elettricità la compriamo dalle centrali nucleari francesi (che io costruirei in Italia) o la produciamo bruciando il petrolio dei tagliagole: è così verde non prendersi mai nessuna responsabilità.

venerdì 25 marzo 2016

Momentaneamente politico... sì, da vent'anni.


Io non conosco Emanuele Fiano, non ho alcuna opinione su di lui, però questa campagna che gira da un po’ su Facebook mi dà l’allergia.
Giusto per essere semplici-semplici: quando uno è stato eletto consigliere comunale vent’anni or sono ed è parlamentare da dieci, forse potrebbe evitarsele uscite come “di professione architetto, momentaneamente politico”, così per un minimo di senso della misura.
Capisco, eh, che gli strateghi elettorali del consigliere-parlamentare-architetto-di-sinistra abbiamo altre idee sulle strategie di un politico, e quali idee siano mi pare pure semplice di intuire: una campagna per intercettare il voto sensibile alla demagogia gentista, quella dei sinistri che si sono spostati sui cinque stelle, una demagogia che odora di naftalina come un cappotto tirato fuori dopo vent'anni di armadio, forse perché la retorica è sempre quella degli anni novanta sulla società civile.
In ogni caso, no grazie caro architetto: quella domenica lì non mi vedranno al seggio.

venerdì 18 marzo 2016

Di froci, assassini, padri e un Paese che deve ancora crescere

Dopo il “meglio fascista che frocio” della nipote di un celebre fascista siamo al “meglio assassino psicopatico che frocio” del papà di un assassino psicopatico.

Siamo di fronte a un padre che si affaccia sull’orrore nella mente del figlio: nessuno di noi sa, al di là della retorica sempre in tasca quando non si è coinvolti, cosa direbbe, come reagirebbe, insomma ci vuole pietà anche con le parole.

Però, certe frasi sono indicative di tante cose, di quanto la cultura generale e le scale dei valori di questo Paese ne abbiano -per esempio- di ciotole di ovomaltina da mangiare per crescere e diventare adulte.

giovedì 17 marzo 2016

Venga a costruire un Ferrari Park da noi…

Dunque, qua e là per il mondo il licensing della Ferrari ha messo a segno qualche colpo cedendo il marchio per la costruzione di parchi di divertimento a tema. 
Bello, bellissimo.
Poi c’è sempre qualcuno che si chiede «Ma come, lo fai a Dubai, lo fai a Barcellona, e non lo fai a Maranello?»
La risposta giusta è: «e che, siamo matti?».
Per costruire un Ferrari Park a Maranello come in qualunque altra località d’Italia ci avrebbero impiegato ALMENO quindici anni, contrastati dai “no-cavallino” (forse tifosi della Laborghini), dai difensori delle zanzare delle risaie, da chi si sarebbe opposto a un nuovo svincolo per portare i turisti, dalla necessità di corrompere sciamo di parassiti per ottenere “quel timbro”, cui sarebbe seguito qualche PM rosso che con la scusa del "controllo di legalità" avrebbe sequestrato i cantieri e fatto fallire il costruttore...  no, proprio, solo un matto ci proverebbe...

everywhere, but Italy 

lunedì 7 marzo 2016

La militanza politica, ultima frontiera della malattia mentale...

Militanti che, dopo essersi dati fuoco sulla pubblica piazza per ogni scontrino mancante, si lasciano cadere sulle spalle una brutta storia di possibili intercettazioni di posta elettronica ai danni di parlamentari della Repubblica che sarebbe stata perpetrata da una specie di SPECTRE che controlla de facto un intero partito.

Militanti che godono per una selezione dei candidati alle elezioni fatta su numeri sempre minori, e con la partecipazione alle primarie di gente che scopre l’entusiasmo civico venti minuti prima, magari non conoscendo né i candidati né la lingua del Paese alla selezione dei cui candidati elettorali partecipa.

Militanti che godono del fatto di non avere alcuna voce in capitolo nella selezione di alcunché, appaltata alle schermaglie tra un signore un tempo molto brillante e purtroppo oggi in declino e una mandria di minus habens civili e della politica, gente che nel mondo reale sarebbe impresentabile persino alla bocciofila e che invece fa il leader di partito.


Ci pensi bene, e capisci che neppure le droghe pesanti sono così dannose per il cervello come le tessere di partito.

mercoledì 2 marzo 2016

Maternità surrogata: un bambino in più per me è una buona notizia.

Il mio punto di partenza è che ogni bambino che nasce in più è una buona notizia. Finché quella nascita non è figlia del caso ma di una ricerca e di un progetto, per me è una buona notizia. 
Alcuni pongono un problema diverso, quello delle donne che accettano di condurre la gravidanza. 
Ci sono molti casi in cui è fatto per “convinzione”, perché stai offrendo una possibilità a persone che ami e che per le più diverse vicende della vita non potrebbero fare altrimenti, o perché ci credi per motivi “ideologici” (anche i motivi etici sono ideologici), tutte ragioni che ognuno valuta dal punto di vista delle proprie convinzioni e della propria esperienza di vita e che però per me vogliono dire una scelta generosa. 

Ci sono, sicuramente persone che lo fanno per denaro; lo fanno perché ne hanno veramente bisogno o perché per loro è un modo come un altro per avere un reddito in un certo momento della propria vita. 
Nel primo caso sono addolorato, perché immagino che ci sia sofferenza, che la scelta non sia convinta e che tutto quanto (per usare un eufemismo) non sarà “vissuto bene”, ma non ci sto a dire che “la colpa” è degli aspiranti genitori: le donne che si trovano in questa situazione, si trovano in questa situazione a prescindere dalla possibilità di una maternità surrogata. 
Gli aspiranti genitori non sono dei mecenati, ma neppure degli assassini come vengono dipinti; in loro assenza ci sarebbero solo un bambino in meno e una donna comunque disperata, forse anche più disperata. 

Sulle donne che lo fanno senza essere costrette, solo per avere un reddito in un certo momento della propria vita, beh sì la cosa mi lascia perplesso, ma non riesco a giudicarle: nessuno conosce la strada percorsa dal prossimo, nessuno può giudicare. 

Nelle discussioni su questo tema cerco di non fare propaganda, perché queste sono cose serie, non le sciocchezze della politica nostrana: al netto di tutti i dubbi e di tutte le domande che mi pongo pure io per me ogni maternità surrogata vuol comunque dire un bambino in più, un’anima che sarà amata e che potrà restituire quell’amore da adulta, in questo mondo così strano e dolente.

venerdì 26 febbraio 2016

Fredda lo sporco, accarezza i diritti

La convinzione che “i diritti sostenuti dalle aziende sono solo marketing” è abbastanza diffusa. Direi che sia scontato che siano “anche” marketing, e non escluderei che siano “solo” marketing per qualcuno in quelle aziende. Ma l’influenza che l’impegno sul piano dei diritti delle aziende più conosciute e stimate del mercato può avere nelle società va molto oltre il risultato di marketing per le stesse. A tutti propongo di guardare questo spot che Procter & Gamble ha diffuso in India.
Sì, è solo marketing, ed è solo la pubblicità di un detersivo in polvere, ma forse aiuterà la causa delle donne in quel paese, partendo da una cosa piccola piccola, come caricare una lavatrice, come lo spiegare agli uomini che le loro compagne hanno bisogno di aiuto e condivisione.
Forse quel fustino che furtivamente appare nello spot, farà molto di più che freddare lo sporco e accarezzare i colori, come prometteva il suo fratello italiano venticinque anni fa. Ben fatto, Ariel. ‪#‎SharetheLoad

mercoledì 24 febbraio 2016

Moralità, politica e grillini

Moralità, in politica come nella vita quotidiana, è almeno mantenere le parola data.
È proprio il minimo, quella cosa che si può pretendere anche da un poveretto, che magari non ha letto chissà cosa, ma sa nel suo intimo cos’è bene e cos’è male. 
È così il minimo che ce lo si può attendere persino da un senatore del movimento cinque stelle.
E invece no. 
La vicenda del SMS alla senatrice Cirinnà in cui si assicurava il sostegno del M5S al canguro mostra che, come un qualunque animale governato dagli istinti più ferini, il senatore medio del movimento cinque stelle non sa cosa voglia dire “dare una parola”, non sa cosa voglia dire avere una morale.
Non è il primo. 
La storia d’Italia è piena di gentaglia che non solo ha anteposto il calcolo ai principi (quello lo fanno in tanti), ma ha teorizzato questo come metodo politico.
Dal beneamato puzzone da Predappio che teorizzava il “relativismo per eccellenza” dei fascisti -cui lui pretendeva di dare una dimensione morale e storica, quando invece si trattava di mero opportunismo- alle giravolte di interi partiti in epoca repubblicana una sola costante: mentire e negare, negare e mentire sempre, e sempre in nome del Partito, della Rivoluzione delle “progressive sorti”.

Come ho già scritto in altra occasione, anche questa gentaglia finirà male come chi l’ha preceduta, coperta dai liquami della cronaca, è l’amara soddisfazione di sapere che gli opportunisti fanno tutti la stessa fine.

martedì 23 febbraio 2016

DDL Cirinnà: grazie a tutti, ma la soddisfazione è un'altra cosa

Io sono grato a Matteo Renzi per averci provato. Lui, almeno, ci ha provato.
Ci ha provato da cattolico, perché lui è cattolico, uno di quelli che forse ci crede pure, quantomeno è ancora sposato con la sua compagna di sempre e non va in giro a insegnare “sacralità della famiglia” dall’alto di matrimoni e figliolanze plurime, insomma ha fatta più strada lui di molti presunti laici.
Ci ha provato e, quando ha visto che il Vietnam si stava avvicinando, ha deciso di limitare i danni. Non mi piace, ma lo capisco, e continuo a essergli grato per averci provato.
Sono grato anche ad Andrea Marcucci, per averci provato pure lui, con generosità.
Con tutta questa gratitudine (che è vera, non si tratta di un artificio dialettico), poi però, mi spiace, ma non riesco a esultare per una cosa il cui risultato trovo insultante, anche perché non siamo neppure alla parola fine che altri insulti sono già nell’aria.
Questa legge, se si salverà, stabilirà solo un set minimissimo di regole, circondate da cautele e velature, affinché sia chiaro a tutti che non si tratta degli stessi diritti dei “normali”, si usano persino parole diverse, persino aprendo il disegno di legge dove si definisce “l'unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale.”: sia mai che la si confonda con una famiglia.
Non è “colpa” della senatrice Cirinnà, anche lei ci ha provato, e nell’illusione di far passare la legge ha accettato simili umiliazioni, per sé e per l’ultima minoranza su cui è ancora lecito cagare pubblicamente in testa; il risultato è un progetto che ricorda quella foto dove nello stesso bagno ci sono due lavandini: uno normale per i bianchi e uno scalcagnato per i “coloured”.
E tutto questo non è bastato, e altre schifezze vedremo nelle prossime settimane.
Agli amici che sperano nella possibilità che siano le corti a demolire la parte vergognosa di questa storia, rispondo che da liberale sono inorridito dalla prospettiva.
Credo nell’uguaglianza degli individui e nella sovranità del popolo espressa nel Parlamento: non m’interessa un’altra “legge 40”, riscritta in tribunale, mi pare una cosa orrenda, per la dignità del diritto e per quella delle persone.
Non voglio dare i miei diritti fondamentali né quelli di nessuno in mano alle toghe: voglio che siano scolpiti nella pietra dalle leggi e che nessuno li possa mettere in discussione, credo che a nessuno si debba chiedere di sperare di trovare un giudice “sensibile” per vedere difesi i propri diritti anziché no.
Quindi, grazie, veramente, con commozione, a tutti, ma la soddisfazione è un’altra cosa.

martedì 16 febbraio 2016

Vuoi il Viagra? chiedi il permesso a tua moglie!

La signora Mary Lou Marzial (una politica del Kentucky) sta da tempo portando avanti una battaglia perché agli uomini venga imposto per legge di esibire l'autorizzazione della moglie per acquistare i farmaci contro la disfunzione erettile. «Così si protegge la famiglia», dice «e proteggiamo anche la salute dei maschietti, sempre attenti alla salute riproduttiva delle donne».

Il disegno di legge della signora
Marzial è ardito: gli uomini del Kentucky, per avere la ricetta del Viagra o di altri farmaci per la disfunzione erettile dovrebbero sottoporsi a due visite presso un dottore e, soprattutto, ottenere l'autorizzazione scritta delle loro consorti.

Può sembrare un’assurdità per quello che in giro per il mondo è oramai un farmaco da banco (e pure da noi molti farmacisti lo mollano con meno attenzione di quella riservata a un’aspirina per bambini), eppure la signora ha tutte le ragioni di questa terra: se i motivi di chi vuole “proteggere le donne” sono sinceri quando si impongono alle donne umilianti procedure su tutto ciò che gravita intorno alla loro sessualità, allora non sfuggiranno l’alta morbilità e mortalità legate al consumo ricreativo di Viagra e similari senza controllo medico. 
Poiché il sospetto che tutta questa attenzione altro non sia che la volontà di esprimere il dominio di una parte della società sul corpo delle donne, allora è giusto che -per contrappasso- almeno le mogli abbiano il controllo sull’uso che i loro mariti fanno del pisello…

http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/vuoi-viagra-chiedi-permesso-tua-moglie-proposta-legge-118625.htm

lunedì 15 febbraio 2016

Riflessioni sull’ombretto di Donald Trump…

8 yrs after electing the first black president,
America are now considering electing the first orange one.


Questa è una storia che viene da molto lontano, almeno dai tempi dell’improbabile tinta corvina di Ronald Reagan, se non da ancor prima.
Qui da noi tutto avveniva con molto pudore, con tinte che volevano stemperare il grigio, restando però “nell’alveo della virilità”.
Ci avrebbe pensato Silvio Berlusconi, ancora lui, ad abbattere ogni paravento e a vivere in assoluta trasparenza le sue tinte, i suoi lifting e i suoi trapianti.

Perché, che lo si voglia ammettere o no, il fattore “bellezza” è fondamentale anche in politica, non solo per rimorchiare il venerdì sera.
E, in politica, c’è pure una sorta di maledizione/contrappasso: se stai al naturale, ti dicono che sei troppo vecchio, che sei troppo spento, che sembri malaticcio… se cedi e ti comporti come un Carlo Conti qualunque, allora ti dileggiano perché ti trucchi…
Bisogna fare pace con la propria mente, e con l’oggi in cui si vive…

Il nostro Cile

Charlie Horman credeva che essere americano avrebbe garantito la sua sicurezza.
La sua famiglia credeva che essere americani avrebbe garantito la verità.
Sbagliavano tutti.



Sono anni che ci giriamo intorno, che tutti fanno finta di non vedere e non capire ma, in tutta semplicità, le cose sono abbastanza evidenti: a qualche ora dai nostri aeroporti si sta combattendo una guerra che ci riguarda e in cui facciamo finta di non essere coinvolti.  Una guerra dai mille campi di battaglia e dalle mille diverse forme.  Una guerra che si combatte anche in quei luoghi in cui non s’ode il suono dei mortai.
In questa guerra, Al Sisi è il nostro Pinochet e la dittatura egiziana è il nostro regime dei colonnelli, la nostra junta, quello che volete.
Sono lì a impedire che l’ultimo bubbone del Medio Oriente esploda infettando tutto quello che ancora non è stato infettato.
Proprio come gli USA in America Latina negli anni settanta, sosteniamo regimi di cui c’è solo da vergognarsi perché non sappiamo come rompere altrimenti l’accerchiamento, come impedire che i missili nucleari sovietici stiano nel giardino del nostro vicino (e qui un grazie particolare al premio Nobel® per la pace, la cui sagacia ha portato le forze armate russe nel cuore dell’area più instabile di questo secolo).
Proprio come gli USA, ci svegliamo sconvolti quando scopriamo che “il nostro bastardo” (come disse Franklin D. Roosevelt di Somoza) ha troppo da fare per impedire che i nostri imprudenti figli non cadano vittime della macchina di polizie segrete, torture e occultamenti che quotidianamente macina i popoli di quei paesi nel tentativo di fermare l’avanzata dell’infezione.
In “missing” i genitori di Charlie Horman vedranno tornare una cassa con dei resti mortali, senza essere neppure sicuri dell’identità di questi.  
I genitori di Giulio Regeni hanno un corpo su cui piangere, ma non avranno nessuna verità ed è scontato che sia così.
Nessuno disturberà veramente “il nostro bastardo” per sapere cos’è successo: c’è una guerra putrida in corso e disturbare chi sta combattendo al posto nostro è l’ultima cosa che chiunque possa pensare di voler fare.
Come da migliaia di anni si ricorda, in guerra, la prima vittima è la verità.

sabato 13 febbraio 2016

Buon San Valentino

Domenica è San Valentino, ricordatevene, e ricordate tutti i giorni di dire alla persona che amate quanto siete felici del vostro amore: bisogna essere coscienti e grati della propria fortuna, e coltivare questo tesoro ogni giorno, ci sono tanti modi e non serve dire tutti i giorni “ti amo”, ma bisogna che chi amiamo ne sia cosciente tutti i giorni. 

venerdì 12 febbraio 2016

Vauro: un nome, una garanzia

Uno passa il tempo a preoccuparsi della “marmaglia fascista” e della sua squallida propensione a battute da trivio, manganelli e olio di ricino, ma solo perché la marmaglia comunista invece non si diverte a insolentire le minoranze con i più biechi luoghi comuni, vero? Per fortuna che c’è Vauro a ricordarci quanto i fedeli delle idee illiberali in qualsiasi modo declinate siano tutti uguali: è quello che disegna gli ebrei col naso adunco, cosa ci si può attendere da lui se non due gay froci di cui uno vestito da donna?

Il coraggio di Matteo Renzi

Complice il lungo tempo durante il quale non ho aggiornato il blog, Matteo Renzi non ha mai finora fatto capolino su queste pagine.
Chi scrive lo ha sostenuto durante il suo primo scontro alle primarie contro l’establishment del PD; la seconda volta non aveva bisogno d’aiuto e già iniziavano a nascermi dei dubbi, dalla sua salita al soglio di Palazzo Chigi in poi ho trovato sempre più ragioni per non condividerlo, con il suo modo fanfarone di fare riforme che cambiano poco o niente e di non incidere sul vero cancro di questo Paese: l’ipertrofia pubblica e la conseguente folle spesa e tassazione.

Nondimeno, su questa vicenda del DDL Cirinnà sulle unioni civili sto molto rivalutando il nostro Presidente del Consiglio, e non per il contenuto del DDL che ovviamente condivido e anzi trovo scarso rispetto a una reale uguaglianza tra i cittadini, ma per la sua determinazione e il suo coraggio.
Non sono molti i Presidenti del Consiglio che in passato hanno deciso di scontentare qualcuno di molto potente la cui reazione può fare molto male: Matteo Renzi lo sta facendo, contro - tra l’altro – la Chiesa Cattolica, quell’organizzazione nefasta che però rappresenta la fede in cui Renzi si riconosce (non dimentichiamo che Renzi non è Spadolini, lui viene dall’Agesci, fa gli esercizi spirituali con la moglie e cose del genere...).

Bisogna riconoscere il coraggio, quando lo si vede, e questa volta ce n’è in abbondanza.

mercoledì 10 febbraio 2016

Your Song: meglio di un comizio, una canzone da froci a Sanremo

It's a little bit funny this feeling inside
I'm not one of those who can easily hide
I don't have much money but boy if I did
I'd buy a big house where we both could live

No, non ha tenuto un comizio sul suo matrimonio, ha “solo” cantato la normalità dell’amore di un uomo per un altro uomo, la gioia di incontrarsi e il desiderio di essere insieme e di proteggersi a vicenda.  Le stesse cose che ogni coppia di innamorati sente a questo mondo.
Solo che, in un Paese in cui già l’italiano è la seconda lingua, queste parole sono sfuggite ai più.
Dev’essere così, e questo porta a una riflessione divertente: chissà quante volte, in gioventù, gli sciacalli della famiglia hanno fatto gli occhi dolci con il sottofondo di questa “canzone da froci”.

lunedì 8 febbraio 2016

E finalmente i cinesi scoprono la cittadinanza.

Il coinvolgimento della comunità cinese, che davvero oramai ha una terza generazione italianissima, è solo benvenuto: migliaia di nostri concittadini forse hanno scoperto un “uso ricreativo della carta di identità”, magari si appassioneranno alla cosa e magari prima o poi decideranno di prendersi qualche responsabilità per i luoghi dove abitano e lavorano.

Fare dell’ironia sulle “code gialle” ai seggi della chinatown milanese è facile e stupido allo stesso tempo: lì ci vivono migliaia di residenti di origine cinese, dove avrebbero dovuto andare a votare?
Poi, pure io penso che probabilmente la comunità cinese è stata usata oggi, come in passato altri pacchetti etnici di voto sono stati usati in elezioni vere e in primarie farlocche.
Ho il sospetto che qualcuno abbia pensato «come alziamo un po' i numeri del prossimo candidato sindaco, che rischia di presentarsi con meno del 40% dei voti del suo elettorato di riferimento?» e si sia inventato le truppe cammellate (come si sarebbe detto nei partiti della prima repubblica) cinesi…
Comunque, anche qui, per non confonderci con altri, non c’è nulla di nuovo: in altri partiti storicamente c’erano (e ci sono) gli elettorati “regionali” a sostegno di questo o di quel candidato… 
Infine, diciamola tutta: se i piddini la smettessero di fare la morale ogni volta che vanno in bagno e non tirano lo sciacquone sarebbe meglio, perché questa operazione, come l’arruolamento di rom o immigrati in altre primarie, è semplicemente una cosa da “signori delle tessere” di vecchio stampo, un’operazione per gettare un po’ di fumo progressista negli occhi dei supporter tonti che credono a queste fesserie e allo stesso tempo pilotare i risultati.  Un piccola roba puzzolente, che forse potevano risparmiare ai milanesi.

Formigoni, le camicie, i coinquilini e le checche

Dopo lo squallido tweet sulle checche di Roberto Formigoni, si fa a gara a sparare ad alzo zero sulle sue camicie, il suo coinquilino e le sfuriate (ci sarebbe da dire scheccate) aeroportuali.
Credo che il convivere da vent’anni con un coinquilino non deponga sul tema dell’orientamento sessuale di Roberto Formigoni.
Molti in CL (e in altre fratellanze religiose, anche non cattoliche), avendo fatto una scelta di castità tendono a vivere raggruppati in comunità più o meno piccole, per offrirsi sostegno fisico e spirituale reciproco, e un po’ sì, diciamolo, per controllarsi a vicenda.
Può sembrarci triste, ma è una libera scelta, che non c’entra con l’orientamento sessuale.
Qui a Milano le voci sull’extravergine del pirellone sono sempre state che facesse lo zozzone appena fuori confine con rappresentanti del gentil sesso. Chi se ne frega.  Con chi trombasse o trombi non cambia di una virgola il fatto che tale condotta sia, per lui, da zozzoni, e per noi da ipocriti, visto quello che s’è sempre detto sulle scelte di castità.
In definitiva, etero o gay, resta uno sguaiato zozzone e basta.

martedì 2 febbraio 2016

La guerra asimmetrica di Giorgia Meloni

Partiamo da un punto che direi scontato, ma ineludibile: sono felice per la signora Meloni e il suo compagno, sono sicuro che questa gravidanza sia il frutto di un amore sincero tra loro due e auguro loro una gravidanza tranquilla e felice, e tanta gioia nel veder nascere e crescere questo bambino, che sarà sicuramente destinatario dell’amore infinito dei suoi genitori.  Non è forma, è ciò che penso, spero e prego ogni volta che ho notizia di una gravidanza, perché pur non avendo avuto la possibilità di esser padre sono stato figlio e so cosa siano dei genitori e cosa sia l’amore di un genitore.

Poi, però, basta.
Che una signora che per campare fa politica da quando portava le scarpe di Hello Kitty si adombri di ciò che è successo lo trovo incredibile, insostenibile e inverecondo. Mi ricorda le starlette della televisione che, dopo avere sfruttato ogni “photo opportunity” per far carriera, si lamentano del fatto di veder violata la propria privacy.
Non siamo mica noi ad aver partecipato in questi anni a un movimento d’opinione che sistematicamente mette in discussione l’onestà, la sincerità e la purezza d’intenti di chi sta cercando una maternità o una paternità, un movimento che descrive aspiranti madri e padri (il più delle volte normalissime sfortunate coppie eterosessuali) come rapaci avvoltoi che rubano bambini per turpi scopi.
Non è mica un problema di dizionario, eh, perché anche tolto l’improponibile Gasparri si possono dire cose truci e cattivissime senza neppure una volta scrivere “baldracca” o cose del genere, e questo è stato fatto parlando di uomini e donne che stanno solo cercando un po’ di sicurezza nelle loro vite.

La signora Meloni ha partecipato attivamente a questo movimento e, di più, ha deciso liberamente di “calare l’asso”: di usare la propria maternità in mezzo a una manifestazione politica di tal fatta.
Può essere stata assoluta leggerezza, il non fare caso a circostanze e soggetti partecipanti, il dimenticarsi che i propri colleghi di marcia sono gli eredi diretti di chi pochi decenni fa, in nome dell’immutabile famiglia naturale, additava come pubblici concubini chi si sposava in comune, figuriamoci un’orgogliosa ragazza madre.
Oppure può essere stato calcolo, il voler dimostrare che la folla di piazza San Giovanni non era composta da ipocriti e bigotti baciapile, bensì da persone moderne, che accettano le nuove famiglie e che però eccetera eccetera.
In entrambi i casi, quando getti il tuo bambino in pasto alla macchina della polemica non puoi stupirti di quel che accade dopo.
Se lo fai, o sei stolta, oppure stai teorizzando il tuo diritto alla guerra asimmetrica, a colpire e ferire i sentimenti e la dignità pubblica della tua controparte, nascondendoti dietro al tuo bambino per evitare i colpi di risposta.


Con tutti i più sinceri auguri di vero cuore per la maternità, forse è il caso che questa signora faccia la mamma, che è un lavoro impegnativo e nobile che può riempire e dar senso a un’intera vita, perché per la politica o è troppo pura o è troppo scafata.

venerdì 29 gennaio 2016

Al Family Day ci andrei pure io...




Domani molte persone, alcune pure per bene, andranno al “Family Day”.
Ci andrei anche io, a difendere la famiglia, in richiesta di interventi a supporto delle famiglie che ci sono e di quelle che ancora non ci sono, perché oggi “metter su famiglia” richiede tanto coraggio.
Ci andrei anche io, per aiutare le donne che si trovano inevitabilmente di fronte al dilemma: “faccio un figlio continuo a lavorare”, perché è inutile che ce la stiamo a raccontare, gli asili non ci sono, i bambini saranno pure una benedizione del Cielo (“Per chi ci crede”, diceva Padre Rinaldo Falsini, il mio docente di Teologia), ma una volta che li hai fatti te li smazzi da sola/o e se non hai i nonni sotto casa, sono problemi.
Ci andrei anche io, per affrontare quel “piccolo problema” per cui, in una società senza più posto fisso, il mutuo la banca te lo dà solo se mamma e papà garantiscono per te.
Ci andrei anche io, per provare a dare una risposta a quelle mamme che, quando il bimbo s’ammala, devono pagare per la visita specialistica, perché lo specialista pubblico sarà libero solo quando il bimbo sarà guarito oppure morto.
Non sono esempi a caso: il gruppo di aziende per cui lavoro è nato vent’anni fa e in vent’anni ho visto passare centinaia di giovani e ciò di cui li ho sentiti parlare erano asili, mutui, specialisti per i bimbi, ho visto giovani donne rinunciare al lavoro per poter allevare un figlio nell’illusione di avere la possibilità in seguito di rientrare nel modo del lavoro… e ho visto stronzi che vivono alle nostre spalle concionare di famiglia per decenni, senza che nessuno desse uno straccio di risposta a queste ragazze e a questi ragazzi.
Al “family day” ci andrei io, ci andrebbero torme di motociclistoni coi baffi e di sciampiste effeminate (così soddisfiamo i cliché), ci andrebbero Luxuria e Platinette, perché vedete: le sorelle che rinunciano a una carriera o accettano uno stipendio inferiore per allevare il figlio, i fratelli che si dannano perché non riescono a mettere su casa ce li abbiamo tutti, e tutti vorremmo una vita più semplice per chi amiamo.
E invece no.
Ho controllato, per accertarmi di non essere caduto nel pregiudizio, e no: né il sito del familyday2016, né quello del comitato organizzatore chiedono asili, pediatri, mutui…
Urlano “difendiamo i nostri figli” come se qualcuno se li volesse prendere: ma teneteveli pure.
Urlano “no al DDL Cirinnà” perché quello che vogliono è IMPEDIRE IL RICONOSCIMENTO DI NUOVE FAMIGLIE: della famiglia, della promessa di amore e di impegno reciproco che questo significa, non gliene frega niente.
Sono quelli che ci spiegano cos’è la famiglia secondo il volere di Dio dall’alto di vite private degne di Beautiful (è squallido tirare in ballo le vite private, sì, ma se tu metti in discussione quelle del tuo prossimo rinuncia a ogni protezione sulla tua).
Sono quelli che anziché destinare i soldi pubblici alle famiglie, li usano per finanziare i “telefoni antigender” con denaro che finirà ad associazioni collaterali per pagare un prossimo sostegno elettorale, e che magari vanno al corteo per la famiglia facendosi pagare volo e albergo dalla Regione, son pronto a scommetterci.
Sono quelli che dal lunedì al venerdì indossano le croci celtiche, insegnano l’odio contro le minoranze, e al sabato vanno ai cortei issando le foto delle famiglie del Mulino Bianco…
Siamo uomini di mondo, sappiamo che sotto ogni lampione c’è una puttana e non ce ne stupiamo.
Però, assieme a tutto questo guano, domani ci saranno tante brave persone, che credono davvero di essere lì a difendere la famiglia e che invece stanno perdendo il loro tempo senza aiutare le famiglie e probabilmente portando dolore nella vita di persone che amano.
Un peccato, punto.

A volte ritornano.

Sì, sono passati un po’ di anni.
Anni in cui sono successe tante cose, per lo più poco apprezzabili, e per qualche motivo questa pagina è rimasta vuota.
Si torna, chissà per quanto.

Intanto, però si torna.