venerdì 15 luglio 2016

Una bandiera per la nostra libertà

Un altro attentato, questa volta a Nizza, con un autoarticolato lanciato sulla folla.
In queste occasioni si vorrebbe una bandiera, perché anche il nostro Inno dice a un popolo calpesto, deriso “ci raccolga un’unica bandiera, una speranza”.
Ma questa bandiera non c’è.
Non è successo perché era il 14 luglio: il primo giorno dei saldi sarebbe andato bene lo stesso.
Non è successo perché erano francesi, fossero stati tedeschi, belgi, spagnoli, olandesi sarebbe andato bene lo stesso.
Non è successo perché erano crociati: in Europa al massimo si fanno crociere.
Non è successo perché erano europei: questa è solo una comodità geografica.
È successo perché erano liberi e felici, vivevano in un luogo dove i diritti fondamentali sono garantiti, e l’individuo viene prima -forse non nei fatti, ma nelle aspirazioni- della comunità.
E una bandiera del genere non c’è.
O forse c’è.
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È quella di un piccolo pezzetto di Occidente, che da settant’anni rappresenta lo scandalo della nostra libertà, della nostra voglia di vivere e di amare, tutto ciò che i regimi del terrore e i loro burattini temono: la bandiera di Israele, la terra i cui figli hanno iniziato a morire per noi come noi oggi e prima di noi decenni fa, vittime delle bombe nei ristoranti, accoltellati alle fermate dell’autobus o falciati dalle auto per strada, ancora una volta “nostri fratelli maggiori” come li chiamò papa Wojtyla.
In attesa di una sola bandiera della nostra libertà, guardo a quella, sapendo che almeno quella sarà difesa fino in fondo con la chiarezza morale che questi tempi chiedono, quella chiarezza morale che a noi manca.