sabato 13 novembre 2010

Sharansky ha avuto ancora ragione: non c'è braccio tanto forte da puntare per sempre le armi contro chi vuole la libertà

martedì 9 novembre 2010

Cina e diritti umani: un giorno malediremo la nostra "realpolitik"

«La Cina è un luogo dove non esiste libertà di espressione, dove l´accesso alle informazioni è limitato dalla censura, dove non si svolgono elezioni e dove la giustizia dipende dalla violenza del potere. Il mondo deve capire cosa significa trasformare un luogo simile nella prima potenza del pianeta».
L´archistar dissidente Ai Weiwei, liberato ieri notte dopo tre giorni ai domiciliari, non rinuncia ad attaccare le autorità cinesi. Accusa però la comunità internazionale, dopo la crisi economica del 2008, di aver «rinunciato a richiamare Pechino al rispetto dei valori fondamentali per paura di perdere qualche affare».
Perché le viene consentito di avanzare critiche che la Cina giudica illegali?
«Perché Internet è un´arma più potente del regime. Ormai tutti sanno tutto, anche in Cina, e questa forza causerà il crollo della dittatura. E´ la ragione per cui tutti i leader del mondo devono porre a Pechino il problema della violazione dei diritti umani».
Le pare che l´impegno internazionale sia venuto meno?
«L´atteggiamento globale fa pietà. Arrivano in Cina capi di Stato e di governo e nessuno osa pronunciare in pubblico le parole "diritti umani". Come possono essere così miopi? I grandi leader, dopo il Nobel per la pace, non si arrischiano nemmeno a dire il nome Liu Xiaobo. I figli dell´Occidente malediranno questo errore».
Pensa che il regime cinese sia colpa dell´Occidente?
«No, ma Usa ed Europa sono responsabili della sua durata e della sua crescita. Governo e società cinesi non sono efficienti come si dice. Istruzione, ambiente e diritti dei lavoratori sono sacrificati da un sistema inumano. Si arricchiscono i funzionari del partito e i loro amici-schiavi. Non durerà a lungo e l´Occidente sarà il primo a pagare il crollo di questa Cina».
Venerdì l´hanno arrestata, ma la sua festa-denuncia si è svolta lo stesso: perché?
«Domenica volevo festeggiare la demolizione forzata del mio atelier di Shanghai, celebrare la vendetta del potere con gli amici. La polizia ha preso me, ma non è riuscita a imprigionare altri seicento individui liberi. Temevo per la loro incolumità, li ho invitati a stare a casa. Invece hanno sentito la "festa dei granchi" come una responsabilità. Per il governo è stato uno shock, è stato molto commovente».
Le sembra possibile che la Cina scelga le riforme?
«Non che le scelga, ma che il cambiamento ci travolga. E´ già in atto, davanti a noi, e cambiare è l´unica possibilità per evitare un bagno di sangue».
Grazie alla sua fama, lei è sempre stato libero: perché ha scelto lo scontro?
«L´umanità ormai è globale. Se i diritti fondamentali vengono cancellati dal denaro e la democrazia cede alla dittatura, presto nessuno sarà più libero. La Cina è lo specchio che riflette il futuro del mondo, non vederlo sarà una tragedia per tutti».
Non teme il carcere?
«Non ho alternative. Potrei solo lasciare la Cina, ma la mia terra è qui. Però se tutto il mondo alza la voce, mi sento più tranquillo».
Andrà a Oslo, il 1º dicembre, per ritirare il Nobel per la pace di Liu Xiaobo?
«Sarebbe un onore, ma temo che se raggiungessi l´Europa, il governo cinese non mi lascerebbe più tornare in patria. Spero però che migliaia di persone, di tutto il mondo, si presentino a Oslo con una maglietta con la scritta "Io sono Liu Xiaobo". Pechino non potrà più fare finta di nulla, se la società civilizzata smetterà di considerare la Cina una nazione civile».

Gianfranco Fini, visto da sinistra

Complice la consueta azione miope del quotidiano la Repubblica, sta passando nel paese una sorta di canonizzazione della figura politica di Gianfranco Fini, contrapposto nel ruolo dell’eroe buono a quel cattivone di Silvio Berlusconi.

Eppure meglio mille Berlusconi di un solo Fini. Berlusconi è quanto di più opposto possa essere immaginato rispetto ad una politica democratica, sogna di farsi dittatore, ma dittatore alla Lukaschenko, dittatore “amato” dalla gente. Insomma, sogna di prendere l’ottanta per cento alle elezioni e questo sogno è così patetico che lo manifesta con atti che sono anche tenera ingenuità: è chiaro che fare deputato o ministro una propria amante non è solo (ovviamente) un atto politicamente immorale, è anche il gesto di un insicuro, come il circondarsi dei vari Bondi e Bonaiuti, gente che al Capo sa solo dire sì. Che dire poi del ruolo di “zio capace” svolto da Gianni Letta?

In più Berlusconi è politicamente coerente: è un populista classico e da populista ha svolto tutta la sua azione politica, che può essere spiegata come l’ascesa di un parvenu ricchissimo e imprenditorialmente geniale che, complice la debolezza estrema della classe politica tradizionale in particolare di centrosinistra tutta introflessa a provare a salvaguardare stipendi e destini personalissimi, ha coperto uno spazio politicamente scoperto ottenendo (anche grazie all’uso disinvolto di mezzi di comunicazione di sua proprietà) un consenso mai visto nella storia della Repubblica italiana.

Gianfranco Fini chi è? Gianfranco Fini è un uomo che passa i primi quarant’anni della propria vita a esaltare il fascismo, a tenerne in vita la memoria celebrando ogni 28 ottobre la marcia su Roma, per poi convertirsi alla democrazia dopo aver fatto il candidato a sindaco di Roma nel 1993, non senza proclamare in quello stesso anno che “Mussolini è il più grande statista del secolo”, che i gay non dovrebbero insegnare, che da nazionalista convinto non poteva “mai e poi mai” stringere patti con la Lega. Nel 1994 una strana alleanza proprio con la Lega lo porta al governo e l’anno successivo con grande opportunismo rinuncia ai simboli fascisti, mette in soffitta il Movimento sociale italiano e fonda Alleanza nazionale.

E’ solo l’inizio di mille travestimenti e giravolte. Disprezzato dalla destra dura e pura che lo vede come un “traditore”, Fini prova a vestire diversi abiti finché non ne trova uno che gli stia comodo addosso, come quello cucitogli addosso oggi da la Repubblica, quello di “eroe buono” appunto. Ma in realtà il Fini di governo è quello che sta nella sala operativa nei giorni del G8 di Genova nel 2001, che nel 2002 promuove la inumana legge Bossi Fini sull’immigrazione, che vota silenziosamente tutte le leggi ad personam fino allo splendido 2007 che si chiude con la nascita del Pdl e Fini che dice: “Non c’è nessuna possibilità che An entri nel Pdl, siamo alle comiche finali”. Salvo accomodarsi docilmente sul predellino due mesi dopo, ottenere lo scranno di presidente della Camera e da lì fare i comodi propri, incurante della delicatezza del ruolo istituzionale che svolge.

Giafranco Fini è un opportunista molto pericoloso, interessato solo al potere e senza senso delle istituzioni, che per il potere può sacrificare qualsiasi ideale, perché non ne ha. E’ un politico pragmatico che sta peraltro prosciugando il bacino elettorale del Pd, complice l’imbarazzante inazione della segreteria Bersani verso la quale bisognerebbe organizzare una forte area di opposizione interna per provare a spiegare agli italiani che il Partito democratico non è morto e non si preoccupa solo di inciuciare per rimuovere Paolo Ruffini dalla Rai o per consentire a Berlusconi di difendersi “nel processo e dal processo” (Enrico Letta dixit).

I democratici italiani pagheranno a caro prezzo l’errore strategico colossale di esaltare il movimentismo di Fini per provare a mettere in difficoltà Berlusconi.

Da avversario, preferisco senza alcun dubbio Berlusconi a Fini. Meglio il populista dell’opportunista, meglio il conservatore del trasformista. Anche perchè il populista conservatore si può politicamente battere, l’opportunista trasformista può mettere la democrazia italiana politicamente knock out.

SONIA TRIGIANTE

Alla conferenza della famiglia, a guardare "Lascia o raddoppia?", in bianco e nero ovvviamente

Molto interessante, ieri, a Milano, il forum dedicato alla famiglia anni Cinquanta: soprattutto molto in linea coi tempi. Sembrava uno di quei film del Dopoguerra con Gregory Peck, solo che in questo c'era Giovanardi. L'aveva organizzato quel «Forum delle associazioni familiari» che si è permesso di eccepire sulla presenza del Presidente del Consiglio e che è, in sostanza, un movimento politico legato alla vecchia Cei di Camillo Ruini, roba in parte pagata col nostro 8 per mille versato alla Chiesa: è lo stesso movimento che contribuì a formare il comitato che boicottò il referendum sulla simpatica Legge 40, quella che il mondo non ci invidia e che le corti di tutto il Paese stanno giustamente demolendo.

Molto appropriato anche l'invito del sottosegretario Eugenia Roccella che ha ritenuto di dover specificare che gay e trans erano i benvenuti, come fanno certi cartelli coi cani fuori dai negozi.

Mirabolanti e inimmaginabili anche le novità evidenziate dal Forum: i matrimoni calano, i figli pure. Fermate le rotative.

I matrimoni calano, già. L'unica cosa da fare - hanno spiegato Carlo Giovanardi e Maurizio Sacconi, sottosegretario al welfare e ministro della Sanità - è creare un nuovo fisco che premi le famiglie tradizionali, ma solo quelle che facciano figli, appunto. Un'idea nuova che in effetti non risale agli anni Cinquanta ma direttamente al Fascismo. Dopodiché il Forum ha proseguito cedendo la parola alle istanze libertarie e progressiste del Paese: ha parlato l'arcivescovo Dionigi Tettamanzi.

Più tardi ancora, spenta la tv a valvole, si tornava nel mondo reale - cinquant'anni dopo, a colori - laddove la maggioranza delle coppie di conviventi, in Italia, non sono persone che si vogliono sposare: ma che non riescono a risposarsi. Non sono ovviamente coppie di omosessuali, visto che da noi non possono sposarsi essendo il nostro il paese più arretrato d'Occidente, e non si tratta neppure di coppie che per scelta o ragioni ideologiche (quali, poi) rifiutano di regolarizzarsi con un contratto legale già esistente, ciò che è il matrimonio. Macché. Sono coppie da anni impaludate in separazioni e divorzi che prevedono tempi ancora lunghissimi e fuori da questa epoca. Ma in Italia non si ritiene che l'istituto della famiglia, nei secoli o nei lustri, si sia trasformato come avviene per tutto ciò che non muore ma semplicemente si trasforma: i divorzi esistono - nondimeno, numerosissimi, quelli della Sacra Rota - e le coppie di fatto, spesso, rappresentano solo delle responsabili liste d'attesa. Tutto il resto viene dopo: ma quelli del Forum forse non l'hanno capito. Forse pensano che sia tutto un complotto delle lobby gay.

Ecco, i gay e i figli in provetta: ovviamente il film anni Cinquanta ha ritrasmesso anche questa datatissima polemica. Carlo Giovanardi ha difeso la legge 40 sulla fecondazione, paventando un «Far West della provetta» e prendendosela con chi, solo perché vuole avere dei figli, ritiene lecito procurarsi «materiale genetico in vendita» o trovare «terze persone che si prestano a dare l'utero in affitto». In effetti la scienza ha concesso la possibilità a migliaia di coppie di ricorrere all'adozione o alla fecondazione artificiale: negli ultimi trent'anni sono nati oltre quattro milioni di bambini da coppie non fertili e si è impedita la trasmissione di altrettante malattie genetiche: e soltanto alla Chiesa, riferimento culturale di Giovanardi e Sacconi, questo ancora non piace.

Altre polemiche nuove di pacca sono seguite alla distinzione operata da Sacconi tra coppie di «dimensione pubblicistica» e coppie di «dimensione privatistica», maniera complicata di differenziare le coppie tradizionali (uomo-donna) da tutte le altre. Le politiche pubbliche già discriminano, ha osservato Sacconi: infatti le coppie omosessuali non hanno mica pensione di reversibilità, per dire. La discriminazione dovrebbe perciò coerentemente proseguire. Tutto il mondo va in tutt'altra direzione, e in questo non c'è distinzione tra destra e sinistra: ma questo non significa, può essere che il Vaticano, pardon l'Italia, sia l'unica a vederla giusta.

Questo, aspettando Lascia o raddoppia, ritrasmetteva la nostra vecchia tv a valvole. Il Forum ha spiegato che «la famiglia è la cellula fondante della società» e dimenticava soltanto che la società cambia, diversamente dal diritto matrimoniale del nostro Paese. Perché nel nostro Paese, da destra, laddove il più normale ha quattro famiglie, negli ultimi anni non si è voluto acconsentire neppure a tempi di separazione più brevi; a sinistra, invece, si cercava di istituire un sostanziale matrimonio di serie b - esagerando, e spaventando il celebre ceto medio - col risultato che alla fine non è cambiato mai nulla, da noi. Neanche il minimo, neanche l'indiscutibilmente condiviso. Sicché, indecisi se identificarci in Camillo Ruini o in Franco Grillini - cioè tra Vaticano e gay militanti - la maggioranza del cosiddetto Paese reale si muoveva come al solito da un'altra parte, a discapito di questa classe politica di vecchi bacucchi autoriflessi, autoriferiti, fuori dal mondo.

Filippo Facci

domenica 7 novembre 2010

Aveva ragione Ciarrapico

Tutti l'hanno attaccato, ma il senatore Ciarrapico aveva ragione a suggerire a Fini di tornare a mettersi la Kippah, perché quella è l'unità di misura della serietà delle parole e delle convinzioni del nuovo idolo della sinistra e dei salotti bene. 


L'uomo per cui "Mussolini è stato il più grande statista del secolo", e che poi, senza fare una piega s'è messo a pontificare sul "fascismo male assoluto".   
Il cognato di Monte-Carlo e il legalitario in terra umbra.  
Il ministro della legge sull'immigrazione firmata con Bossi, e l'internazionalista che parla di nuovi cittadini. 
Il delfino di Almirante che voleva la repubblica presidenziale, e il deputatucolo che vuole la "discontinuità".
Voleva fare la "grande riforma", lui, e oggi parla come un Follini qualunque, evocando il tristo rituale della "verifica", con la quale i democristiani avevano frantumato i coglioni alla Nazione (altra parola che sono sicuro tra poco espungerà dal proprio vocabolario, in favore di qualcos'altro) già oltre trent'anni fa. 


Doveva essere il leader della destra moderna, capace di trasformare il centro destra nel polo di trasformazione di questo Paese verso la modernità: riforma istituzionale, alternanza fondata sulla legittimazione elettorale, moralità politica intesa come rispetto delle promesse con le quali ci si è presentati agli elettori.   
S'è mostrato l'ennesimo quadro di partito di seconda fila, beneficato dal cataclisma di inizio anni '90, occupato solo a perpetuare il sistema di potere di cui era figlio, proprio lui che in teoria non avrebbe dovuto conoscerlo, essendone stato fuori grazie al cosiddetto "arco costituzionale".  
Uno dal quale non comprare neppure la classica auto usata, perché la sua parola e le sue idee durano meno del latte fresco non pastorizzato: l'ennesimo parolaio


A un figuro del genere non si può che dire, assieme a Ciarrapico: "va a metterti la kippah… finché sarà di moda, in attesa di trovare una kefiah in tinta con le tue cravatte".

venerdì 29 ottobre 2010

O Dunga o morte!

A me, tutte queste storie sulle prodezze sessuali del nonnino di Arcore (continuate così, eh? che in un Paese come questo sono 2-300.000 voti assicurati in più), ricordano una lontana barzelletta:

Due esploratori vengono catturati da una tribù di indigeni nell'Africa Nera e rinchiusi in una gabbia.

Dopo qualche ora arriva il capo tribù che dice “siccome avete violato il nostro territorio, la pena è la morte. Però avete una possibilità di salvezza: la prova del Dunga. Noi facciamo Dunga Dunga e, dopo, vi lasciamo liberi”.
I due esploratori si consultano tra loro. “Dunga Dunga?, con quei neri?, ma hai visto come ce l’hanno lungo?” e l’altro: “e l’onore?, io non intendo certo perdere l’onore!”, al che però il primo riflette: “certo, l’alternativa al Dunga è la morte”… sicché i due si rassegnano, e si fanno ripassare dalla tribù che si diverte a fare Dunga Dunga.


Doloranti, feriti nell’onore ma liberi, i due esploratori riprendono il cammino, quando vengono catturati da un’altra tribù.
Il nuovo capo tribù li accoglie dicendo “siccome avete violato il nostro territorio, la pena è la morte. Però avete una possibilità di salvezza: la prova del Dunga. Noi facciamo Dunga Dunga e, dopo, vi lasciamo liberi”.
I due esploratori, ancora doloranti, si guardano atterriti, chinano il capo e all’unisono dicono “Dunga”.

Ancor più doloranti, dimentichi dell’onore ma di nuovo liberi, i due esploratori riprendono il cammino.
Ed ecco che, mentre camminano, vengono catturati da un’altra tribù.
Il capo tribù arriva e inizia a dire: “siccome avete violato il nostro territorio, la pena è la morte. Però avete una possibilità di salvezza: la prova del Dunga. Noi facciamo Dunga Dunga e, dopo, vi lasciamo liberi”.
Gli esploratori si guardano e, stanchi smorti sbottano: “e basta, piuttosto la morte!


Il capo tribù ammirato per il coraggio si rivolge agli esploratori e replica “avete scelto la morte, e morte avrete, ma prima… un po’ di Dunga!

giovedì 28 ottobre 2010

Le cazzate della Binetti, il dovere dei laici di essere seri

Io la gente che si scandalizza per le cazzate dette dalla Binetti proprio non la capisco: se sei cattolico, quella è la via, SECUNDUM non datur, punto.


Puoi occasionalmente “cadere in tentazione”, perché l’uomo è fallace, ma devi riconoscere che la via è quella segnata.
Se invece pensi che sia moralmente lecito vivere in un altro modo i casi sono due: o sei coscientemente non cattolico, il che non vuol dire che tu non possa essere una brava persona né che Nostro Signore non possa guardarti con misericordia, oppure sei un paraculo che pretende di farsi i cazzi suoi con la benedizione dell’arcivescovo.


Insomma, da non cattolico trovo che la regola sia chiara: per i cattolici l’unico sesso ammesso è quello all’interno del matrimonio “tradizionale”; vuoi divorziare, risposarti, convivere, fare sesso con una persona del tuo stesso genere? va benissimo, ma risparmia a te la fatica di dirti cattolico e noi quella di ascoltarti.
Se tutti facessimo così, ci sarebbero milioni di persone in grado di vivere meglio la propria vita, e i signori preti scoprirebbero di essere anche ufficialmente quello che sono dai tempi del referendum sul divorzio: una minoranza petulante.


lunedì 18 ottobre 2010

Benvenuti in largo Adolf Hitler

Ecco, con tutto il rispetto per la sacralità della proprietà privata che nutro, se qualcuno avesse il tempo di andare a Dorno (PV), divellere questo cartello e infilarlo su per il culo del proprietario del "largo privato Adolf Hitler", più che l'attenuante comune ex articolo 62 del codice penale (l'avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale) bisognerebbe riconoscergli un'onorificenza al merito della Repubblica.


Trovato su: La fionda news

Perché sono contro Veronesi all'Agenzia per il Nucleare

È fatta, Umberto Veronesi guiderà la neo costituita “Agenzia per la sicurezza del nucleare in Italia” (se questo è il nome vorrei far notare che l’acronimo può diventare ASiNI, brrrr…).
Sono radicalmente, contrario a questa scelta, che considero lontana da ogni razionalità scientifica e rispondente esclusivamente a ragioni di calcolo politico e mediatico.
Sono contrario oggi così come ero contrario a Veronesi quando doveva essere candidato al ruolo di Sindaco: non è che il fatto che a guadagnarci possa essere il centrodestra mi pare sufficiente a superare le obiezioni di principio, i principi non possono cambiare secondo le convenienze.
Umberto Veronesi è un insigne clinico, un chirurgo che ha salvato molte vite direttamente, e molte di più grazie alla ricaduta del suo impegno, punto. I suoi meriti clinici non lo trasformano nell’uomo buono per tutti i compiti e tutte le stagioni.
La sua competenza in oncologia, il suo rigore di scienziato non lo rendevano per ciò stesso un “buon” Sindaco (anche se sarebbe stato un eccellente candidato Sindaco, l’unico in grado di sbaragliare il centrodestra a Milano), cose come non lo rendono necessariamente un “buon” responsabile dell’ASiNI.
In entrambi i casi ho visto e vedo un’operazione di mera facciata: un “bel nome” messo in vetrina, per tacitare con il peso mediatico della persona i dubbi sull’operazione.
In entrambi i casi ho visto e vedo una struttura pronta a prendere la guida in luogo di Veronesi, volenterosa o suo malgrado “testa di paglia” del comitato d’affari del centrosinistra che avrebbe governato Milano al posto del comitato d’affari che lo sta governando per il centrodestra così come della reale struttura che guiderà questa Agenzia.
Profittando della vanità dell’uomo, oramai icona di se stesso con fondazione a sé dedicata lui in vita, qualcuno ha pensato bene di costruirgli un altare per i sacrifici, per poter fare ciò che deve senza troppi impicci.
Il fatto che abbia ottantacinque anni, età alla quale ci si occupa dei bisnipoti e non della cosa pubblica, è solamente un “infine”, ma non nego che qualche peso lo possa avere.
Da sostenitore dell’opzione nucleare trovo che questa strada sia delinquenziale, l’ennesimo cedimento a una visione carismatica dell’amministrazione della cosa pubblica, per la quale “chi” fa le cose è più importante, nel bene e nel male di “cosa” fa, una visione illiberale che domina questo Paese da così tanto tempo da averne permeato la cultura pubblica.
Non c’è differenza tra la pretesa di governare dei “migliori” di sinistra, la supponenza di quel fallito di Montezemolo e la “furbata” berlusconiana di mettere il “bel nome di centrosinistra” a occuparsi di nucleare. È lo stesso gioco che trasforma la politica, da arte delle scelte per governare la società, in mera apparenza.

venerdì 1 ottobre 2010

Nera ora è libera.

Questo pomeriggio il cuore di Nera si è fermato.  
Le cure dei veterinari non sono bastate, la sua pressione ha continuato a scendere fino a quando tutto è finito.
Ora è finalmente libera, corre tra i fili di erba gatta e si stende al sole.  
Mi mancherai, cara gattina.

giovedì 30 settembre 2010

Alla ricerca di un modo per convincere Nera a mangiare

Nera in questi giorni è veramente affaticata, mi sa che l’ultimo ciclo di chemioterapia l’ha buttata davvero giù, e non ha più voglia di mangiare nulla, così, in preda allo sconforto, le cambio marca e tipo di bocconcini oramai quasi ogni giorno.
Tra ieri e oggi ho aperto una scatola di gourmet, una di sheeba e persino un tonno al naturale per umani, che ogni tanto la delizia… senza successo.
Così stamattina mi sono ricordato di un’osservazione di mia sorella sulla voracità con cui nel week end la gattina s’era avventata sul cibo e sono andato al negozietto vicino casa dove ho detto alla signora...
buon giorno, non è che ha quei tranci di tonnetto che mi pare si chiamino Shrek o Shakira?”.

Inutile dire che la signora m’ha guardato un (bel) po’ sconcertata.
Per la cronaca, c’ho messo mezz’ora per farle mangiare credo neanche cinquanta grammi di trancetti di pollo e granchio… speriamo per stasera.

lunedì 27 settembre 2010

Luca Cordero di Montezemolo? preferisco Edvige Fenech

Lasciamo stare le piccole miserie della sua storia personale, ché ognuno ha le proprie di miserie. Il punto è la politica: questo ultrasessantenne dalla bella chioma che cerca di inebriare la “società civile” con la propria antipolitica e le parole d’ordine da confindustriale non sputerà come Bossi, ma non è meglio di alcuno dei tristi protagonisti attuali della politica.
È solo l’ultimo continuatore d’un punto di vista sulla politica che si fonda sulla leadership, una leadership in questo caso ancor più classista di tutte quelle che sono venute finora, priva d’ogni parvenza di legittimazione che non sia la “bella immagine” personale, in ragione della quale dovremmo sentirci beneficati dall’interesse di questo signore per la cosa pubblica.
Tra l’altro, diamo un’occhiata al movimentino che s’è fatto questo signore che dà lezioni di politica: un’organizzazione così democratica che prevede un meccanismo di “voto per censo” al proprio interno: chi paga almeno 10.000 euro decide, gli altri fanno i cammelli.
Se questo è il nuovo…

Consigli per turisti low cost: Sofia

Sofia mi ha dato proprio l’impressione di essere stata la capitale della più sfigata baracca di tutto il lager però, nonostante sia un po’ scalcinata, è pulita, ordinata, tranquilla e dignitosa, e c’è un ristorante tipico dove si mangia bene e si spende veramente pochino (12€ a testa per antipasto, insalata bulgara, secondo di carne e birra).

sabato 11 settembre 2010

Il valore eterno della privacy

La più comune replica ai difensori della privacy – da chi sostiene i controlli di identità, le telecamere, i database, la ricerca dei dati e tutti gli altri strumenti di sorveglianza di massa – è quella per cui “se non stai facendo nulla di sbagliato, allora cos’hai da nascondere?
Alcune risposte intelligenti possono essere:
  • se non sto facendo nulla di sbagliato, allara non c’è ragione per cui tu mi osservi”;
  • perché la politica ha il potere di definire cos’è sbagliato, e continua a modificare questa definizione”;
  • perché tu potresti fare qualcosa di sbagliato con le informazioni che mi riguardano”.
Il mio problema con queste risposte – per quanto giuste siano – è che accettano il presupposto che la privacy serva a nascondere qualcosa di sbagliato.

Non è così.
La privacy è un diritto umano fondamentale, e un requisito per il mantenimento della condizione umana con dignità e rispetto.
Due massime ce lo ricordano nella maniera migliore: “Chi custodisce i custodi?” e “Il potere assoluto corrompe in modo assoluto”.
Il cardinale Richelieu comprendeva bene il valore della sorveglianza quando disse “se mi dessero sei righe scritte dalla mano dell’uomo più onesto, potrei trovarci qualcosa per impiccarlo”. Guardate qualcuno abbastanza a lungo, e troverete qualche motivo per arrestarlo, o anche “solo” per ricattarlo. La privacy è importante perché senza di essa le informazioni di sorveglianza si trasformerebbero in abuso: per curiosare, per farne uso commerciale, per spiare i nemici quali che siano al momento.

La privacy ci protegge dagli abusi di chi è al momento al potere, anche se non stiamo facendo nulla di sbagliato quando siamo osservati.
Noi non facciamo nulla di male quando facciamo l’amore o andiamo in bagno.
Non stiamo deliberatamente nascondendo nulla quando cerchiamo un luogo appartato per le nostre riflessioni o conversazioni. Manteniamo la riservatezza sui nostri diari, ci chiudiamo in bagno per fare la doccia, scriviamo lettere ai nostri amori segreti… e poi le bruciamo.
La privacy è un bisogno umano fondamentale.

Un futuro in cui la privacy dovesse affrontare assalti costanti era così lontano dai Padri Costituenti che questi non ritennero neppure necessario richiamarla espressamente come diritto. La privacy era consustanziale alla nobiltà del loro essere e della loro Causa. Ovviamente essere osservati nella propria abitazione era considerato irragionevole. L’atto di osservare era considerato così sconveniente da essere inconcepibile tra gentiluomini in quei tempi. Si osservavano i criminali, non i liberi cittadini. Ognuno comandava a casa propria. È intrinseco al concetto stesso di libertà.

Se siamo osservati in ogni circostanza, siamo costantemente sotto la minaccia di punizioni, giudizio, critiche, persino del furto della nostra unicità. Diventiamo bambini, incatenati sotto sguardi scrutatori, costantemente timorosi che – ora o in un incerto futuro – le tracce da noi lasciate riconducano a noi, implicandoci in qualsiasi cosa su cui un’autorità decida di indagare, anche se un tempo corrispondente a condotta innocente e privata. Perdiamo la nostra individualità, perché ogni cosa che facciamo diventa osservabile e registrabile.

Quanti tra noi si sono fermati durante una conversazione nel recente passato, improvvisamente consci della possibilità di essere ascoltati? Probabilmente si trattava di una conversazione telefonica, poteva trattarsi di un’e-mail o di uno scambio su un instant messenger o di una conversazione in pubblico. L’argomento poteva essere il terrorismo, la politica, la religione. Ci siamo fermati improvvisamente, per un momento preoccupati che le nostre parole potessero essere prese fuori dal loro contesto, per poi metterci a ridere di un pensiero così paranoico e continuare. Ma il nostro comportamento è cambiato, e le nostre parole sottilmente alterate.

Questa è la perdita di libertà che tutti affrontiamo quando ci viene sottratta la privacy.
Questa era la vita dell’ex Germania orientale, o nell’Iraq di Saddam Hussein.
E potrà essere il nostro futuro se permetteremo a un occhio sempre più intrusivo di entrare nelle nostre personali, privatissime vite.

Troppi sbagliano nell’indicare l’alternativa come “sicurezza verso privacy”.
La scelta reale è tra libertà verso controllo.
La tirannia, che nasca come risposta ad attacchi esterni o per effetto di un costante controllo autoritario interbi, è sempre tirannia.
La libertà richiede sicurezza senza intrusione, sicurezza più privacy.
Un’estensiva sorveglianza di polizia è la definizione migliore di uno stato di polizia.
Ed ecco perché dovremmo ergerci a difesa della privacy anche quando non abbiamo nulla da nascondere.

tradotto da “The Eternal Value of Privacy”, Bruce Schneier, wired.com

lunedì 6 settembre 2010

Mira Fini quanto è bello...

Fini è rassicurante come un guardaroba: appena cambia il tempo basta aprirlo e trovi il capo o le posizioni giuste, dall'orbace alla grisaglia, dalle "comiche finali" a "io fondatore del PdL"... l'unica cosa che non riesce a cambiare sono le sue oscene cravatte.

domenica 22 agosto 2010

"...i vescovi della Cei, però, è meglio che stiano buoni": Facci dà sempre delle belle soddisfazioni.

Un rom che abbia la cittadinanza italiana non si può accompagnarlo alla frontiera: perché è un italiano, non un rom. Neppure se compie un reato si può espellerlo: e meno male, perché saremmo al nazismo.

Quella che vorrebbe fare il ministro Maroni, in futuro, è un'altra cosa: espellere dall'Italia i rom e i sinti comunitari - ma privi della cittadinanza italiana - che non rispondano ai requisiti che la stessa Comunità europea prevede affinché un paese li ospiti: cioè reddito minimo, non essere a carico dello Stato e avere una dimora riconoscibile, più altre cosette. 


Sono giusti questi requisiti?
In teoria no, perché un tizio, in un mondo perfetto, dovrebbe poter vivere come vuole, dove vuole e campando d'aria, se crede.
Di recente è stato scoperto che il mondo non è perfetto, i requisiti perciò sono in vigore.
Peccato che contrastino con un'altra regola sempre della Ue: i cittadini comunitari, dice, hanno libertà di movimento e di insediamento. Perciò si litiga.

I vescovi della Cei, però, è meglio che stiano buoni: ieri, a Radio Vaticana, hanno detto che «il governo non può decidere autonomamente quando c'è una politica europea che stabilisce dei diritti». Vada a rivedersi, la Cei, gli orientamenti della politica europea anche in tema di biotestamento, patti di convivenza tra gay e altre cosucce che le sono care. Che facciamo, applichiamo?

martedì 17 agosto 2010

Addio, Presidente Cossiga

No, non è stato un gran Presidente.
Certo, s'è opposto alle falsità sulla storia della Repubblica e alla conseguente deriva golpista che tentava di abbatterlo per avere detto quella che era una - scomoda - verità: che in un Paese sull'orlo della guerra civile, in cui un partito che rappresentava un terzo degli elettori continuava a ingrassare le armi, era lecito prepararsi a resistere a quelle armi.
Ma ha trasceso, trasformando quella che era una difesa della Repubblica in una lotta personale, e usando mezzi non troppo dissimili da quelli dei suoi avversari.
Arrivò a patrocinare, nell'oscurità, un "partito del Presidente" che era a mio avviso largamente eversivo, per il ruolo che nel nostro sistema il presidente ha... poi non se ne fece nulla, mentre la sua umoralità lo spinse a improvvise dimissioni.
Detto questo era una persona "simpatica", nel senso che a differenza di altri tromboni non usava gli allori della Repubblica per coprire le proprie vergogne, e non temeva di lottare in prima persona.
Non è stato un gran Presidente, ma tra i migliori che io ricordi.

mercoledì 14 luglio 2010

Pausa pranzo.

Questo tipo di studi e di conseguenti articoli mi lasciano solitamente indifferente: dal mio punto di vista si tratta di ricerche finalizzate a imbrattare un po’ di carta e di articoli destinati a riempire in maniera “nobile” i buchi lasciati dalla mancata vendita di spazi pubblicitari.

Premesso questo, io mangio a pranzo, ma lo faccio in fretta e spesso chiuso nel mio ufficio.

Il fatto è che non sopporto i bar, il chiacchiericcio, il dover stare a tavola ad ascoltare le stupidaggini del prossimo, e allora mi porto la pappa da casa.

Circa l’immagine dickensiana di quelli che salterebbero il pasto “per fare bella figura col capo”, a me non pare di vedere molta gente (almeno nella mia azienda) impegnata in questo tipo di PR. Quelli che saltano il pasto di solito non hanno alcun bisogno di fare "bella figura", lo fanno perché hanno un senso del dovere deformato e si riconoscono così tanto nei problemi organizzativi aziendali da dare anche più di ciò che gli è chiesto.

Però è vero: siamo tutti sempre più di corsa, nel disperato tentativo di "recuperare", e più cerchiamo di "recuperare" più la fatica e lo stress ci rallentano e aumentano lo squilibrio tra le cose fatte e quelle da fare, finché ti arrendi mentalmente e guardi crescere il cumulo delle come da fare che non farai mai...

articolo sul "corriere della sera": Uno su quattro salta la pausa pranzo - colpa dello stress lavorativo provocato dalla crisi economica

giovedì 1 luglio 2010

Addio Onorevole Sterpa.


Non è che dei morti si debba parlare necessariamente bene, è che sono convinto che oggi ci abbia lasciati una “bella persona”, intorno alla quale non per caso tanti si sono trovati uniti per lungo tempo.
Figlio di un’epoca lontana ne aveva conservato alcuni tratti: il vocione, la retorica, quello che giudicavamo ...un certo paternalismo, la –diciamolo– rudezza nel rispondere no quando secondo lui era no.

Per noi era proprio un altro mondo: eravamo un’altra generazione, avevamo diverse priorità, il più delle volte non condividevamo quasi nulla delle sue posizioni, eppure c’era rispetto: un po’ per la sua storia, un po’ perché pur con diversi punti di vista credevamo tutti nel bisogno d’un partito che si ispirasse al valore delle libertà individuali, molto perché quello che ci sembrava un caratteraccio non riusciva a nascondere la generosità con cui si spendeva.

Un’altra finestra sul passato si chiude, un altro spicchio di vita che diventa un ricordo.

Qui, il resoconto sulla commemorazione alla Camera.

domenica 27 giugno 2010

dammi quattro accordi...

un caro amico dice che, oramai, lui e il suo gruppo scelgono le canzoni cercando di non superare i quattro accordi: si tratta d'un gruppo amatoriale con sempre meno tempo per le prove, e quindi...
Ho pensato a lui riascoltando questo brano: la musica della versione inglese è d'una semplicità disarmante, molto più di quella originale... scritta da Toto Cutugno.
Solo che a cantare c'era una delle prove dell'esistenza di Dio: Ray Charles.
It's happening so suddenly it's hurtin'
runnin' through our fingers now desertin'
we built it all on solid ground
but now it's not so certain

don't want to look into your eyes
and see our good love dyin'.

And all the pain and bitterness today
in every single promise we betrayed
the hurt we never noticed till it wouldn't go away

and if you look into my eyes
you're gonna end up cryin'

Good love gone bad
now all our dreams are broken
closing doors that once were open
knowing in our hearts that it's all over

still deep inside you know you wanna stay
but you can't bring back yesterday
when all the good we had is goin' so bad.

Good love gone bad
we stopped believin'
stopped the wanting, stop the needin'
singin' to ourselves that it was over
still deep inside I know I wanna stay
but it's so hard to go out separate ways
when all the good we had is hurtin' so bad

No good guys or no bad guys
Wrong or right
Sometimes things are not so black and white

You hold on till it kills you
or you finally see the light
And if you look into her eyes
nobody is tryin'.

Good love gone bad
now all our dreams are broken
closing doors that once were open
knowing in our hearts that it's all over

still deep inside you know you wanna stay
but you can't bring back yesterday
when all the good we had is goin' so bad.

Good love gone bad
we stopped believin'
stopped the wanting, stop the needin'
singin' to ourselves that it was over
still deep inside I know I wanna stay
but it's so hard to go out separate ways
when all the good we had is hurtin' so bad

No good guys and no bad guys after all

and all I really know
is I still love you.

Good love gone bad
now all our dreams are broken
closing doors that once were open
knowing in our hearts that it's all over

still deep inside you know you wanna stay
but you can't bring back yesterday
when all the good we had is goin' so bad.

Good love gone bad
we stopped believin'
stopped the wanting, stop the needin'
singin' to ourselves that it was over
still deep inside I know I wanna stay
but it's so hard to go out separate ways
when all the good we had is hurtin' so bad

giovedì 24 giugno 2010

scritta appena ieri...

Gli Italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio... e le partite di calcio come se fossero guerre.

venerdì 18 giugno 2010

buon compleanno Raffaella!


Me lo stavo quasi per dimenticare... e sì che non dovrei, visto che siamo nati lo stesso giorno :-)

giovedì 17 giugno 2010

Giustizia: la prima legge della sinistra colpisce ancora.

Come sanno i miei lettori, la “prima legge” sugli allarmi lanciati dai sinistri è semplice: quando li si sente strillare, i sinistri, su una grave minaccia che incombe sulle nostre teste (democrazia, libertà sicurezza sociale, pace), i casi sono due: o si tratta di una porcata che hanno già commesso e gli è riuscita male, oppure si tratta di una porcata che vorrebbero commettere loro, e stanno cercando di impedire agli avversari di arrivare per primi.

Questa legge vale sia per le porcate vere, sia per le cose buone che si trasformano in porcate perché sbandierate ai quattro venti e poi abbandonate.

Ecco cosa scriveva il PD di Veltroni il 22 febbraio 2008 nel proprio programma sulla giustizia:

…Il divieto assoluto di pubblicazione di tutta la documentazione relativa alle intercettazioni e delle richieste e delle ordinanze emesse in materia di misura cautelare fino al termine dell’udienza preliminare, e delle indagini, serve a tutelare i diritti fondamentali del cittadino e le stesse indagini, che risultano spesso compromesse dalla divulgazione indebita di atti processuali.

E’ necessario individuare nel Pubblico Ministero il responsabile della custodia degli atti, ridurre drasticamente il numero dei centri di ascolto e determinare sanzioni penali e amministrative molto più severe delle attuali, per renderle tali da essere un’efficace deterrenza alla violazione di diritti costituzionalmente tutelati…


Sono semplicemente dei maiali, per i quali le garanzie dei cittadini valgono meno di quel derivato della cellulosa confezionato in rotoli che troviamo nei nostri bagni: per gli amici sinistri i diritti civili sono assolutamente fungibili e sacrificabili, come uno strappo di carta da culo.

P.S., questa merda l'ha riportata a galla un sinistro "per bene", Luca Sofri

venerdì 11 giugno 2010

Elencone, o il ritorno della truffa.

Di truffa si tratta, pura, semplice e reiterata.
Vi arriva una fattura, la vostra contabilità la registra e, se non c’è un sistema rigido di autorizzazioni interne, la paga pure.
Solo che alla base non c’è nessun contratto, nessun contatto, nessun servizio: vi hanno spedito una fattura così come il pescatore getta la reticella sperando che qualche pesce vi resti impigliato.

L’anno scorso, anche noi avevamo ricevuto la fattura di “pagine.it”, e quest’anno la fattura di “elencone”: diversa ragione sociale ma stessa identica truffa.
Avessimo tempo ci sarebbe da spedirla alla Procura della Repubblica, ci limiteremo a usarla per pulirci il culo.

un post pure qui

La giustizia del pesta carne

Saranno decenni che non ne vedo più uno in azione.
Anch’esso è infatti, in qualche modo, il simbolo di una società che non c’è più: più povera e più attenta a trasformare il poco in qualcosa di buono.
Lo si usava per colpire fettine di carne spesso un po’ nervosa, appiattendola e rendendola più morbida, buona per essere quindi impanata in una gustosa cotoletta alla milanese, o messa in padella per fare una bella portata di piazzaiola.

Ecco, se c’è un’immagine che io userei per questa stucchevole polemica sulle intercettazioni e sugli atti d’indagine è quella del pesta carne.

Tutti sanno che intercettazioni e atti d’indagine sono oramai da decenni usate per snervare e ammorbidire gli indagati, per distruggerne la fibra prima di poterseli cucinare: a furia di pestoni infatti dell’indagato non resta più nulla di intero.
Tutto viene ben bene colpito, senza dimenticare nessun particolare, specialmente i più imbarazzanti e meno attinenti con le indagini: vita sessuale, vita familiare, amicizie e relazioni, affinché la fetta di carne resti lì sul tavolo sanguinolenta e isolata, pronta alla resa.

È la strategia dell’inquisitore che Orwell aveva ben descritto in 1984, quella di un potere il cui scopo è annientare, fino alla resa della vittima, anzi alla sua entusiastica collaborazione alla propria messa a morte.
È la tattica che la nostra magistratura, la politica e i pennivendoli che lordano il nome di giornalisti adottano ogni giorno.

L’indagato, come il marito cornuto, scopre i particolari più agghiaccianti su di sé direttamente dai giornali, senza avere la possibilità di dire “né a né ba”.
Altro che pubblicità del processo: da Enzo Tortora in poi (mi secca citare questo nome, ma non è un caso se l’infamia sia divenuta sistema proprio col maxi processo alla camorra di cui è stato vittima) le pudenda dell’indagato sono esposte prima ancora che questo si cali le mutande.

Siamo arrivati a un tale livello che, oramai, non c’è più neppure bisogno di essere indagati.
Prendiamo un esempio a caso?
Claudio Scajola.
Personalmente mi sono fatto l’idea che possa essere un lestofante.
Tecnicamente però il soggetto è solamente una “persona informata dei fatti”, un potenziale testimone non un potenziale imputato.
In attesa che gli atti divengano pubblici per gli imputati, il primo a essere distrutto è stato colui che gli stessi PM paradossalmente sembrerebbero considerare innocente, senza neppure il bisogno di invocare la presunzione d’innocenza.
Lo hanno preso, messo sul tavolo di cucina, e preso a martellate, in modo da sfibrarne ogni nervo, in modo che, in una pozza di sangue, si ritirasse, paria per tutti.

Cosa c’entri la libertà di stampa, cosa c’entri l’obbligatorietà dell’azione penale lo sa soltanto la mente di questi talebani che oramai hanno colonizzato procure, giornali, partiti, che teorizzano la supremazia del sospetto, la lotta senza quartiere e senza rispetto per l’uomo, salvo quando la stessa medicina viene usata con loro.
Sono simili difensori della giustizia i migliori alleati dei corrotti e dei corruttori: la seminagione di paura che riescono a compiere è così proficua da spaventare ogni cuore che abbia ancora un briciolo di sentimento liberale e che, a questo punto, pur di tenere simili barbari lontani dall’uscio, preferisce tollerare ladri e grassatori assortiti.

giovedì 10 giugno 2010

Terminator versus British Petroleum


Dead Dog

Un disco per l'estate: Samantha Fox & Sabrina Salerno in 'Call Me'

In quest'epoca di grigiore senza valori, una luce bel buio: tornano due idoli della mia lontana gioventù: Samantha Fox e Sabrina Salerno, evviva!

lunedì 7 giugno 2010

Cambiare regime, in peggio

Christian Rocca, autore del paphlet del 2006 “cambiare regime” ci aggiorna sul trend.
Sembra che, purtroppo, il numero delle dittature non stia diminuendo: dalle 45 della prima edizione del suo libro a 47 in tutto il mondo: le società meno libere del mondo, a pari demerito, sono Birmania, Guinea equatoriale, Eritrea, Libia, Corea del Nord, Somalia, Sudan, Turkmenistan e Uzbekistan e il territorio occupato del Tibet.
Sui 194 paesi del mondo, 58, il 30 per cento del totale, sono «parzialmente liberi», perché segnalano una riduzione dei diritti fondamentali e uno scarso rispetto delle regole, mentre sono 89 quelli «liberi» (46%). A qualcuno spiacerà sapere che tra i paesi liberi è segnata anche l’Italia.

su Camillo

A furia di occuparsi di politica, i preti si dimenticano pure l’essenza della loro missione.

Ha proprio ragione Langone, le parole del portavoce del Vaticano sull’assassinio di monsignor Padovese sono incredibili.

Impegnati come sono a fare “politica estera”, o semplicemente politica, i preti sembrano persino incapaci di rappresentare un omicidio per quello che è. Desiderosi di un impossibile appeasement e di un’ipocrita equidistanza (o equivicinanza?) con i “fratelli musulmani”, sono veloci a derubricare il frutto d’una ideologia politica a semplice ammattimento del singolo.

Così facendo, tradiscono il significato religioso del sacrificio (e di questo potrebbe fregarcene pure poco) e tradiscono il significato laico dell’omicidio (e di questo ce ne può fregare di più, perché attiene alla messa in pericolo delle nostre libertà).

Quando si dimentica la propria ragion d’essere, finisce sempre così, ci si riduce come un’Alba Parietti qualsiasi, che dice la propria su ogni cosa, ma non sa più il perché.

Su "il Foglio"

venerdì 4 giugno 2010

Siam pacifici viaggiatori, con pistole e coltelli



Che siano morte nove persone è tragico, ma io resto convinto che né il mahatma Gandhi né più modestamente Marco Pannella sarebbero saliti su nessuna di quelle navi.
S’è trattato dell’ennesima trappola mediatica per Israele e l’occidente, ed entrambi ci sono caduti con tutti e due i piedi.
Anche se può sembrare irrispettoso per dei morti (alcuni dei quali peraltro sembra ne debbano essere lieti, visto che cercavano il martirio), questo video è un modo come un altro per mostrare che, ancora una volta, Israele è la vittima.

mercoledì 14 aprile 2010

Ogni resistenza è inutile: dopo quello vero arriva pure il Bruno Vespa virtuale



Lo annuncia l'ANSA: la RAI è in trattative con una società canadese per ottenere un software di animazione ultrarealistico... e i pilot sono stati fatti proprio con Vespa e il Cavaliere... 


articolo su ANSA

martedì 13 aprile 2010

L’infame faccia tosta di Bertone e dei suoi accoliti

Dopo avere occultato per decenni (secoli?) la vergogna delle violenze a carico di minori perpetrate da religiose e religiosi di ogni ordine e grado, circondata dallo scandalo, la chiesa cattolica rilancia con una mossa degna di Goebbels: prende le proprie responsabilità, il frutto del combinato disposto tra la perversione di un’ideologia che nega la natura e crocifigge uomini e donne alle proprie fobie sessuali e un’omertà di chiaro stampo mafioso, e le getta addosso a una minoranza.
Nel più classico stile delle dittature, la chiesa cerca di costruire un nemico cui addossare le proprie colpe, e si illude di prendere i classici due piccioni con una fava, usando gli omosessuali come capri espiatori, additandoli all’odio, così come i nazisti fecero con ebrei, rom e, appunto, omosessuali.

Facendo così, la chiesa spera di ribaltare il tavolo e trovare addirittura un’arma per fermare l’avanzata dei diritti civili della minoranza omosessuale.
Con una faccia tosta da ceffoni, il cardinale Bertone la spara alta, blaterando che “Molti studiosi hanno dimostrato un legame tra omosessualità e pedofilia”, evitando di spiegarci non solo chi siano questi molti studiosi, ma soprattutto dove starebbe l’omosessualità di quegli infedeli ministri di Dio impegnati a stuprare minori di sesso diverso dal proprio… un’omosessualità evidentemente molto ben repressa.

È sempre più difficile essere liberali con la chiesa cattolica, ricordarsi che le responsabilità penali sono personali e che la responsabilità oggettiva è un’infamia, di fronte all’uso criminale che della tonaca fanno non solo gli stupratori, ma anche chi i loro superiori.

domenica 11 aprile 2010

Che schifo: tocca pure essere d'accordo con Gasparri e Capezzone

A sinistra hanno un’idea originale della satira: quando non s’accompagna con la coprofagia è l’occasione per l’esercizio della violenza più volgare, in particolare dedita al dileggio dei morti (ricordiamo Vauro) o all’augurio di morte.
Il “quotidiano fondato da Antonio Gramsci” (di cui non conosciamo il sense of humour, ma doveva averne, sennò sai che dolori a furia di rivoltarsi nella tomba) pubblica una vignetta di Staino che riesce nell’opera di unire dileggio ed augurio, grazie alla tenera figliola di Bobo che nello stesso tempo gioisce d’una strage (novantasei morti nello schianto dell’aereo che portava il presidente polacco Kaczynski) e si rattrista del fatto che l’A319 della Repubblica Italiana non faccia la stessa fine.

La classe non è acqua, ovvio.
Ma, reso omaggio all'eleganza del kompagno (sì, con la k come Kossiga) Staino, la cosa più seccante è dovermi trovare d’accordo con Gasparri («La vignetta, se così si può definire... rappresenta una vergognosa offesa alle vittime della tragedia aerea che ha decimato il vertice della Polonia. Pur di augurare la morte a Berlusconi e al governo italiano, il giornale della De Gregorio ha toccato punte di aberrazione indefinibili. Il cinismo e l'odio spinti alle estreme conseguenze... Le tragedie vanno rispettate. Non usate per le campagne di odio condotte da gente priva ormai del lume della ragione...») e Capezzone («non solo si ride sui novantasei morti polacchi, ma ci si duole perché non è ancora successo altrettanto qui da noi. C'è da rimanere allibiti dinanzi a una simile caduta di gusto. Quando l'odio contro Berlusconi raggiunge questi livelli, non ci sono neppure parole adeguate per commentare. C'è solo da augurarsi che Staino stesso e la direttrice de L'Unità De Gregorio vogliano scusarsi, e che anche tanti uomini e donne di sinistra facciano sentire il loro sconcerto»).
Ma è possibile che i sinistri a certe cose non ci pensino mai?

mercoledì 7 aprile 2010

La riforma dell’avvocatura è da mafiosi, e passerà con il consenso di tutti

In questo Paese (Ricucci dixit) sono tutti bravi a fare i froci col culo degli altri: tutti cianciano di merito, competizione e mercato, poi stanno pronti a sparare su ogni rischio di mercato aperto.
Lo hanno fatto anche gli avvocati che, archiviate le lenzuolate di Bersani, hanno fatto lobbying e ora stanno per ottenere una nuova legge: tornano le tariffe minime, si alzano le barriere all’ingresso, addirittura è prevista una soglia minima di reddito sotto la quale ti sbattono fuori dalla professione.
Come hanno ottenuto questo?
In parte col fatto che gli avvocati sono il vero partito di maggioranza relativa del Parlamento, sicché hanno ottenuto il consenso unanime delle forze politiche di destra, centro e sinistra...

In parte credo c’entri un’altra notizia: la cassa previdenza degli avvocati ha 4 miliardi di euro… e qualche centinaio di milioni da usare per partecipare al piano di “social housing” di Tremonti.


Insomma: mi sa che gli avvocati stanno per comprarsi la chiusura del loro mercato, complimenti!


su Libertiamo: La riforma della professione forense è la festa degli ‘insider
articolo di Sandro Iacometti per Libero: Gli avvocati chiamano Tremonti: meno tasse in cambio di case

Sconsigli per gli acquisti: vellutata di melanzane Knorr

Da bravo single dagli orari infami, mi riduco spesso a usare il microonde, e le zuppe preconfezionate le ho provate quasi tutte.
La scorsa settimana c’era una novità Knorr: la “vellutata di melanzane”.

Colpa mia, dovevo leggere il “con pomodori e formaggio” che c’è scritto, un po’ più piccolino ma non illeggibile, sotto il nome.
Per farla breve: sembra di avere un piatto di pizzette Catarì, liquide.

martedì 6 aprile 2010

Il Paese dei detenuti in attesa di confessione

Procedura penale? Da Scaglia a Frisullo, passando per la mamma di Genova accusata di aver ucciso il figlio, la cronaca offre storie clamorose di detenuti senza condanna. Altre si svolgono nell'ombra dell'anonimato. Uno scandalo tutto italiano. E tra tante ipotesi di riforma della giustizia, nessuna sfiora il tema.
C’è un volto della giustizia italiana che fa paura. È quello rivelato dalla pratica costante della carcerazione preventiva che chiude negli istituti penitenziari innocenti e probabili colpevoli prima ancora di un processo e di una sentenza. Sono migliaia in Italia i detenuti in attesa di giudizio, aspettando in celle affollate che la magistratura compia, con tempi lunghissimi, il suo lavoro.
Qualche volta la cronaca si imbatte in casi clamorosi. È accaduto tempo fa al padre dei fratellini di Gravina sbattuto in galera con l’accusa di aver ucciso i suoi figli e di aver nascosto i loro corpi che poi sono stati trovati vicino casa, precipitati senza violenza da un edificio diroccato. È accaduto all’ex presidente della regione Abruzzo chiuso in un regime carcerario odioso e che a tutt’oggi non sa ancora di quali colpe è stato accusato malgrado la sua vicenda abbia provocato un vero e proprio terremoto politico con le sue dimissioni, l’anticipo delle elezioni e la vittoria della parte a lui avversa. Non ci sono solo storie di ieri, ne vogliamo raccontare almeno tre che invece sono più recenti e alcune ancora in corso.
Meno di venti giorni fa lo stesso destino del padre dei fratellini di Gravina è toccato a Katerina Mathas, una giovane donna di Genova accusata di aver ucciso con la complicità del fidanzato suo figlio con terribili sevizie. La Mathas si è fatta sedici giorni di carcerazione preventiva, è stata indicata dai media come una terribile infanticida e poi sia il pm sia il gip l’hanno scarcerata perché non c’erano prove a sorreggere l’accusa. Ma nelle carceri italiane ci sono anche, fra gli altri, due detenuti eccellenti, di quelli che per aver ricoperto posizioni di potere e per l’odiosità delle colpe addebitategli vengono considerati dalla pubblica opinione come colpevoli prima che un tribunale ne accerti la responsabilità.
Uno è Silvio Scaglia l’ex amministratore delegato di Fastweb accusato con altri di una maxi-truffa e inseguito da un mandato di cattura internazionale. A fine febbraio Scaglia torna in Italia e viene rinchiuso a Rebibbia, quindi nei suoi confronti non potrebbe valere il sospetto di aver cercato la fuga visto che era nelle Antille e ha scelto spontaneamente di consegnarsi ai suoi giudici. Scaglia per di più si dimette dal consiglio di amministrazione di Fastweb quindi non è più in grado di svolgere attività che possano manipolare le eventuali prove a suo carico. Eppure da fine febbraio è in carcere come un delinquente comune senza che alcun tribunale abbia finora accertato la sua colpevolezza. Probabilmente viene sospettato di non aver rivelato tutto quello che sa, il che conferma che in Italia la carcerazione preventiva è la risorsa estrema dei magistrati per ottenere quella che non è più da secoli considerata in diritto la “prova regina”, cioè la confessione.
L’altro personaggio pubblico che ha passato Pasqua in galera è Sandro Frisullo, ex leader del Pd pugliese nonchè ex vicepresidente della Giunta Vendola. Frisullo si è allontanato da ogni attività politica e amministrativa all’indomani delle accuse formulate contro di lui. Ha ammesso la sua frequentazione con Tarantini e di aver goduto dei favori sessuali di alcune escort amiche del faccendiere pugliese. Ma Tarantini ha dichiarato di aver dato anche soldi, una tangente in cambio di favori. Frisullo invece nega che ciò sia mai accaduto. L’ex esponente del Pd pugliese è in carcere malgrado sia notoriamente una persona mal messa fisicamente che in carcere non può curare le numerose malattie di cui soffre. Eppure anche per lui non ci sono state pietà e equità. Finchè non confessa sarà detenuto.
Una politica che si rispetti e una magistratura efficiente dovrebbero aprire di comune accordo il dossier sulle carcerazioni preventive. Il carcere è il luogo terribile e giusto per imputati considerati colpevoli e a cui è stata comminata una pena rapportata alla gravità del reato. Il carcere dovrebbe essere escluso, invece, quando si sia ancora nella fase istruttoria e il cittadino va considerato, fino a prova contraria, innocente.
Non a caso lo stesso codice disciplina in modo severo le ipotesi di carcerazione preventiva. Invece nella realtà il carcere viene utilizzato come strumento estremo di pressione sull’indagato per costringerlo a confessare il reato di cui è accusato. Spesso il tempo della carcerazione si rivela non solo ingiusto in sé ma insopportabilmente lungo anche rispetto alla violazione della legalità ipotizzata. Accade che l’onere della prova non spetti più a chi accusa ma a chi è costretto a difendersi. Può accadere, ed è accaduto, che persone non in grado di reggere la condizione carceraria si siano auto-accusate per cercare di tornar libere.
Siamo di fronte a casi di violenza giudiziaria che dovrebbero far riflettere. Innanzitutto il governo. Sono anni che siamo sommersi da leggi e leggine che cercano la salvaguardia per il premier e per i suoi sodali, ma nulla si é fatto sullo scandalo della carcerazione preventiva. La stessa opposizione, così sensibile ai richiami giustizialisti, non si rende conto che limitare i casi di carcerazione preventiva non significa indebolire la magistratura ma applicare norme elementari di diritto. Se vogliamo parlare di riforma della giustizia partiamo da qui e non dalle intercettazioni.

Peppino Caldarola per il Riformista

La Lega Nord in Sardegna: se non è una bufala è, comunque, una stupidaggine

Su Polisblog appare la notizia dello sbarco della Lega Nord in Sardegna.Da sardo, so che i sardi non si considerano né parte del sud né del centro Italia, ma sardi, appunto, un’entità a sé stante, cosa “diversa”, tanto da chiamare il resto del Paese “il continente”.
La Sardegna ha, e lo si sa, una radicata cultura autonomista: sono decenni che in Sardegna ci sono movimenti politici autonomisti, sicché – astrattamente – si tratterebbe di un “mercato di espansione” pronto per la Lega.
Il punto è che, appunto, la Sardegna ha una cultura autonomista originale, e la Lega vi esporterebbe un mero rebranding, un prodotto “forestiero”, che paradossalmente sarebbe vissuto come “centralista”.
Insomma, di tutti i mercati politici, la Sardegna mi pare quello con “barriere all’importazione” più alte: la Lega potrà comodamente espandersi nel resto dell’Italia, ma credo che la Sardegna (così come il Regno delle Due Sicilie) sarà l’ultima a capitolare…