Berlusconi è uomo incline alle manie di grandezza, e si starà crogiolando al pensiero del fatto che, andato alle elezioni con la solita coda di scandali, polemiche, senza liste e collezionando figure caprine per una forza che vuole “governare”, è riuscito, praticamente da solo, a sbaragliare ancora una volta l’ennesima gioiosa macchina da guerra.
Ma quando avrà finito di crogiolarsi, s’accorgerà, spero, del disastro.
Ancora una volta s’è provata la sua incapacità, la sua antipoliticità. È stata sì una grandiosa vittoria di Silvio Berlusconi, ma una sconfitta politica del centrodestra.
Dopo sedici anni, la maggioranza del Paese è ancora priva di una organizzazione politica affidabile, in mano ai “dilettanti allo sbaraglio” di Corrado, capaci di non riuscire a presentare liste inattaccabili in Lombardia (dove governano più o meno da sedici anni) e in Lazio (dove la macchina degli ex AN avrebbe dovuto essere efficientissima), di lasciare la Puglia a quell’imbonitore di Vendola, passato indenne da una stagione vergognosa, e di farsi sfuggire la Liguria, che in realtà poteva essere conquistata se solo i capataz locali (Scajola et al.) non fossero lo strazio che sono.
Certo, una volta che hai vinto lo scudetto non stai a ricordare che qualche partita l’hai vinta per autorete dell’avversario, ma che il Piemonte sia un gentile omaggio di Beppe Grillo è innegabile.
E, per inciso, la Lega dilaga per davvero, mentre a sinistra l’Italia dei Malori e le Cinque stelle hanno assieme un consenso imbarazzante per forze destabilizzanti e sostanzialmente fasciste, una bella prospettiva per il futuro e per le riforme.
Sopra a tutto, però, c’è il problema di un soggetto politico che ha ancora bisogno del padre, il quale ha 73 anni e difficilmente parteciperà ad altre elezioni (ce l’ha ora la maggioranza per farsi eleggere Presidente della Repubblica?).
Quindi complimenti, ma festeggiamenti pochi, perché i problemi sono solo all’inizio.
martedì 30 marzo 2010
lunedì 29 marzo 2010
Ancora sul matrimonio omosessuale e sulla Corte Costituzionale
Rispondo con questo a Calamar e Leppie.
Circa il rinvio al 12 aprile, ne sono solo felice: ci mancava solo che, in una campagna elettorale caratterizzata dal lancio di palate di fango, si immettesse amnche la Corte Costituzionale con una decisione che, qualunque possa essere, avrebbe gettata altra benzina sul fuoco.
Circa il merito, se parliamo di matrimonio come sacramento, liberissimi Calamar e il resto del mondo di ispirarsi a una qualunque confessione il cui Dio, dopo avere fatto tutti Suoi figli a propria immagine e somiglianza, decide di affliggerne qualcuno relegandoli a una posizione di subalternità e discriminazione, affari vostri.
Ma, se parliamo di matrimonio come negozio giuridico con il quale due persone libere di stato e non consanguinee intendono regolare gli effetti legali della propria convivenza, allora non ci sono ragioni oggettive per le quali tale negozio si applichi solo a contraenti di sesso diverso.
Non esistono infatti effetti giuridici rispetto in danno di terzi che potrebbero giustificare tale differenziazione.
Invece, dalla mancata inclusione di alcuni potenziali milioni di nostri concittadini da tale istituto derivano gravi conseguenze nella vita di relazione, nella dignità sociale, nella loro capacità giuridica, giacché – in conseguenza di ciò – tali concittadini si vedono discriminati in una pluralità di situazioni oltre l’accesso all’istituto matrimoniale.
La discriminazione riguarda la disposizione a titolo successorio sul patrimonio, quando i compagni d’una vita vengono dopo familiari che magari hanno ostacolato il de cuius.
La discriminazione riguarda la capacità di indicare soggetti abilitati alla loro rappresentanza ex lege, poiché se una persona sposata si trova in stato d’incapacità, è suo marito/sua moglie a prendere le prime urgenti decisioni, mentre in una coppia omosessuale le decisioni per l’incapace sono prese magari da un familiare che ha motivazioni diverse dall’amore per la persona in stato di bisogno.
La discriminazione riguarda il diritto ad essere assistiti, poiché in ospedale nessuno può fermare tuo marito/tua moglie, mentre il tuo compagno deve contare sulla pietas dei sanitari e dei parenti.
La discriminazione è, a livello più generale, sottesa nella valutazione che dà la collettività alla dignità della tua esistenza e dei tuoi affetti, tale per cui sei un cittadino con pari doveri, ma minori diritti e accettazione.
Tutto ciò, assurdamente, senza che nessuno ci guadagni alcunché da tale discriminazione ma, anzi, producendo un danno sociale indotto dalla minore stabilità e propensione a costruire il futuro di coppie che “non hanno speranza”.
La nostra Costituzione parla chiaro: “Tutti i cittadini hanno pari dignità' sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Quella chiusura rappresenta palesemente la “copertura costituzionale” della pari dignità delle minoranze civili, che si tratti di omosessuali o di portatori di handicap, dopo la tragica esperienza di regimi in cui tali minoranze erano vessate quando non condannate.
La Corte Costituzionale potrà riconoscere o meno la palese violazione della lettera di questo articolo della nostra carta fondamentale, ben altre volte del resto ci ha riservato strane sorprese, ma la mia convinzione è e resta la stessa: “tutti gli uomini sono creati eguali; essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità”.
Circa il rinvio al 12 aprile, ne sono solo felice: ci mancava solo che, in una campagna elettorale caratterizzata dal lancio di palate di fango, si immettesse amnche la Corte Costituzionale con una decisione che, qualunque possa essere, avrebbe gettata altra benzina sul fuoco.
Circa il merito, se parliamo di matrimonio come sacramento, liberissimi Calamar e il resto del mondo di ispirarsi a una qualunque confessione il cui Dio, dopo avere fatto tutti Suoi figli a propria immagine e somiglianza, decide di affliggerne qualcuno relegandoli a una posizione di subalternità e discriminazione, affari vostri.
Ma, se parliamo di matrimonio come negozio giuridico con il quale due persone libere di stato e non consanguinee intendono regolare gli effetti legali della propria convivenza, allora non ci sono ragioni oggettive per le quali tale negozio si applichi solo a contraenti di sesso diverso.
Non esistono infatti effetti giuridici rispetto in danno di terzi che potrebbero giustificare tale differenziazione.
Invece, dalla mancata inclusione di alcuni potenziali milioni di nostri concittadini da tale istituto derivano gravi conseguenze nella vita di relazione, nella dignità sociale, nella loro capacità giuridica, giacché – in conseguenza di ciò – tali concittadini si vedono discriminati in una pluralità di situazioni oltre l’accesso all’istituto matrimoniale.
La discriminazione riguarda la disposizione a titolo successorio sul patrimonio, quando i compagni d’una vita vengono dopo familiari che magari hanno ostacolato il de cuius.
La discriminazione riguarda la capacità di indicare soggetti abilitati alla loro rappresentanza ex lege, poiché se una persona sposata si trova in stato d’incapacità, è suo marito/sua moglie a prendere le prime urgenti decisioni, mentre in una coppia omosessuale le decisioni per l’incapace sono prese magari da un familiare che ha motivazioni diverse dall’amore per la persona in stato di bisogno.
La discriminazione riguarda il diritto ad essere assistiti, poiché in ospedale nessuno può fermare tuo marito/tua moglie, mentre il tuo compagno deve contare sulla pietas dei sanitari e dei parenti.
La discriminazione è, a livello più generale, sottesa nella valutazione che dà la collettività alla dignità della tua esistenza e dei tuoi affetti, tale per cui sei un cittadino con pari doveri, ma minori diritti e accettazione.
Tutto ciò, assurdamente, senza che nessuno ci guadagni alcunché da tale discriminazione ma, anzi, producendo un danno sociale indotto dalla minore stabilità e propensione a costruire il futuro di coppie che “non hanno speranza”.
La nostra Costituzione parla chiaro: “Tutti i cittadini hanno pari dignità' sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Quella chiusura rappresenta palesemente la “copertura costituzionale” della pari dignità delle minoranze civili, che si tratti di omosessuali o di portatori di handicap, dopo la tragica esperienza di regimi in cui tali minoranze erano vessate quando non condannate.
La Corte Costituzionale potrà riconoscere o meno la palese violazione della lettera di questo articolo della nostra carta fondamentale, ben altre volte del resto ci ha riservato strane sorprese, ma la mia convinzione è e resta la stessa: “tutti gli uomini sono creati eguali; essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità”.
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Il Corriere della sera e il “pacco” del principe Alberto
Io non visito spesso il sito del corrierone, il cui prestigio è da molti decenni in caduta libera, ma questa immagine che ho trovato su internet m’ha lasciato di stucco:
A prescindere dal fatto che non si capisce bene se siano quel frocione di Albert(o) di Monaco o quella ninfomane della sua fidanzata a “rimirare il pacco”, resta la sorpresa d’una didascalia così volgare sul sito di uno dei più antichi quotidiani italiani.
È chiaro che la corsa al risparmio nella gestione dei portali dei quotidiani ha condotto all’assegnazione della loro gestione a internali che probabilmente aggiornano il portale da casa mentre si grattano il pube, però simili incidenti (in fondo addirittura meno gravi degli sfondoni spesso presi con informazioni inesatte, incongrue o palesemente false) dovrebbero spingere gli editori a qualche riflessione.
Com’è, come non è, dopo qualche ora il commento è stato sostituito con altro più neutro:
Non si può far altro che richiamare la saggia esclamazione di “Scene di lotta di classe a Berverly Hills”, e concludere che “tutto è perduto, anche l'onore”.
il sito del Corriere
A prescindere dal fatto che non si capisce bene se siano quel frocione di Albert(o) di Monaco o quella ninfomane della sua fidanzata a “rimirare il pacco”, resta la sorpresa d’una didascalia così volgare sul sito di uno dei più antichi quotidiani italiani.
È chiaro che la corsa al risparmio nella gestione dei portali dei quotidiani ha condotto all’assegnazione della loro gestione a internali che probabilmente aggiornano il portale da casa mentre si grattano il pube, però simili incidenti (in fondo addirittura meno gravi degli sfondoni spesso presi con informazioni inesatte, incongrue o palesemente false) dovrebbero spingere gli editori a qualche riflessione.
Com’è, come non è, dopo qualche ora il commento è stato sostituito con altro più neutro:
Non si può far altro che richiamare la saggia esclamazione di “Scene di lotta di classe a Berverly Hills”, e concludere che “tutto è perduto, anche l'onore”.
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martedì 23 marzo 2010
Un dovere morale: una famiglia per tutti!
Tutti i cittadini hanno pari dignità' sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, opinioni politiche, di condizioni personali e sociali (art. 3, comma 1, Costituzione della Repubblica Italiana).
Questo pomeriggio s'è aperto davanti alla Corte Costituzionale il giudizio per valutare se i Cittadini omosessuali abbiano o no il diritto a sposarsi.
L'autore di questo blog s'è già espresso: a parità di doveri, parità di diritti.
Tutti i Cittadini adulti devono avere il diritto di chiedere la protezione dello Stato per la loro famiglia e il loro amore.
Ci sono una sola Costituzione, una sola Bandiera, una sola Cittadinanza: deve esserci un solo matrimonio, uguale per tutti!
L'audio dell'udienza su Radio Radicale
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