lunedì 10 agosto 2009

più famiglia per tutti: una lezione di diritti civili e diritto costituzionale da Venezia

Questo blog sostiene il diritto di qualunque adulto a sposarsi con qualunque altro adulto condivida questa folle intenzione. Senza doverne rendere conto a monsignore. Per questo, la motivazione dell'ordinanza con cui il tribunale di Venezia ha disposto il rinvio della questione di legittimità alla Corte Costituzionale, per accertare il diritto di due nostri concittadini dello stesso sesso a sposarsi, mi pare importante.
Inoltre mi pare una decisione ben motivata.
Inutile dire che spero che Nostro Signore illumini i giudici costituzionali, e che questi facciano ciò che il nostro Parlamento non ha il coraggio di fare...


Nel nostro sistema il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è né previsto, né vietato espressamente. È certo tuttavia che né il legislatore del 1942, né quello riformatore del 1975 si sono posti la questione del matrimonio omosessuale, all'epoca ancora non dibattuta, almeno nel nostro Paese. [...]

D'altra parte, non si può ignorare il rapido trasformarsi della società e dei costumi avvenuto negli ultimi decenni, nel corso dei quali si è assistito al superamento del monopolio detenuto dal modello di famiglia normale, tradizionale e al contestuale sorgere spontaneo di forme diverse, seppur minoritarie, di convivenza, che chiedono protezione, si ispirano al modello tradizionale e come quello mirano ad essere considerate e disciplinate. [...]

Il primo riferimento costituzionale con il quale confrontarsi, suggerito anche dai ricorrenti, è sicuramente quello di cui all' art. 2 della Costituzione, nella parte in cui riconosce i diritti inviolabili dell'uomo (diritti già proclamati dalla Costituzione ovvero individuati dalla Corte Costituzionale) non solo nella sua sfera individuale ma anche, e forse soprattutto, nella sua sfera sociale, ossia, secondo la formula della norma, "nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità", fra le quali indiscutibilmente la famiglia deve essere considerata la prima e fondamentale espressione. La famiglia è infatti la formazione sociale primaria nella quale si esplica la personalità dell'individuo e nella quale vengono quindi tutelati i suoi diritti inviolabili, conferendogli uno status (quello di persona coniugata) che assurge a segno caratteristico all'interno della società e che conferisce un insieme di diritti e di doveri del tutto peculiari e non sostituibili tramite l'esercizio dell'autonomia negoziale. [...]

La libertà di sposarsi (o di non sposarsi) e di scegliere il coniuge autonomamente riguarda la sfera dell'autonomia e dell'individualità ed è quindi una scelta sulla quale lo Stato non può interferire, a meno che non vi siano interessi prevalenti incompatibili; ora, nell'ipotesi in cui una persona intenda contrarre matrimonio con altra persona dello stesso sesso il Tribunale non individua alcun pericolo di lesione ad interessi pubblici o privati di rilevanza costituzionale, quali potrebbero essere la sicurezza o la salute pubblica .

L'unico importante diritto con il quale potrebbe eventualmente ipotizzarsi un contrasto è quello dei figli di crescere in un ambiente familiare idoneo, diritto che corrisponde anche ad un indiscutibile interesse sociale. È chiaro tuttavia che tale interesse potrebbe incidere esclusivamente sul diritto delle coppie omosessuali coniugate di avere figli adottivi, diritto che è distinto, e non necessariamente connesso, rispetto a quello di contrarre matrimonio, tanto che alcuni ordinamenti stranieri, come si specificherà più avanti, pur introducendo il matrimonio tra omosessuali, hanno espressamente escluso il diritto di adozione; in ogni caso, nell'attuale ordinamento italiano ogni adozione di minorenni presuppone la valutazione di idoneità affettiva e di capacità genitoriale della coppia (si veda l'art. 6.2 della L. 184/1983), evidentemente funzionale alla valutazione dell'interesse del minore adottando, essendo così esclusa ogni automaticità tra il matrimonio, la richiesta di adozione e la decisione del Tribunale per i minorenni.

Il secondo parametro di riferimento da prendere in esame, strettamente connesso al precedente, è quello di cui all' art. 3 della Costituzione, che vieta ogni discriminazione irragionevole, conferendo a tutti i cittadini "...pari dignità sociale, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali", impegnando lo Stato a "...rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitano di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana..." Essendo, per quanto sopra rilevato, il diritto di contrarre matrimonio un momento essenziale di espressione della dignità umana, si ritiene che esso debba essere garantito a tutti, senza discriminazioni derivanti dal sesso o dalle condizioni personali (quali l'orientamento sessuale), con conseguente obbligo dello Stato d'intervenire in caso di impedimenti all'esercizio.

Ne consegue che se lo scopo del principio di cui all'art. 3 della Costituzione è vietare irragionevoli disparità di trattamento, la norma - implicita nel nostro sistema - che esclude gli omosessuali dal diritto di contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso, così seguendo il proprio orientamento sessuale (né patologico, né illegale), non abbia alcuna giustificazione razionale, soprattutto se raffrontata con l'analoga situazione delle persone transessuali, che, ottenuta la rettificazione di attribuzione di sesso in applicazione della l. 14-4-1982 n° 164 possono contrarre matrimonio con persone del proprio sesso di nascita. [...]

Invero la legge n. 164 del 1982 ha profondamente mutato i connotati dell'istituto del matrimonio civile consentendone la celebrazione tra soggetti dello stesso sesso biologico ed incapaci di procreare, valorizzando così l'orientamento psicosessuale della persona. Con riferimento all'assetto normativo sistematico delineato l'identità di sesso biologico non può essere legittimamente invocata per escludere gli omosessuali dal matrimonio. Se è vero, infatti, che fattore meritevole di tutela è l'orientamento psicosessuale della persona, non appare in alcun modo giustificata la discriminazione tra coloro che hanno naturale orientamento psichico che li spinge ad una unione omosessuale. [...]

D'altro canto, le opinioni contrarie al riconoscimento alla libertà matrimoniale tra persone dello stesso sesso, fatte proprie dall'Avvocatura dello Stato resistente, per giustificare la disparità di trattamento invocano ragioni etiche, legate alla tradizione o alla natura. Si deve tuttavia obiettare che tali argomenti non sono idonei a soddisfare il rigore argomentativo richiesto dal giudizio di legittimità, non solo perché, come si è già messo in luce, i costumi familiari si sono radicalmente trasformati, ma soprattutto perché si tratta di tesi alquanto pericolose quando si discute di diritti fondamentali, posto che l'etica e la natura sono state troppo spesso utilizzate per difendere gravi discriminazioni poi riconosciute illegittime; si pensi alla disuguaglianza tra i coniugi nel diritto matrimoniale italiano preriforma e al divieto delle donne di svolgere alcune professioni, entrambi fondati sulla convinzione che le donne fossero naturalmente più deboli; ancora, nell'esperienza anche attuale di altri Paesi, vanno ricordati il divieto di contrarre matrimoni interrazziali o interreligiosi e la punizione di atti sessuali tra omosessuali anche se privati, giustificati con la contrarietà all'etica, alla tradizione o addirittura alla religione. [...]

Un'ulteriore giustificazione per negare il matrimonio omosessuale è spesso individuata nel disposto dell'art. 29, 1° comma della Costituzione, laddove si afferma che la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come "società naturale fondata sul matrimonio", essendosi ritenuto che con tale espressione si sia inteso tutelare il solo nucleo legittimo di carattere tradizionale, ossia l'unione di un uomo ed una donna suggellata dal vincolo giuridico del matrimonio.

In realtà, il significato di tale espressione non è quello di riconoscere il fondamento della famiglia in un non meglio definito "diritto naturale", quanto piuttosto di affermare la preesistenza e l'autonomia della famiglia - come comunità originaria e pregiuridica -, dallo Stato, così imponendo dei limiti al potere del legislatore statale. [...] I Costituenti intesero marcare il confine tra autonomia familiare e sovranità statale, circoscrivendo i poteri del futuro legislatore in ordine alla sua regolamentazione. Regolamentazione che è tuttavia consentita, rectius imposta, ai sensi del 2° comma dell'art. 29 Cost. e di quelli immediatamente seguenti, solo quando si rende necessario un intervento statale atto a garantire i valori, questi sì costituzionalizzati, dell'eguaglianza tra coniugi, dell'unità familiare, del mantenimento, istruzione ed educazione dei figli.

Il fatto che la tutela della tradizione non rientri nelle finalità dell'art. 29 Cost. e che famiglia e matrimonio si presentino come istituti di carattere aperto alle trasformazioni che necessariamente si verificano nella storia, è poi indubitabilmente dimostrato dall'evoluzione che ha interessato la loro disciplina dal 1948 ad oggi. [...]

Le considerazioni che precedono sul significato dell'espressione "società naturale" e sull'estraneità della tutela del "matrimonio tradizionale" alle finalità dell'art. 29 Cost. portano a ritenere prive di fondamento quelle tesi che giustificano l'implicito divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso ricorrendo ad argomenti correlati alla capacità procreativa della coppia ed alla tutela della procreazione. Al riguardo sarebbe, peraltro, sufficiente sottolineare come né la Costituzione, né il diritto civile prevedano la capacità di avere figli come condizione per contrarre matrimonio, ovvero l'assenza di tale capacità come condizione di invalidità o causa di scioglimento del matrimonio, essendo matrimonio e filiazione istituti nettamente distinti. [...]

Ulteriore riferimento costituzionale che rileva nella questione in esame è [...] quello di cui all'art. 117, 1° comma Cost., che vincola il legislatore al rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali. Vengono in rilievo al riguardo, quali norme interposte, innanzitutto gli artt. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), 12 (diritto al matrimonio) e 14(divieto di discriminazione) della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà Fondamentali. [...] Non si devono dimenticare in quest'ambito nemmeno gli atti delle Istituzioni Europee che da tempo invitano gli Stati a rimuovere gli ostacoli che si frappongono al matrimonio di coppie omosessuali ovvero al riconoscimento di istituti giuridici equivalenti, atti che rappresentano, indipendentemente dal loro valore giuridico, la presa di posizione a favore del riconoscimento del diritto al matrimonio, o comunque, in termini più generali, alla unificazione legislativa, nell'ambito degli Stati membri, della disciplina dettata per la famiglia legittima da estendersi alle unioni omosessuali. [...]

Infine, si deve prendere atto di come, in linea con tali risoluzioni del Parlamento Europeo e a conferma degli ormai consolidati mutamenti dei modelli e dei costumi familiari, nel diritto di molte nazioni di civiltà giuridica affine alla nostra, si stia delineando una nozione di relazioni familiari tale da includere le coppie omosessuali. In Olanda (l. 1/4/2001), Belgio (l. 1/6/2003) e Spagna (l. 30/6/2005) è stato rimosso tout court il divieto di sposare una persona dello stesso sesso; altri Paesi prevedono un istituto riservato alle unioni omosessuali (ci si riferisce alle Lebenspartnerschaft tedesche e alle registered partnership inglesi) con disciplina analoga a quella del matrimonio, o al quale è stata semplicemente estesa la disciplina matrimoniale, con l'esclusione, talvolta, delle disposizioni inerenti la potestà sui figli e l'adozione (Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia, Islanda). Fra i Paesi che ancora non hanno introdotto il matrimonio o forme di tutela paramatrimoniali, molti comunque prevedono forme di registrazione pubblica delle famiglie di fatto, comprese quelle omosessuali (Francia, Lussemburgo, Repubblica Ceca).

È sulla base di tutte le considerazioni esposte che il Tribunale è giunto al convincimento della non manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale, pur parzialmente modificando i parametri di riferimento rispetto a quelli indicati dai ricorrenti, delle norme di cui agli artt. 107, 108, 143, 143 bis, 156 bis e 231 c.c. laddove, sistematicamente interpretate, non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso. [...]

Questo è un ampio stralcio della motivazione dell'Ordinanza del 3 aprile 2009 con la quale il Tribunale di Venezia III° sezione civile ha rinviato alla Corte Costituzionale il "caso" sui matrimoni tra persone dello stesso sesso.

Il testo completo aggiunge non pareri ma esempi e interpretazioni consolidate di norme e codici nazionali e sovranazionali che avvalorano non solo le tesi di chi sostiene l'esigenza e la piena legittimità della richiesta di parificazione tra coppie composte da persone dello stesso sesso e coppie eterosessuali sposate ma l'esigenza di provvedere al più presto alla rimozione di "ingiustificate discriminazioni" da parte del legislatore.

Una vera e propria lezione di diritto.



questo eccellente post è di queerway.

2 commenti:

mi raccomando: comportati bene, o sono bastonate!
(ebbene sì, sono tornati i captcha o come accidenti si chiamano; purtroppo ho dovuto metterli per bloccare una nuova ondata di spammer a luci rosse)