lunedì 15 febbraio 2016

Il nostro Cile

Charlie Horman credeva che essere americano avrebbe garantito la sua sicurezza.
La sua famiglia credeva che essere americani avrebbe garantito la verità.
Sbagliavano tutti.



Sono anni che ci giriamo intorno, che tutti fanno finta di non vedere e non capire ma, in tutta semplicità, le cose sono abbastanza evidenti: a qualche ora dai nostri aeroporti si sta combattendo una guerra che ci riguarda e in cui facciamo finta di non essere coinvolti.  Una guerra dai mille campi di battaglia e dalle mille diverse forme.  Una guerra che si combatte anche in quei luoghi in cui non s’ode il suono dei mortai.
In questa guerra, Al Sisi è il nostro Pinochet e la dittatura egiziana è il nostro regime dei colonnelli, la nostra junta, quello che volete.
Sono lì a impedire che l’ultimo bubbone del Medio Oriente esploda infettando tutto quello che ancora non è stato infettato.
Proprio come gli USA in America Latina negli anni settanta, sosteniamo regimi di cui c’è solo da vergognarsi perché non sappiamo come rompere altrimenti l’accerchiamento, come impedire che i missili nucleari sovietici stiano nel giardino del nostro vicino (e qui un grazie particolare al premio Nobel® per la pace, la cui sagacia ha portato le forze armate russe nel cuore dell’area più instabile di questo secolo).
Proprio come gli USA, ci svegliamo sconvolti quando scopriamo che “il nostro bastardo” (come disse Franklin D. Roosevelt di Somoza) ha troppo da fare per impedire che i nostri imprudenti figli non cadano vittime della macchina di polizie segrete, torture e occultamenti che quotidianamente macina i popoli di quei paesi nel tentativo di fermare l’avanzata dell’infezione.
In “missing” i genitori di Charlie Horman vedranno tornare una cassa con dei resti mortali, senza essere neppure sicuri dell’identità di questi.  
I genitori di Giulio Regeni hanno un corpo su cui piangere, ma non avranno nessuna verità ed è scontato che sia così.
Nessuno disturberà veramente “il nostro bastardo” per sapere cos’è successo: c’è una guerra putrida in corso e disturbare chi sta combattendo al posto nostro è l’ultima cosa che chiunque possa pensare di voler fare.
Come da migliaia di anni si ricorda, in guerra, la prima vittima è la verità.

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(ebbene sì, sono tornati i captcha o come accidenti si chiamano; purtroppo ho dovuto metterli per bloccare una nuova ondata di spammer a luci rosse)