sabato 30 maggio 2009

Paese che vai, Mastella che trovi…

Uno fa colazione in quella latrina a cielo aperto che è Orlando (FL) e, mentre s’intristisce sul solito muffin, vede alla CNN qualcosa di cui pensava noi italiani avessimo l’esclusiva: un politico capace di cambiare più partiti che pedalini!

Questa mattina, nell’ambito della copertura sul disastro GM, la CNN parlava di Carty Finkbeiner, sindaco di Toledo (OH, USA), che taglia l’erba dei parchi comunali di persona per risparmiare sul bilancio. Fin qui nulla di esaltante, anche perché in Piemonte c’è – se non ricordo male – un’amministrazione che ha preso ispirazione dalle avventure di zio Paperone assumendo delle capre per fare lo stesso lavoro..

Ma il fatto è un’altra caratteristica del primo cittadino in questione: proprio come un Mastella qualunque, il nostro è passato, secondo le convenienze del momento, dal partito democratico a quello repubblicano, a candidarsi come indipendente… come dire: tutto il mondo è Ceppaloni!

lunedì 25 maggio 2009

E Franceschini promise… un milione di posti di lavoro.

Un giorno, quando la mia sorellina avrà fatto almeno sette gemelli, potrò dir loro “ho visto cose che voi non potete immaginarvi” e raccontargli di quella campagna elettorale del 2009, in cui il partito dei seri, degli affidabili, di quelli che hanno a cuore le sorti dello Stato… si fece scrivere la campagna elettorale dagli spin doctor di Silvio Berlusconi.

Non c’è altra spiegazione: al botteghino si sono rivolti verso il lato oscuro della forza e questo li sta spingendo verso ogni vergogna.

Non contenti dei toni da beghina sul “caso Noemi”, pretendono pure di fare proposte politiche, e partoriscono una campagna a cui confronto il “pane e figa per tutti” dei bei tempi (© Cuore, 1993) era un capolavoro di seria attenzione alle concrete possibilità.
Guardiamo questo annuncio (che ho trovato su Dagospia, ovviamente, mica sul sito di “critica sociale”) partendo dal presupposto che, nelle prossime settimane, si svolgeranno le elezioni per il Parlamento Europeo e quelle per qualche amministrazione locale minore (comuni, province) e chiediamoci quanto assenzio si sono bevuti:

  • 1.000 treni per pendolari e nuovi bus a metano
  • Buoni trasporto per incentivare l’uso dei mezzi
  • 100.000 nuove case popolari
  • DIMEZZARE l’inquinamento per MOLTIPLICARE il lavoro
  • UN MILIONE DI POSTI DI LAVORO

Nessuna di queste proposte c’entra una fava con le prossime elezioni, mentre è chiarissimo che questa campagna ha evidenti finalità elettorali, si sparano grandezze a caso (metà, raddoppi, mille, centomila, un milione) senza chiedersi come (visto che nessuno degli organi coinvolti in queste elezioni ha competenze in merito) quando (poiché diversi di questi impegni sono di medio/lungo termine), con che soldi…

Io non so, ma un po’ senso del ridicolo?
E poi il venditore di tappeti sarebbe Al Tappone…

dalla parte di Noemi

Non ne ho parlato finora, non ne avrei proprio parlato, perché la vita privata del mio prossimo non mi interessa mai: ho la mia e mi basta.

Ma, oramai, la misura è veramente colma.
Da settimane “la parte migliore” della nostra società perde il suo tempo intorno al glande di un settantaduenne, per chiedersi (ché di questo si tratta) se s’è deliziato delle grazie di una signorina.

Mai avevo assistito a uno spettacolo sì riprovevole, fino all’ultimo illudendomi che saremmo stati all’altezza della lunga e gloriosa storia di sano buon senso di cui questa mia Patria era imbevuta.
E invece i rappresentanti dell’Italia laica e moderna passano da settimane le loro giornate a inzuppare il biscotto nelle grazie di una ragazzina, come dei bavosi maiali.

Lo schifo è tale, che questa mattina mi sono trovato pure a dover essere d’accordo con l’ex direttore di Studio Aperto! Sì, questa mattina Mario Giordano ci ricordava una cosa: che in questa ordalia, dalla quale Silvio Berlusconi uscirà comunque vincitore, la vittima predestinata è una ragazzina di appena 18 anni:
…pazienza se nel fare questo si fa a pezzi una diciottenne, la cui vita da giorni viene sottoposta a un trattamento vergognoso. Danni collaterali della battaglia gossipara: ci sono stati inviati della Rai, pagati con i soldi pubblici, che hanno passato le loro giornate a cercare di scavare nel passato della ragazza. Sono stati messi in piazza i suoi affetti, i suoi soprannomi, le sue lettere all’ex fidanzato, che ha raccontato di lei persino quante volte dormivano insieme. E la privacy? Evidentemente vale solo per qualcuno. Non per Noemi. Noemi si può massacrare, si può mettere alla berlina, si può infangare. Sinceramente mi chiedo come faccia a resistere. E poi mi chiedo perché nessuno s’indigni. Forse perché è nata a Casoria? Ma sì, in fondo quel rione popolare nei quartieri snob non piace nemmeno un po’. Nella redazione di Repubblica, figurarsi...

Hanno preso una ragazzina, un po’ stupida, innocente e perversa come milioni di altre sue coetanee, e ne hanno fatto una puttanella, additandola al pubblico ludibrio, sottintendendo che si fosse intrattenuta in chissà quali mercati con il turpe vecchio. Perché loro sono “superiori” e possono fare qualunque cosa in nome della loro privatissima etica.
Poco importa che tale etica sia solo loro, che nulla c’entri con la conduzione di uno stato, che sia più affine alla cultura dell’Afghanistan talebano o dell’Iran nazi-islamista di Ahmadinejad che non a quella europea e occidentale cui solgono richiamarsi.

Quanto a tutti quelli che si impastano la bocca con la "questione morale" e magari pensano a Bill Clinton, forse vale la pena di una rinfrescatina:

  1. in nessuna parte del mondo occidentale è mai stata messa in discussione la vita privata dei politici, salvo che quando questa minacciava la sicurezza nazionale (scandalo Profumo, GB) o si incrociava con illeciti.
  2. Bill Clinton è finito nei guai non per un rapporto orale, ma perché ha mentito - da testimone - sui suoi rapporti con la signorina Lewinsky rispondendo a un giudice federale (!) che indagava su altro, una cosa che sarebbe stata reato pure in Italia.
  3. se anche ci fosse qualcosa di poco elegante tra Silvio Berlusconi e la signorina Letizia,in Italia l'età del consenso è fissata a 16 anni: nessuno dei due ha il dovere di dire alcunché, nonostante ogni opinione difforme della stessa signora Bonino, che un tempo difendeva i diritti delle persone, e oggi attizza i roghi degli immorali dalla Annunziata.

Franceschini c’è da capirlo, è affetto dalle pruderie dei cattolici, è stato contagiato dall’odio degli ex comunisti per chi non va in giro con la loro faccia da funerale e, infine, è solo e abbandonato in mezzo al gelido mare della politica mentre vede il proprio naviglio affondare: non puoi chiedere a un naufrago altra reazione che quella di scalciare con violenza nel tentativo di trovare un tronco cui aggrapparsi.

Ma gli altri? dov’è l’Italia moderna che ghignava ai tempi di Bill Clinton? dov’è l’Italia laica che pretende che la morale privata non s’incroci con la vita pubblica? dov’è l’Italia superiore che leggeva Kant e Popper, s’abbeverava alla cultura nazionale ed europea e che ora sembra essersi abbonata a “Cronaca Vera”?

domenica 24 maggio 2009

il ritorno dei lucertoloni

I Visitatori stanno per tornare.
La ABC ha già diffuso i trailer, e sembra che la nuova serie (non un sequel, ma un remake della prima serie di tanti anni fa) sia molto promettente.




Andate a nascondere i vostri canarini, prima che se li mangi qualche alieno!

(grazie a Paolo Attivissimo, eh)

Un puntino tra le stelle...

È appena rientrato lo “Space Shuttle Atlantis” missione 125, con un piccolo brivido meteorologico, che ha portato il mattone con le ali ad atterrare in California, alla base Edwards, piuttosto che all’usuale Cape Canaveral.
Ma la cosa più interessante è questa foto, in cui mi sono imbattuto per caso poco fa:


Quella che vedete è l’immagine dello Shuttle e del telescopio Hubble ripresi mentre transitavano davanti al Sole. Bella immagine vero? Altre foto sono disponibili sul sito dell’autore.

venerdì 22 maggio 2009

Attraversamento ricci

Un amico mi ha appena inoltrato una catena e-mail a favore dell’attenzione verso i ricci, piccole creature spesso vittime della distrazione degli automobilisti.

Io ho visto qualche riccio in campagna, ma la mia politica è quella di lasciare gli animali in pace, quindi non avevo mai visto un riccio “in faccia” e sono rimasto oltremodo sorpreso: hanno un’espressione che oserei definire umana, sono veramente dei begli animali… ma è meglio che io non mi faccia sentire dai miei gatti, sennò si vendicano :-)




giovedì 21 maggio 2009

bollettino medico

Nel mio giro serale per i blog ho scoperto che il cagnolone di River è malato, anch’esso di tumore e allora mi sono accorto che è tempo che non aggiorno il blog con le notizie su Nera.

Oggi ho portato Nera di nuovo dall’oncologa, per iniziare il terzo ciclo di chemioterapia.
I primi due cicli sembrano essere stati utili: le dimensioni del linfonodo si sono dimezzate, il che fa ben sperare, e poi Nera ha ritrovato un po’ di appetito e guadagnato addirittura un etto (quando pesi 3,2 chili è come guadagnare due chili se ne pesi 65), insomma siamo abbastanza fiduciosi.

Nera però non è così soddisfatta: a lei le trasferte in auto verso lo studio dell’oncologa non fanno particolarmente piacere, anzi… fino a oggi mi sono illuso che detestasse il trasportino, invece la verità sembra essere che detesta andare dal veterinario!
Oggi, per cambiare, anziché metterla nel trasportino le ho fatto indossare una bretellina per cani “da ristorante cinese”, e ho sperimentato il viaggio in auto in questo modo.

Nera, che sarà un gatto ma non è scema, ha capito subito che le cose non quadravano e appena eravamo sul pianerottolo ha iniziato a cercare di riaprire il portoncino di casa. In macchina, con il guinzaglio legato alla maniglia della sua portiera se ne è stata tutto il tempo seduta sulla poltrona del passeggero… a miagolare disperata.
La scena mi sembrava comica: mi sentivo una specie di Mr. Magoo, mentre guidavo la microutilitaria a due posti, con a fianco un gatto che sbraitava manco fosse la suocera che ti spiega come guidare.

In ogni modo, anche per oggi è andata, Nera s’è fatta un’altra bella punturina e poi ha risalito convinta le scale di casa per tornare alla tranquilla vita di agi e di ozii che ha avuto la fortuna di incontrare.

Siamo le vergini dai candidi manti, rotte di dietro e sane davanti

Molti riconosceranno questo brano di “Ifigonia”, una tragedia goliardica in tre atti, attribuita solitamente al D’Annunzio… di tutta la poesiola, la parte che mi commuove è appunto il verso di questo titolo, perché io, scevro da ogni velleità letteraria, ci leggo il costume nazionale: quello di un Paese dove anche chi dovrebbe tacere predica la virtù.

Perché questa premessa letteraria? Perché questa mattina ho trovato una notizia divertente che mi era sfuggita nei giorni scorsi: quella di una lite a mezzo stampa tra Guido Rasi, direttore generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e il professor Garattini, direttore del Mario Negri.
In un’intervista concessa da Rasi, al Corriere della Sera, Rasi dichiara: "L'AIFA di Martini ha elargito circa 78 milioni di euro in tre anni, ma non vi sono stati rapporti sugli studi finanziati. La commissione che sceglie i progetti è presieduta da Silvio Garattini. E circa il 20% dei fondi è andato al Mario Negri: tra Milano, Bergamo e Sud". Rasi non aggiunge altro.
Apriti Cielo, Garattini è esploso e ha risposto per le rime, difendendo la trasparenza della procedura, la sua coerenza con gli standard internazionali ma, in buona sostanza, confermando che il suo istituto fa la parte del leone nei finanziamenti.

Io credo che Garattini, nonostante l’incipit, sia un ricercatore capace e appassionato, ma che la realtà sia sempre più complessa di come la si dipinge, che oltre al bianco e al nero ci siano infinite gradazioni di grigio, e che questo caso spiega bene come nel nostro Paese i conflitti di interesse siano all’ordine del giorno a ogni livello (la giustificazione di Garattini è la stessa di Berlusconi: lui si asterrebbe in ogni decisione che potrebbe coinvolgerlo, come se gli altri potessero decidere contro di lui allegramente). Purtroppo, però, il Paese è pieno di gente che, nonostante tutto si ostina a pensare che il diritto a muoversi tra i grigi sia solo il proprio, e si ostina fare la morale al prossimo.

La notizia su Yahoo salute

lunedì 18 maggio 2009

Referendum elettorale: la posizione del Gabibbo

Stavo rispondendo ad Angelo sul post precedente, poi mi sono lasciato prendere la mano e la risposta è diventata un po’ troppo lunga, sicché la trasformo in post.

Credo che il 21 giugno andrò al mare.
Oppure in montagna. Oppure (ipotesi migliore) a farmi fottere, che è sempre un bell’andare.
Ma al seggio non mi vedono neppure dipinto.

Del referendum elettorale non me ne può importare di meno.
Tanto, comunque vada, il risultato non sarà coerente con le mie attese.

Io, nell’impossibilità di avere due partiti autenticamente liberali che si confrontano per il governo del Paese, sono proporzionalista, convinto però che il sistema debba prevedere dei vincoli che garantiscano la governabilità.
Dal mio punto di vista sarebbe bastato il sistema elettoral/costituzionale tedesco, con proporzionale e sfiducia costruttiva, per garantire rappresentanza e governabilità.

La storia ha voluto diversamente e, sul vento delle radiose giornate di mani pulite, i miei concittadini hanno votato decisi referendum e forze che miravano almeno a parole a un sistema maggioritario più o meno anglosassone.

Ci hanno rotto la minchia col sistema inglese, quello americano e quello neozelandese.
Hanno pianto per quindici anni sul fatto che gli italiani s’erano espressi per il maggioritario coi referendum.
Ora è giunto il redde rationem.

Dal 22 giugno non si potrà tornare indietro: o il porcellum o un premio di maggioranza così pesante al primo partito da introdurre un bel maggioritario all’inglese che spazzerà via anche il ricordo del passato.

Questo consegnerà il Paese a Berlusconi?
I principi devono essere validi in sé, mica per chi potrà godere della loro applicazione.
Se si crede nel maggioritario ci si crede sempre, anche se a vincere saranno i tuoi oppositori.
Ma questo i sinistri non lo capiranno mai.

Comunque, la cosa “divertente” è che Mariotto Segni, Di Pietro, il PD e gli altri promotori ancora una volta si sono sparati nei coglioni da soli:

  1. se al referendum passano i sì, Berlusconi fa saltare la legislatura e si fa incoronare Imperatore;
  2. se al referendum passano i no, Berlusconi potrà tenersi la legge elettorale che gli ha dato questa maggioranza, e continuare a governare tranquillo;
  3. se il referendum infine non raggiunge il quorum (e la data del 21 giugno è stata messa per questo), Berlusconi avrà buon gioco ancora una volta a dire che gli italiani apprezzano il porcellum.

Insomma, comunque vada, questa legge elettorale non cambierà, se non in modo ancor più maggioritario.
In fondo, detto da un proporzionalista, è anche giusto: “avete voluto il maggioritario coi referendum? bene, tenetevelo”.

La morale: io non vedrò più un partito che mi rappresenti per davvero in Parlamento, ma almeno cancelleremo dalla storia di questo Paese comunisti, fascisti, verdi, pensionati, autonomisti, magari pure i leghisti, e tutto il resto del ciarpame (questo sì) parolaio e scaldapoltrone che lo affligge. Amen.

venerdì 15 maggio 2009

La democrazia è morta, e io non so che abito indossare al suo funerale

Sebastiano Messina per "la Repubblica"

Mancano solo cinque settimane e due giorni al funerale.
Quale funerale?
Quello della democrazia.
La cui morte, secondo Antonio Di Pietro, avverrà immancabilmente il 21 giugno, data del referendum.

Purtroppo la malcapitata non ha scampo.
Di Pietro, che è stato in prima linea per la raccolta delle firme, il 30 aprile invocava la vittoria del Sì «perché questa legge porcata venga cambiata».
Se non passa il Sì al referendum, spiegava il 2 maggio, «la democrazia è già morta».
Poi, improvvisamente, dopo 11 giorni ci ha rivelato che anche la vittoria del Sì - fino al giorno prima unica fonte di salvezza - «finirebbe per uccidere la democrazia».

La diagnosi, dunque, è terribile.
Se il referendum non passa, la democrazia muore.
Se il referendum passa, muore lo stesso.
Cosa possiamo fare?
Prepariamo l´abito scuro.

Noi, gli ostaggi

Ieri sera ho proposto un post che parla di una persona seria, che ha fatto i conti con le proprie responsabilità, ne ha tratto una lezione e vi ci si attiene.

Oggi trovo su Dagospia un articolo del Corriere, su Mughini che ha scritto l’ennesimo (non da parte sua, ma della sua generazione) libro su quegli anni.
Il libro sembra essere interessante, anche se non lo comprerò, perché non aggiungerebbe nulla al mio punto di vista su quei tempi.
Però questo articolo m’ha fatto sorgere una riflessione, resa più acuta dal cattivo umore che mi segna da alcuni giorni: ancora una volta siamo in ostaggio.

Questo Paese è perennemente in ostaggio del passato.
Non basta il fatto che, a 65 anni dalla caduta del fascismo, la nostra politica ne parli ancora come se fosse cosa di ieri mattina.
Oltre alla generazione degli ottuagenari che traggono il loro ossigeno dal ricordo di quando calcavano le montagne, abbiamo pure la generazione dei cinquanta-sessantenni che, senza pietà per la nostra sofferenza, da quel lontano 1968 continua la “propria” rivoluzione, nel mito di quegli anni “formidabili” e del loro lascito di leggi speciali.

Sono lì, con la calvizie che avanza, le rughe, i capelli che virano verso il bianco e qualche prostata infiammata, e continuano a vedersi barbuti e ventenni, mentre inneggiano a Ho Chi Minh davanti alle università, e continuano pure loro a combattersi, a rinfacciarsi il passato, il presente e il futuro che non fu, a scambiarsi colpi di rivoltella, oramai solo virtuale, con la sola differenza d’essersi spostati dalle piazze e dalle fabbriche agli studi televisivi e ai siti di informazione.

Così, noi, l’incolpevole generazione di chi ha salvato il Paese dal disastro spezzandosi la schiena nella ricostruzione e nel miracolo italiano prima, e quella altrettanto incolpevole che, dagli ottanta in poi, ha ereditato un Paese ingessato, occupato militarmente da tutti questi reduci, siamo qui, ancora oggi ostaggi di tutta questa gente, del loro perenne ammazzarsi e ammazzarci per sentirsi vivi.

giovedì 14 maggio 2009

Le parole che uccidono

Quando si pensa agli anni settanta, a quell’infame “secondo tempo” della guerra civile che chiuse la nostra infausta partecipazione alla seconda guerra mondiale, spesso si dimentica che fu, davvero, una guerra civile.
Combattuta da pochi, qualche migliaio di terroristi, in fondo, ma vissuta, spesso con ambiguità, da tanti.
Qualche giorno fa è passato su Dagospia un articolo di Repubblica, che racconta su quale baratro ci affacciammo più di tanti tomi storici.
È l’intervista al giornalista del “Sole” Andrea Casalegno, che fa i conti su cosa abbia voluto dire per lui essere il figlio del giornalista Carlo Casalegno, allora vicedirettore de “la Stampa”, “servo dei padroni” assassinato dalle brigate rosse.
Fa i conti col suo cognome e soprattutto con le sue responsabilità, perché ci permette di guardare sul dramma privato di un episodio pubblico: quello di un figlio che si accorge all’improvviso che le sue non erano solo parole, che la foga con cui in tanti pensarono di fare “la nuova resistenza” senza il bisogno di salire in montagna e potendo contare sulle comodità e le protezioni dello stato borghese (Giorgio Bocca racconterà in un suo libro di questi genitori borghesi che proteggevano i figli “rivoluzionari”), che la sua stessa foga, aveva ucciso suo padre.


Ieri come oggi solo slogan idioti e anch' io ne porto la responsabilità
Repubblica — 12 maggio 2009 pagina 10 sezione: POLITICA INTERNA

Nessuno può dimettersi dalle sue responsabilità, dice Andrea Casalegno: «Non chi lanciò la campagna contro il commissario Calabresi al grido di "Calabresi assassino", non chi quel giorno, alla Questura di Milano, doveva condurre l' interrogatorio di Giuseppe Pinelli».
Come i protagonisti di un romanzo di Sarte, Andrea Casalegno vive ancora oggi al crocevia di quella storia.

Figlio di Carlo, il vicedirettore de La Stampa assassinato dalle Br, Andrea è un ex militante di Lotta Continua, il gruppo che aveva lanciato la campagna contro Calabresi.
Oggi che il figlio del commissario, Mario, dirige il quotidiano di Torino, il vecchio grido «Calabresi assassino» torna sul muro di fronte alla redazione de La Stampa.

Casalegno, che senso ha ripetere oggi lo slogan che lanciaste allora? 
«Non ho mai ritenuto che avesse senso nemmeno quando lo lanciammo. Questo non mi scarica certo dalla responsabilità di aver partecipato attivamente all' attività di Lotta Continua e di averne condiviso gli obiettivi di fondo. Ho sempre pensato però che la personalizzazione dello scontro fosse un grave errore. E ho sempre ritenuto che la parola "assassino" debba essere usata con particolare cautela e sobrietà. Oggi poi, a trent' anni di distanza, il gesto mi sembra frutto di un estremismo idiota. Nell' Italia di questi anni, del resto, è molto difficile essere estremisti intelligenti».

Che cosa vuol dire «non dimettersi dalle proprie responsabilità»?

«Vuol dire che la stretta di mano tra le vedove di Giuseppe Pinelli e Luigi Calabresi di fronte al Presidente Napolitano è un fatto molto importante e positivo ma non può significare che si volta pagina, com' è di moda dire in questi giorni. Semplicemente perché le pagine scritte sono scritte, le scelte che ciascuno ha compiuto rimangono e non si possono cancellare».

Lei ha mai incontrato gli assassini di suo padre? 
«No e non intendo farlo».

Non crede che qualcuno di loro possa essersi ravveduto? 
«Il grilletto della Nagant che uccise mio padre è stato premuto da Raffaele Fiore. Poco tempo dopo il pentimento di Patrizio Peci, capo della colonna torinese della Br, fece chiarezza su ogni dettaglio di quell' omicidio. Io non ho mai avuto curiosità da soddisfare con gli assassini di mio padre. Penso anzi di non avere nulla da dire loro. Apprezzo chi si dà da fare per difendere anche i colpevoli. Sono d'accordo con chi dice: "Nessuno tocchi Caino". Ma non me la sento di stringergli la mano. Perché la scelta di togliere la vita a qualcun altro non è un semplice errore rimediabile, è una scelta di vita. Ci si può definire "ex brigatista" ma non "ex assassino"».

Che cosa significa per lei non dimettersi dalle sue responsabilità? 
«Significa non nascondersi che anche io ho partecipato, con altri, ad elaborare e diffondere una teoria che si diceva rivoluzionaria. E che per molti di noi, anche se non per me, quella teoria poteva anche prevedere gesti estremi come l' assassinio. Una teoria rivoluzionaria senza alcuna speranza di realizzarsi che individuava dei nemici, li additava, e non distingueva tra la persona e l' istituzione che quella persona rappresentava. Questa impostazione, interpretata in modo distorto, ha avuto conseguenze indirette molto gravi. E un giorno di novembre del ' 77 ha portato qualcuno ad appostarsi davanti al portone di casa nostra a Torino e a uccidere mio padre. Io queste cose non le ho dimenticate».

Quali conseguenze ha avuto quella vicenda sulla sua vita? 
«Anch' io ho fatto il giornalista come mio padre. Ma non ho mai voluto occuparmi di politica. Scrivo di scuola e letteratura sul Sole 24 ore e ho sempre evitato di andare oltre. Non penso che sia giusto, per chi ha commesso un grave errore di valutazione politica, tornare a decenni di distanza a dare lezioni come se nulla fosse accaduto».

Non tutti i suoi compagni di allora hanno compiuto la stessa scelta. Come li giudica? «Io non mi permetto di giudicare nessuno. Capisco anche che ci sia chi percorre altre strade. Che non sono la mia».

martedì 12 maggio 2009

«La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna»

Quello riportato nel titolo è il testo della proposta di revisione costituzionale presentata da 56 senatori della Repubblica, primo firmatario Malan (PDL), complici Francesco Cossiga (UDC/SVP/Aut), Giuseppe Ciarrapico (PDL) Ombretta Colli e altri “coraggiosi”.

Nella relazione al progetto leggiamo
In diversi paesi dell’Unione europea, infatti, si celebrano matrimoni fra persone dello stesso sesso, mentre in altri a queste coppie in quanto tali è consentita l’adozione di bambini (caso diverso è il consentirla alle singole persone). In Italia vivono almeno ottocentomila musulmani, la cui religione consente la poligamia, sia pure non secondo tutte le interpretazioni e a determinate condizioni.
Non mancano coloro che vorrebbero introdurre anche in Italia il matrimonio fra le persone dello stesso sesso o la poligamia. L’attuale testo dell’articolo 29 della Costituzione, nonostante la categoricità e la proprietà di termini con cui fu formulato, potrebbe così essere interpretato come non incompatibile con le citate innovazioni
".

Da questo punto in poi, è un unico volo pindarico (direi un volo a uccello) tra quei froci dei greci, quel culattone di Giulio Cesare quel pederasta, pure un po’ pedofilo di Adriano e quegli zozzoni poligami dei musulmani (questa è l’interpretazione da dare al parto del relatore al progetto)… il tutto impastato assieme senza soluzione di continuità, per dimostrare che, siccome i musulmani sono poligami, allora bisogna negare l’eguaglianza a DUE, cittadini che chiedono la protezione della legge per il loro rapporto di coppia.

Beh, la disamina della letteratura di supporto a questa illuminata proposta di riforma costituzionale la lascio a chi ne avesse ancora proprio voglia.
Per quel che mi riguarda mi limito a riprodurre la lista degli eroici difensori della famiglia i quali, applicando la stessa logica circolare che equipara il matrimonio tra due persone alla poligamia, saranno sicuramente dei marxisti zoofili:

1. Lucio Malan (PdL)
2. Irene Aderenti (LNP)
3. Laura Allegrini (PdL)
4. Alberto Balboni (PdL)
5. Mario Baldassarri (PdL)
6. Antonio Battaglia (PdL)
7. Domenico Benedetti Valentini (PdL)
8. Giampaolo Bettamio (PdL)
9. Francesco Bevilacqua (PdL)
10. Rossana Boldi (LNP)
11. Giorgio Bornacin (PdL)
12. Gabriele Boscetto (PdL)
13. Alessio Butti (PdL)
14. Antonino Caruso (PdL)
15. Esteban Juan Caselli (PdL)
16. Maurizio Castro (PdL)
17. Roberto Centaro (PdL)
18. Angelo Maria Cicolani (PdL)
19. Ombretta Colli (PdL)
20. Giovanni Collino (PdL)
21. Francesco Cossiga (UDC-SVP-Aut)
22. Cesare Cursi (PdL)
23. Luigi D'Ambrosio Lettieri (PdL)
24. Sergio De Gregorio(PdL)
25. Mariano Delogu (PdL)
26. Ulisse Di Giacomo (PdL)
27. Nicola Di Girolamo (PdL)
28. Fabrizio Di Stefano(PdL)
29. Giuseppe Firrarello (PdL)
30. Andrea Fluttero (PdL)
31. Antonio Fosson (UDC-SVP-Aut)
32. Paolo Franco (LNP)
33. Pierfrancesco Emilio Romano Gamba (PdL)
34. Maria Ida Germontani (PdL)
35. Domenico Gramazio (PdL)
36. Giuseppe Leoni (LNP)
37. Piero Longo (PdL)
38. Alfredo Messina (PdL)
39. Carmelo Morra(PdL)
40. Pasquale Nessa (PdL)
41. Elio Massimo Palmizio (PdL)
42. Francesco Pontone (PdL)
43. Guido Possa(PdL)
44. Luigi Ramponi (PdL)
45. Giacomo Santini (PdL)
46. Aldo Scarabosio (PdL)
47. Giancarlo Serafini (PdL),
48. Cosimo Sibilia (PdL)
49. Vincenzo Speziali (PdL)
50. Oreste Tofani (PdL)
51. Achille Totaro (PdL)
52. Giuseppe Ciarrapico (PdL)
53. Ada Spadoni Urbani (PdL)
54. Bruno Alicata (PdL)
55. Anna Cinzia Bonfrisco (PdL) (aggiunge firma in data 2 aprile 2009)
56. Rosario Giorgio Costa (PdL) (aggiunge firma in data 26 marzo 2009)

In cauda venenum: vedo che tra isottoscrittori c'è pure il senatore Nicola Di Girolamo, membro, udite udite, della “Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani”, cosa dire? è morta pure la vergogna.

domenica 10 maggio 2009

Il convegno delle toghe costa 225mila euro: embé?

Oh, lo sapete, vero, che il sottoscritto i giudici li manderebbe a zappare quasi tutti, no?
Però, se i numeri saranno confermati, l’idea che si possa spendere mezzo miliardo per un convegno di due giorni per oltre cinquecento persone, non mi pare esattamente uno scandalo.

I 225.000 euro spesi per il convegno organizzato dal CSM “a Palermo con tutti i capi degli uffici giudiziari, per promuovere la diffusione di buone pratiche organizzative”, vanno infatti divisi per i 516 partecipanti e quindi per i due giorni di durata, ottenendo 214 euro pro capita pro die.

Ora, io guardo alla mia esperienza, e penso che una trasferta forse può costare meno (il rimborso spese per la ristorazione in trasferta è di 40/50 euro, ma non è detto che si spendano 170 euro di albergo), ma un convegno ha pure altri costi organizzativi, che qualcuno deve pagare. E se i 225.000 euro comprendono pure i trasporti, beh i miei complimenti all’efficienza dell’ufficio congressi!

Volendo, ci si può domandare se l’incontro in sé fosse utile e/o necessario, con il rischio sempre presente che la congrega di parrucconi togati passi il suo tempo a parlare del sesso degli angeli anziché a cercare soluzioni pratiche al disastro della giustizia da loro così mal amministrata, ma se si ritenesse utile l’incontro, beh la cifra complessiva mi pare sinceramente equa.
Certo, si poteva spendere ancora meno, magari organizzando l’incontro nella struttura del CSM a Roma, e facendo ospitare i magistrati in qualche caserma, ma queste restano comunque cifre ben al di sotto di quanto spendono le aziende private per la propria formazione.

Resto della mia idea che quella dei magistrati sia una casta improduttiva, iperpagata e dannosa per le nostre libertà e l’efficienza della giustizia. Detto questo, certi “membri laici” del CSM mi paiono altrettanto dannosi, ansiosi di trovare uno scandalo dove lo scandalo non c’è pur di conquistare un trafiletto sui giornali.
il Giornale

sabato 9 maggio 2009

Comicità involontaria

Libero s’è oramai lanciato, e ha deciso di lanciare anche una agiografia di “Silvio, a prescindere da Berlusconi”, ben 16 fascicoli, bontà loro, in omaggio con il quotidiano.
Sono sicuro sarà un successo.
Ma il Demonio a volte ci mette la coda e, allora, i titolisti si distraggono, guardate la didascalia per il numero 8:

venerdì 8 maggio 2009

Oggi nella storia.

L'8 maggio 1886, ad Atlanta, il farmacista statunitense John Pemberton iniziava a vendere un nuovo farmaco sotto forma di bevanda gassata, per il quale affermava la capacità del farmaco di curare diverse affezioni. Il nome del nuovo farmaco? lo trovate qui.

(fonte: Wikipedia, edizione inglese, rubrica "On this day...")

giovedì 7 maggio 2009

Ora anche altri iniziano a dirlo: Fiat sta vendendo il comparto auto.

Ci voleva poco a capire che dietro alle fanfare nazionalistiche c’era la tanto agognata cessione del comparto auto da parte di Fiat.

Oggi, il velo dell’ipocrisia nazionale è rotto anche dal segretario dei metalmeccanici CGIL, che ad “Affari Italiani” spiega a chiare lettere che “l'Italia si prepara a vendere l'automobile all'estero. Questa è la sostanza dell'operazione Fiat-Chrysler-Opel. Nessuno conosce il nome di chi controllerà il nuovo assetto azionario che nascerà dal grande merger… Marchionne potrà diventare un dirigente di un grande gruppo internazionale dell'auto. Gli Agnelli potranno incassare una lauta plusvalenza di Borsa dalla vendita del loro pacchetto dopo che le azioni saliranno...”.

La valutazione del sindacalista è più che negativa, la mia no, ma i fatti restano gli stessi: gli Agnelli vendono, Marchionne si candida alla guida di una (si fa per dire) public company transcontinentale in cui le bandiere nazionali non avranno più alcun significato.

martedì 5 maggio 2009

Le parole di libertà che vengono dall' "estrema destra"

Quando sei in aeroplano, tra fase di decollo, atterraggio e attesa delle bibite, non resta molto da fare in un breve volo nazionale, così leggi il giornale che la compagnia di bandiera “generosamente” (si fa per dire) ti offre.
E, dopo avere sfogliato distrattamente il tuo, leggi pure quello dei tuoi colleghi, dove trovi un trafiletto scritto da una signora che ho sempre trovato seducente.
Non solo perché, oggettivamente, è una gran bella donna, ma soprattutto perché ha sempre avuto la forza di dire cose di minoranza, di essere politicamente indifferente alle convenienze e perché, per quanto alla destra della destra, m’è sempre parsa più moderna, laica e liberale di buona parte di chi stava alla sua sinistra, più o meno estrema.
Oggi la signora Santanchè ha rafforzato la mia convinzione, con una lettera pubblicata dal Corriere della Sera che io sarei stato felice di vedere firmata da uno dei tanti che ieri e oggi si proclamavano e proclamano liberali.
Una lettera che dice poche inequivocabili cose: che esiste una sola libertà, uguale per tutti a ogni latitudine, che esistono ancora oggi regimi schifosi che fanno vivere le loro vittime nel terrore, che noi fortunatamente liberi abbiamo il dovere di ricordarci di questi nostri fratelli e lottare perché la libertà affermi il suo dominio ovunque.
Alla signora Santanchè tutta la mia gratitudine.


L'Italia non resti in silenzio sull'Iran
di DANIELA SANTANCHÈ

Signor Ministro, con un atto di coraggio Lei ha evitato che il nostro Paese venisse coinvolto in quella triste commedia delle parti che è stata la Conferenza dell'Onu a Ginevra sul razzismo e i diritti fondamentali dell'uomo.
E quando il presidente Karzai ha approvato la reintroduzione in Afghanistan di una legge che minaccia di ripiombare le donne in un inferno di sottomissione e violenza, Lei ha dichiarato che l'Italia avrebbe esercitato «ogni possibile pressione» perché quella legge venisse ritirata Non possiamo restare in silenzio, ha detto.
Ho buoni motivi dunque, signor Ministro, per confidare che vorrà dar prova della stessa coerenza e chiarezza d'intenti nell'affrontare l'ultimo drammatico capitolo della strage dei diritti della persona che si è appena consumata a Teheran.
L'impiccagione di una giovane donna, Delara Darabi, per un presunto crimine commesso quando aveva solo 17 anni, fa parte della catena infinita di atrocità e di orrori perpetrati dal governo iraniano.
Dopo processi farsa si impiccano a decine ogni anno donne (anche incinte), minorenni e omosessuali, si incarcerano e si sottopongono a torture tutti quelli che si oppongono al potere.
Si può essere eternamente spettatori di quanto accade sotto i nostri occhi senza diventarne in qualche modo complici?
Come ha scritto sul Corriere Pier Luigi Battista, oggi la domanda finale da porsi è solo questa: fin dove arriva la nostra soglia di accettazione, fin dove si spinge il nostro arretramento davanti a questo sterminato cimitero delle libertà di ogni essere umano?
Credo sia tempo di dare una risposta. ConColore testovochi per spiegazioni alla Farnesina l'Ambasciatore iraniano a Roma e richiami temporaneamente il nostro rappresentante diplomatico in Iran e convinca altri governi europei a seguire l'esempio.
Un gesto simbolico, certo, ma è anche con gesti e formule diplomatiche come queste che la comunità internazionale può sperare di darsi una coscienza credibile.
Mostrarsi vicina alle vittime dell' oppressione islamica, e tornare a parlare di civiltà e giustizia dei popoli senza timore di perdere la faccia.

sul Corriere della sera, 5 maggio 2009

lunedì 4 maggio 2009

Si scrive espansione, si legge cessione.

Il capitalismo italiano, ha una caratteristica particolare, che lo distingue da quello degli altri paesi del nord del mondo: non ha capitali.
Figlio di un Paese “naturalmente” povero, privo di materie prime che ne potessero supportare lo sviluppo originario (niente carbone, niente acciaio, niente estese pianure da sfruttare industrialmente, niente colonie…) il capitalismo italiano s’è per questo sviluppato dopo gli altri e s’è specializzato nella trasformazione di materie prime altrui… questa peculiarità gli è rimasta attaccata anche perché, intorno, il Paese ospite non è che stesse meglio: povero di risorse, frazionato in stati e staterelli, ha per secoli investito le proprie risorse in palazzi bellissimi, lasciando un’economia da pezzenti.Con l’unità d’Italia prima (fatta “a debito”) e due disastrose guerre poi, la situazione non poteva di certo cambiare.
La prima azienda nazionale, così, ha sempre riflettuto queste caratteristiche: specializzata in piccoli autoveicoli per necessità del proprio mercato principale, è cresciuta internamente senza mai espandersi per davvero all’estero, covando al proprio interno il germe del disastro degli anni passati: quello delle automobili non è un mercato dai grossi ricarichi in cui i piccoli veicoli rendono necessariamente meno di quelli grandi, sicché alla prima crisi sistemica o aziendale il castello rischia di finire a terra.
Un po’ per culo, un po’ grazie ai soldi dei contribuenti, un po’ per qualche scelta azzeccata, Fiat è ancora in piedi e, curiosamente, sembra impegnata in una conquista del mondo.
Ma continua a non avere un soldo.
E, allora, si capisce cosa sta succedendo.
La “conquista dell’America” è solo un episodio, il meno rilevante di una trasformazione definitiva del gruppo.
Nel rumoroso silenzio della stampa nostrana, che fa mostra di un orgoglio nazionalistico degno del tentativo di costruire un “impero” con le faccette nere dell’Abissinia, tra l’alleanza con gli indiani, la ricerca di partner in Cina, e la strana trattativa per Opel, Fiat in realtà sta cercando compratori.
Alla fine, un dignitoso player regionale, con il 20% di un player regionale nord americano sarà avviluppato in una rete di “alleanze” in cui sarà sempre in minoranza.
Nulla di più facile, a quel momento, che pilotare le “alleanze”, far nascere un nuovo gruppo dal capitale diffuso da cui, finalmente come da quasi vent’anno cercano, gli Agnelli potranno uscire.
Piano piano, le quote di capitale si ridurranno sempre più, soddisfando la legione di eredi della prolifica famiglia, e il marchio nazionale diverrà parte di un colosso transnazionale in cui le radici in mercati ben più popolosi del nostro e di quello europeo garantiranno, alla buon’ora, quei capitali da sempre mancati.