Le cose che seguono sono adatte solo a lettori con lo stomaco forte, resistenti alla depressione e capaci di dominare la rabbia. Una storia come questa, che riguarda il carabiniere Carmelo Canale, grida vendetta. Quanto meno ci obbliga alla memoria, che è scandalosa. Un uomo onesto può anche essere assolto (sono appena state depositate le motivazioni del secondo grado), ma quando tutto il male possibile è già stato fatto, quando la collettività è già stata condannata.
Canale è imputato di mafia. La sua vicenda processuale comincia nel 1996. Il 4 marzo del 1995 suo cognato, il maresciallo Antonino Lombardo, si era suicidato, nel cortile della caserma di Capaci, dopo che Leoluca Orlando Cascio lo aveva accusato di mafia, nel corso di una trasmissione televisiva condotta da Michele Santoro. Il vero scopo di quell’attacco consisteva nell’impedire a Lombardo di andare a prelevare, negli Stati Uniti, il mafioso Tano Badalamenti, che prometteva di smontare le accuse rese, de relato (per sentito dire), da Tommaso Buscetta contro Giulio Andreotti. Lombardo finì sfigurato in televisione e con pesanti minacce mafiose che lambivano la famiglia, così mise al sicuro i propri cari, non attese che altri lo uccidessero e provvide da solo. Canale fu chiarissimo: lo hanno ammazzato. Non gliela perdonarono, così anche lui finì nel tritacarne.
Fu accusato prima di concorso esterno in associazione mafiosa. Poi, fra il primo ed il secondo grado, di essere direttamente affiliato alla mafia, curandone gli interessi. C’è un dettaglio: egli era il “braccio destro” di Paolo Borsellino, come si legge nella sentenza, che lo chiamava “fratello”. L’accusa, fra le altre cose, utilizza questo rapporto per affermare che gli consentiva di avere anticipato accesso alle inchieste, che poi rivendeva ai mafiosi. Già, però questo poteva avvenire solo in uno di questi due casi: a. che Borsellino fosse connivente; b. che fosse del tutto cretino. Ma è un dettaglio che si sono gettati alle spalle. Quel che contava era far tacere Canale, e ci sono riusciti. Quelli della procura, intendo. Ora uno dei procuratori ha anche fatto carriera politica, è assessore regionale. Chissà non sia una delle voci pronte a spiegare in che consiste la “questione meridionale”. Siamo tutt’orecchi.
Il 15 novembre 2004, otto anni dopo le prime accuse, Canale è assolto in primo grado, perché il fatto non sussiste. Il 17 luglio 2008, dodici anni dopo, è assolto in secondo grado. La corte fissa in novanta giorni (come prevede la legge) i termini per il deposito delle motivazioni, che, però, arrivano solo in questo agosto 2009. Tredici anni dopo. Con ogni probabilità la procura ricorrerà in cassazione. Tanto a loro non costa, e perdere tempo è già un successo. Già, perché con la carriera bloccata, essendo imputato, Canale è stato posto a riposo. Con lui riposa la nostra sete di giustizia.
La lettura delle 126 pagine, che motivano la conferma dell’assoluzione, perché il fatto non sussiste, è tanto istruttiva quanto impressionante. I giudici premettono una lunga disamina su come devono essere utilizzate le dichiarazioni dei collaboranti, volgarmente ed imprecisamente detti “pentiti”. In pratica: non basta che dicano cose coerenti, non basta che si confermino fra di loro, ci vuole anche un riscontro, qualche cosa che somigli ad una prova. E qui non ce n’è neanche mezza. Lo dice il tribunale di primo grado, lo conferma, spesso con le stesse parole, quello di appello. Più sonora ed umiliante bocciatura delle accuse è difficile immaginare.
I pentiti che accusano Canale sono tanti, alcuni di alto rango, nella scala dei disonorati, come Siino e Brusca (quello che uccise Falcone, che fece strangolare e sciogliere nell’acido un bambino, quello che volò in aereo con Violante e gli ricordò gli accordi presi). I giudici di secondo grado lavorano di fino: il fatto che questi collaboranti siano credibili, che abbiano detto altre cose vere, non significa che si debba credere loro qualsiasi cosa dicono, ma, al tempo stesso, il fatto che oggi non si creda loro non fa perdere loro credibilità. Un colpo al cerchio ed uno alla botte. Ma siano sicuri?
Questi disonorati sono giunti al punto di voler dimostrare la corruttibilità di Canale affermando che chiese molti soldi per curare la figlia, gravemente malata e poi scomparsa (ed hanno sostenuto pure che chiese soldi per la tomba), salvo il fatto che la data della presunta corruzione precede di dieci anni la comparsa dei sintomi mortali. Basta questo, per capire che stanno lavorando di fantasia. Tralascio le mille altre ragioni d’innocenza, tralascio gli scrupolosi approfondimenti patrimoniali, che non trovano una sola lira fuori posto, così come la dimostrazioni che quelle cure, purtroppo inutili, furono anticipate dal servizio sanitario nazionale e che Canale ebbe l’aiuto di un vero amico, Borsellino. Tralascio tutto, ma la domanda è: perché una manica d’assassini, vergogna di tutti i siciliani, si sveglia una mattina e decide di accusare Canale? E perché si svegliano solo quando Canale denuncia le modalità della morte del cognato? E’ una troppo imbarazzante coincidenza con gli interessi della (falsa) antimafia militante. Non può essere taciuta.
So, per esperienza diretta, che nessuno accetta di parlare pubblicamente con Carmelo Canale. Orlando Cascio è stato invitato a pubblici dibattiti, ma si rifiuta. Lui, che parla anche quando dorme, in questo caso si scopre riservato, silente. Vergogna. Oggi Canale è ancora imputato, ma innocente. Noi, al contrario, siamo liberi, ma colpevoli se non dicessimo che tutta la storia di quegli anni, tutta la vicenda di Falcone e Borsellino, delle loro morti, dei processi politici e dell’antimafia deve essere scritta. Con inchiostro di sangue.
leggere l'intero blog, pretty good
RispondiEliminaPerche non:)
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