venerdì 28 agosto 2009

Altro che perdonanza e pentimento. È iniziata l’ora della vendetta, e la merda, dal ventilatore, raggiunge oramai tutti quanti.

Aveva ragione Dagospia, l’arrivo di Feltri al Giornale era funzionale a una stagione di bombardamenti senza quartiere sul nemico.
In meno di una settimana, il quotidiano di via Negri ha cotto e servito De Benedetti, la Fiat, e ora sta passando ai vescovi.
Io provo imbarazzo e spavento, quando vedo tirata in ballo la vita privata dei singoli, ma questo vale per tutti.
E la mia difesa dell’altrui diritto alle proprie miserie si ferma di fronte alle condotte ipocrite di chi, conoscendo la propria trave, addita la pagliuzza nell’occhio dell’altro.

Così, pur umanamente vicino al povero direttore de l’Avvenire, non posso che dire che se l’è cercata: Quando si chiede purezza al prossimo, bisogna avere una storia più immacolata di una camicia lavata col Vanish.

Boffo, il supercensore
condannato per molestie

«Articolo 660 del Codice penale, molestia alle persone. Condanna originata da più comportamenti posti in essere dal dottor Dino Boffo dall’ottobre del 2001 al gennaio 2002, mese quest’ultimo nel quale, a seguito di intercettazioni telefoniche disposte dall’autorità giudiziaria, si è constatato il reato».
Comincia così la nota informativa che accompagna e spiega il rinvio a giudizio del grande moralizzatore, alias il direttore del quotidiano Avvenire, disposto dal Gip del Tribunale di Terni il 9 agosto del 2004.


Copia di questi documenti da ieri è al sicuro in uno dei nostri cassetti e per questo motivo, visto che le prove in nostro possesso sono chiare, solide e inequivocabili, abbiamo deciso di divulgare la notizia.
A onor del vero, questa storia della non proprio specchiata moralità del direttore del quotidiano cattolico, circolava, o meglio era circolata a suo tempo, per le redazioni dei giornali.
Dove si chiacchiera, anche troppo, per tirar tardi la sera. C’è chi aveva orecchiato, chi aveva intuito, chi credeva di sapere.


Ma le chiacchiere non bastano a crocefiggere una persona.
O meglio bastano, sono bastate, solo nel caso di due persone: Gesù Cristo per certi suoi miracoli e, più recentemente, Silvio Berlusconi per certi suoi giri di valzer con signore per la verità molto disponibili.

Ma torniamo alle tentazioni, in cui è ripetutamente caduto Dino Boffo e atteniamoci rigorosamente ai fatti, così come riportati nell’informativa: «...Il Boffo - si legge - è stato a suo tempo querelato da una signora di Terni destinataria di telefonate sconce e offensive e di pedinamenti volti a intimidirla, onde lasciasse libero il marito con il quale il Boffo, noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni, aveva una relazione. Rinviato a giudizio il Boffo chiedeva il patteggiamento e, in data 7 settembre del 2004, pagava un’ammenda di 516 euro, alternativa ai sei mesi di reclusione. Precedentemente il Boffo aveva tacitato con un notevole risarcimento finanziario la parte offesa che, per questo motivo, aveva ritirato la querela...».

Dino Boffo, 57 anni appena compiuti, è persona molto impegnata. O, come si dice quando si pesca nelle frasi fatte, vanta un curriculum di rispetto. È direttore di Avvenire da quindici anni, direttore e responsabile dei servizi giornalistici di Sat 2000, il network radio-televisivo via satellite dei cattolici italiani nel mondo, nonché membro del comitato permanente dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, che detta le linee guida delle Università Cattolica del Sacro Cuore.
Acuto osservatore della vita politica italiana e delle vicende che segnano il mutamento dei tempi e dei costumi, recentemente, in più d’una occasione, Boffo si è sentito in obbligo, rispondendo alle pressanti domande dei suoi smarriti lettori, di esprimere giudizi severi sul comportamento del presidente del Consiglio.
E, turbato proprio da quel comportamento, è arrivato a parlare di «disagio» e di «desolazione». Persino, e dal suo punto di vista è assolutamente comprensibile, di «sofferenza». Quella sofferenza, per citare testualmente quanto ha scritto ancora pochi giorni fa, sul giornale che dirige «che la tracotante messa in mora di uno stile sobrio ci ha causato». Questa riflessione l’ha portato a esprimere, di conseguenza, più e più volte il suo desiderio più fervido, ovvero il «desiderio irrinunciabile che i nostri politici siano sempre all’altezza del loro ruolo».

Nell’informativa, si legge ancora che della vicenda, o meglio del reato che ha commesso e delle debolezze ricorrenti di cui soffre e ha sofferto il direttore Boffo, «sono indubbiamente a conoscenza il cardinale Camillo Ruini, il cardinale Dionigi Tettamanzi e monsignor Giuseppe Betori».
I primi due non hanno bisogno di presentazione, l’ultimo, per la cronaca, è l’arcivescovo di Firenze.
Si dice che le voci corrono. Ma, alla fine, su qualche scrivania si fermano.

il Giornale

Per inciso: al di là del disgustoso italiano con il quale scrivono i nostri Carabinieri, c'è una cosa che non ho capito: Boffo era "attenzionato" perché uso a molestare i mariti o perché omosessuale?

2 commenti:

  1. Il Giornale insomma la butta sul "Così fan tutti"?

    (perchè non togli la pparola di verifica dai commenti?)

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  2. che ti devo dire, più che altro "senti chi parla"...

    ho provato a togliere la verifica dai commenti, vediamo quanto ci mettono gli spammer a ritornare :-(

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mi raccomando: comportati bene, o sono bastonate!
(ebbene sì, sono tornati i captcha o come accidenti si chiamano; purtroppo ho dovuto metterli per bloccare una nuova ondata di spammer a luci rosse)