di Alessandro Da Rold
Nicola Rossi, il senatore Pd è critico sul passato, «Per anni abbiamo infastidito il nostro elettorato», e amaro sul futuro: «Ora la domanda è dove andrà chi come me ha creduto in tutto questo?».
«Romano Prodi spiega puntualmente i problemi culturali della sinistra italiana. Io stesso riconosco di aver commesso questo errore. È assodato: la sinistra italiana ha una cultura impermeabile ai principi liberali. Risulta quindi del tutto ininfluente chi sarà il futuro segretario del Partito democratico. Soffrirà degli stessi problemi di Prodi, perché il centrosinistra, il Pd in primis, non ha mai voluto riempire questo vuoto culturale». Così Nicola Rossi, senatore del Pd e professore di Economia all’Università di Roma, in merito all’articolo scritto dall’ex premier sul Messaggero alla vigilia di Ferragosto.
Senatore Rossi come giudica le parole di Prodi, condivide questa critica alla scelta di una parte della sinistra a metà deglianni 90 di appoggiare l’ormai nota “terza via di Tony Blair”?Il nostro è stato un tentativo del tutto inutile. Abbiamo commesso un errore. Pensare che questo tipo di cultura si potesse adottare in Italia è stata una speranza mal posta. Da noi una sinistra liberale non era possibile, come lo è ancora meno oggi. Aveva ragione chi ci criticava. Anche se dalla gran parte dei dirigenti che hanno appoggiato queste idee c’è stato più un approccio tattico che strategico. Nessuno ha mai posto realmente il problema.
Il suo giudizio è quindi favorevole.Prodi ci spiega il perché è stato lui per più di 10 anni il leader del centrosinistra. È stato il simbolo delle difficoltà della sinistra a confrontarsi su temi come l’innovazione o lo sviluppo economico.
Il suo collega Michele Salvati si definisce «un peccatore non pentito».Io stesso lo sono, ma faccio un ragionamento ulteriore. Le parole di Prodi dovrebbero essere utili a tutti, non solo a chi ha appoggiato questa via, soprattutto in vista del congresso del Pd. Per anni abbiamo infastidito il nostro elettorato perdendone una buona parte.
Secondo lei l’intervento di Prodi è casuale proprio in un momento così critico per il Pd? E perché ha avuto così poca risonanza?A questo non so risponderle. Non lo so. Mi pare però evidente l’invito al Pd a cercare una forma definita, compiuta, che non troverà mai.
Nessuna speranza?Assolutamente nessuna. Non lo farà perché non lo vuole fare. La sua cultura è sbarrata a ogni possibilità. Lo stesso “grande Liberalizzatore” (Pierluigi Bersani, ndr) dovrebbe farsi qualche domanda a riguardo.
Ritornando all’articolo di Prodi cos’altro l’ha colpita?Centra le difficoltà di rapporto del centrosinistra con il suo elettorato. A metà degli anni 90 (governo D’Alema, ndr) c’è stata l’illusione di espanderci. La sinistra raccoglieva un 25% dei voti, mentre esisteva un 50% di potenziali elettori. Oggi elettori reali e potenziali hanno la stessa percentuale.
E l’Ulivo mondiale?Non scherziamo…
Forse, invece di parlare di Ulivo mondiale, la sinistra avrebbe dovuto affrontare temi come la questione meridionale o settentrionale?Ma come può una forza politica che ha contribuito con i propri dirigenti alla rappresentazione della questione meridionale, e per converso della questione settentrionale, a trattare questi argomenti? È impossibile.
Si aprono le porte magari per una nuova sinistra, è forse il momento, come scrive Piero Sansonetti, di rifondare un centrosinistra?Qualsiasi cosa accada, nel caso si aprano nuove alleanze, un nuovo movimento politico di sinistra soffrirà di queste ultime, perché saranno loro a dettare la linea culturale all’interno della coalizione.
Quindi?Mi viene in mente una frase di D’Alema detta durante una trasmissione televisiva a metà degli anni 90. “La sinistra dovrebbe smettere di attaccare i manifesti o organizzare feste, dovrebbe pensare a governare”. Ecco, io credo che ancora adesso alla sinistra importi più di organizzare feste e attaccare manifesti.
Dal congresso di ottobre del Pd potrà uscire qualcosa di nuovo?La scelta su chi sarà il nuovo segretario del Pd è del tutto ininfluente. Non cambierà le cose. Lo ripeto: il problema è la cultura stessa del Pd. La domanda che dovrebbe pormi ora è dove finiranno coloro che hanno creduto in tutto questo.
Gliela pongo, che fine farete?A questo non so risponderle nell’immediato. È la prossima sfida. È certo che a breve si dovrà aprire un dibattito in tal senso.
http://www.ilriformista.it/stories/Prima%20pagina/79136/
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