mercoledì 24 febbraio 2016

Moralità, politica e grillini

Moralità, in politica come nella vita quotidiana, è almeno mantenere le parola data.
È proprio il minimo, quella cosa che si può pretendere anche da un poveretto, che magari non ha letto chissà cosa, ma sa nel suo intimo cos’è bene e cos’è male. 
È così il minimo che ce lo si può attendere persino da un senatore del movimento cinque stelle.
E invece no. 
La vicenda del SMS alla senatrice Cirinnà in cui si assicurava il sostegno del M5S al canguro mostra che, come un qualunque animale governato dagli istinti più ferini, il senatore medio del movimento cinque stelle non sa cosa voglia dire “dare una parola”, non sa cosa voglia dire avere una morale.
Non è il primo. 
La storia d’Italia è piena di gentaglia che non solo ha anteposto il calcolo ai principi (quello lo fanno in tanti), ma ha teorizzato questo come metodo politico.
Dal beneamato puzzone da Predappio che teorizzava il “relativismo per eccellenza” dei fascisti -cui lui pretendeva di dare una dimensione morale e storica, quando invece si trattava di mero opportunismo- alle giravolte di interi partiti in epoca repubblicana una sola costante: mentire e negare, negare e mentire sempre, e sempre in nome del Partito, della Rivoluzione delle “progressive sorti”.

Come ho già scritto in altra occasione, anche questa gentaglia finirà male come chi l’ha preceduta, coperta dai liquami della cronaca, è l’amara soddisfazione di sapere che gli opportunisti fanno tutti la stessa fine.

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(ebbene sì, sono tornati i captcha o come accidenti si chiamano; purtroppo ho dovuto metterli per bloccare una nuova ondata di spammer a luci rosse)