Questo 2016, dopo che la generazione cui appartengo ha fatto il possibile per risparmiarmi matrimoni e battesimi, si sta dimostrando prodigo di funerali.
Il fatto è che, naturalmente, avviandomi io verso il mezzo secolo, è sempre più vicina la data di scadenza per la generazione che mi ha preceduto, e che è stata protagonista dei miei “primi cinquant’anni”. E Marco Pannella ne ha fatto parte.
La bellezza della politica, il donarsi, la retorica, la violenza della verità sbattuta in faccia, il mettere tutto in gioco: come l’ha fatto lui nessun altro.
Quando un paese straziato dal terrorismo sceglieva di rinunciare alla propria civiltà giuridica, lui ha candidato Toni Negri, una bestemmia che ho capito solo molti anni dopo.
Poi sarebbe stato il turno di Enzo Tortora, quell’Enzo Tortora che fu tradito da noi liberali del PLI.
Poi -di follia in follia- fu la volta di Cicciolina, e ricordo ancora le parole di Pannella a un congresso trasmesso da Radio Radicale: «forse non dovevo candidarla perché fa la prostituta?» tutta la dignità civile e politica di ogni essere umano in una sola impronunciabile parola.
Ha fatto anche tante grandiose, imperdonabili cazzate.
Le ho fatte pure io, ma questo non fa di me Marco Pannella.
Gli devo libertà e una società più laica, credo che glieli dobbiamo tutti.
Gli avremmo dovuto anche un seggio da Senatore a vita: sarebbe stato il giusto epilogo di una vita consumata per la libertà. Una lunga teoria di pusillanimi paludati da presidenti della repubblica gli ha preferito altra gente non all’altezza del lustro che quel magnifico bestemmiatore delle ipocrisie della politica avrebbe saputo dare a Palazzo Madama.
Vabbe’, comunque grazie.
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(ebbene sì, sono tornati i captcha o come accidenti si chiamano; purtroppo ho dovuto metterli per bloccare una nuova ondata di spammer a luci rosse)