lunedì 17 agosto 2009

Ferragosto carcerario

Sollecitati dai radicali, 150 parlamentari sono andati in giro per le carceri italiane.
Mi sfugge la simbologia ferragostana, dato che il lavoro ispettivo dovrebbe essere fatto tutto l’anno ed a sorpresa.
Il problema, comunque, è solo marginalmente nelle celle. Si trova in Parlamento. A volere essere volenterosi, quindi, si dovrebbero evitare ferie infantilmente lunghe e far funzionare decentemente il potere legislativo.

Le carceri, infatti, sono sovraffollate, ci siamo beccati, come italiani, anche una condanna europea per trattamenti disumani (e se, com’è giusto, anche gli altri detenuti la prenderanno ad esempio, nei prossimi anni pioveranno a centinaia), ma il dato più drammatico consiste nel fatto che più della metà dei detenuti è in attesa di giudizio.

Morale: le celle fanno pena, ma la giustizia è in condizioni di gran lunga peggiori.
Fin quando la politica si occuperà della giustizia solo per strumentalizzare le indagini che riguardano gli avversari e tutelarsi da quelle che entrano in casa propria, a questo disastro non si porrà rimedio.

Posto che i detenuti sono, in maggioranza, cittadini presunti innocenti, moltissimi destinati a restare tali, è singolare che la gran parte di quelli condannati debba ancora scontare una pena inferiore a tre anni.

Ciò significa che riformando i tempi della giustizia (a proposito: i magistrati hanno ferie più lunghe dei parlamentari, ed è una bella gara!) e rendendo obbligatori i termini temporali che procure, tribunali e corti devono rispettare, si riuscirebbe non solo ad avere maggiore certezza del diritto, ma anche condizioni meno disumane nello scontare l’eventuale pena.

Finito il giro carcerario, pertanto, i signori parlamentari sono pregati di non tornare indietro sostenendo che servono più soldi e più celle, giacché in quel modo non si farebbe che fornire un alibi ad un sistema giudiziario in coma.

Servono più diritto, più diritti, più giustizia, più lucidità nell’impostare riforme profonde, che non siano l’eterno rincorrere le emergenze. Serve maggiore autonomia del legislativo dal ricatto del giudiziario, e la totale estraneità del giudicante rispetto a chi sostiene l’accusa. Serve coraggio e determinazione.
Le buone parole di metà agosto, invece, sono inutili, ed aumentano la sgradevole sensazione d’appiccicaticcio.

5 commenti:

  1. Vedo che Giacalone dimentica che bisogna mantenere l'autonomia del potere giudiziario (compresa l'accusa) dall'esecutivo.

    O forse non se n'è dimenticato.

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  2. Mamma mia che acido.
    Nulla c'entra, figurati. Si parlava di frullati di pesca, e io metto in mezzo discorsi sulle possibili riforme del sistema giudiziario.

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  3. il caldo mi rende poco incline a essere comprensivo, ma, complice un efficace sistema di condizionamento di cui in questo momento godo ti riformulo la domanda: "cosa cazzo c'entra?".
    I problemi posti da Giacalone sono minimamente spostati o resi meno gravi dalla sacralità dell'autonomia dell'ordine (non potere, almeno secondo la costituzione) giudiziario?

    In nome dell'autonomia, i nostri magistrati se la cantano e se la ballano, pretendono di fare i controllori senza controlli e se le leggi non gli vanno bene si inventano ciò che gli è più comodo, tanto loro sono gli unici sotto il sole della Repubblica a non dover rendere conto a nessuno, ma è inutile ripetere questa storia, tanto...

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  4. Mah, io ho solo notato che Giacalone esamina tutti gli aspetti d'indipendenza tranne quello della magistratura.

    Honni soit qui mal y pense, ma come diceva uno che di queste cose se ne intende, a pensar male si fa peccato ma s'indovina.

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mi raccomando: comportati bene, o sono bastonate!
(ebbene sì, sono tornati i captcha o come accidenti si chiamano; purtroppo ho dovuto metterli per bloccare una nuova ondata di spammer a luci rosse)