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venerdì 13 maggio 2016

Unioni civili, rispetto per la legge e sindaci cialtroni

Dunque, non ha fatto in tempo ad asciugarsi l’inchiostro della notizia dell’approvazione della legge sulle unioni civili che già s’odono le voci di sindaci difensori della famiglia tradizionale che dichiarano la propria indisponibilità a celebrare il rito.

Chiaramente, non è una cosa seria: stanno solo facendo le Giovanna d'Arco pronte al rogo... con il solito culo degli altri.
Basta chiedersi quanti matrimoni celebra DAVVERO un sindaco, quante volte abbiamo visto il sindaco dietro il tavolo con la fascia, per capire che in realtà il compito è solo formalmente svolto dal capo dell’amministrazione locale e che i matrimoni da lui celebrati sono pochissimi, giusto quelli di amici e colleghi di partito.
Tutti i giorni invece i matrimoni sono celebrati a turno da assessori e consiglieri comunali, e nulla impedisce che un qualunque pubblico ufficiale indossi validamente la fascia tricolore su delega del sindaco.
Ed ecco quindi che l’ennesima buffonata si consuma: i sindaci urlano “io non celebro!” per appagare il popolino… lasceranno che a certificare di fronte alla legge l’avvenuta unione sia qualcun altro più intelligente.
Cialtroni.

domenica 7 novembre 2010

Aveva ragione Ciarrapico

Tutti l'hanno attaccato, ma il senatore Ciarrapico aveva ragione a suggerire a Fini di tornare a mettersi la Kippah, perché quella è l'unità di misura della serietà delle parole e delle convinzioni del nuovo idolo della sinistra e dei salotti bene. 


L'uomo per cui "Mussolini è stato il più grande statista del secolo", e che poi, senza fare una piega s'è messo a pontificare sul "fascismo male assoluto".   
Il cognato di Monte-Carlo e il legalitario in terra umbra.  
Il ministro della legge sull'immigrazione firmata con Bossi, e l'internazionalista che parla di nuovi cittadini. 
Il delfino di Almirante che voleva la repubblica presidenziale, e il deputatucolo che vuole la "discontinuità".
Voleva fare la "grande riforma", lui, e oggi parla come un Follini qualunque, evocando il tristo rituale della "verifica", con la quale i democristiani avevano frantumato i coglioni alla Nazione (altra parola che sono sicuro tra poco espungerà dal proprio vocabolario, in favore di qualcos'altro) già oltre trent'anni fa. 


Doveva essere il leader della destra moderna, capace di trasformare il centro destra nel polo di trasformazione di questo Paese verso la modernità: riforma istituzionale, alternanza fondata sulla legittimazione elettorale, moralità politica intesa come rispetto delle promesse con le quali ci si è presentati agli elettori.   
S'è mostrato l'ennesimo quadro di partito di seconda fila, beneficato dal cataclisma di inizio anni '90, occupato solo a perpetuare il sistema di potere di cui era figlio, proprio lui che in teoria non avrebbe dovuto conoscerlo, essendone stato fuori grazie al cosiddetto "arco costituzionale".  
Uno dal quale non comprare neppure la classica auto usata, perché la sua parola e le sue idee durano meno del latte fresco non pastorizzato: l'ennesimo parolaio


A un figuro del genere non si può che dire, assieme a Ciarrapico: "va a metterti la kippah… finché sarà di moda, in attesa di trovare una kefiah in tinta con le tue cravatte".