martedì 2 febbraio 2016

La guerra asimmetrica di Giorgia Meloni

Partiamo da un punto che direi scontato, ma ineludibile: sono felice per la signora Meloni e il suo compagno, sono sicuro che questa gravidanza sia il frutto di un amore sincero tra loro due e auguro loro una gravidanza tranquilla e felice, e tanta gioia nel veder nascere e crescere questo bambino, che sarà sicuramente destinatario dell’amore infinito dei suoi genitori.  Non è forma, è ciò che penso, spero e prego ogni volta che ho notizia di una gravidanza, perché pur non avendo avuto la possibilità di esser padre sono stato figlio e so cosa siano dei genitori e cosa sia l’amore di un genitore.

Poi, però, basta.
Che una signora che per campare fa politica da quando portava le scarpe di Hello Kitty si adombri di ciò che è successo lo trovo incredibile, insostenibile e inverecondo. Mi ricorda le starlette della televisione che, dopo avere sfruttato ogni “photo opportunity” per far carriera, si lamentano del fatto di veder violata la propria privacy.
Non siamo mica noi ad aver partecipato in questi anni a un movimento d’opinione che sistematicamente mette in discussione l’onestà, la sincerità e la purezza d’intenti di chi sta cercando una maternità o una paternità, un movimento che descrive aspiranti madri e padri (il più delle volte normalissime sfortunate coppie eterosessuali) come rapaci avvoltoi che rubano bambini per turpi scopi.
Non è mica un problema di dizionario, eh, perché anche tolto l’improponibile Gasparri si possono dire cose truci e cattivissime senza neppure una volta scrivere “baldracca” o cose del genere, e questo è stato fatto parlando di uomini e donne che stanno solo cercando un po’ di sicurezza nelle loro vite.

La signora Meloni ha partecipato attivamente a questo movimento e, di più, ha deciso liberamente di “calare l’asso”: di usare la propria maternità in mezzo a una manifestazione politica di tal fatta.
Può essere stata assoluta leggerezza, il non fare caso a circostanze e soggetti partecipanti, il dimenticarsi che i propri colleghi di marcia sono gli eredi diretti di chi pochi decenni fa, in nome dell’immutabile famiglia naturale, additava come pubblici concubini chi si sposava in comune, figuriamoci un’orgogliosa ragazza madre.
Oppure può essere stato calcolo, il voler dimostrare che la folla di piazza San Giovanni non era composta da ipocriti e bigotti baciapile, bensì da persone moderne, che accettano le nuove famiglie e che però eccetera eccetera.
In entrambi i casi, quando getti il tuo bambino in pasto alla macchina della polemica non puoi stupirti di quel che accade dopo.
Se lo fai, o sei stolta, oppure stai teorizzando il tuo diritto alla guerra asimmetrica, a colpire e ferire i sentimenti e la dignità pubblica della tua controparte, nascondendoti dietro al tuo bambino per evitare i colpi di risposta.


Con tutti i più sinceri auguri di vero cuore per la maternità, forse è il caso che questa signora faccia la mamma, che è un lavoro impegnativo e nobile che può riempire e dar senso a un’intera vita, perché per la politica o è troppo pura o è troppo scafata.

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