Il mio punto di vista è ben noto, e non intendo certo cambiarlo solo perché questa volta lo applicherei a uno che mi provoca la piorrea:
l’indagato e l’imputato hanno il diritto a difendersi non solo nel procedimento penale, ma anche dal procedimento penale, utilizzando tutti i mezzi che l’ordinamento consente, ostruzionismo incluso, giacché a mio avviso non esiste un qualunque dovere del tacchino a collaborare alla preparazione delle feste di Natale.
Detto questo però, non riesco a non vedere come invece per altri il sacrale rispetto e la fiducia nella Giustizia valgano solo quando la signora con la benda si trova ad agitare la propria spada vicino al collo di qualcun altro.
Almeno, questo mi pare il caso di Massimo D’Alema, la cui
previtiana strategia difensiva dal procedimento penale è assolutamente legittima ma, come dire?, mi ricorda un po’ la posizione di chi si rivela essere prostituta dopo avere a lungo elogiato la virtù della castità.
Furbetti del Botteghino: alla pari di un Berlusconi qualsiasi, D’Alema dà buca al Parlamento Europeo per le richieste del Tribunale di Milano di utilizzo delle intercettazioni con Consorte… Franco Bechis per “Italia Oggi”
Massimo D'Alema risponde picche anche al Parlamento europeo che lo voleva ascoltare prima di decidere se soddisfare o meno le richieste del tribunale di Milano di utilizzo delle intercettazioni telefoniche con Giovanni Consorte nell'ambito dell'inchiesta sui cosiddetti furbetti del quartierino. A oltre un anno dal deposito delle intercettazioni la resistenza di D'Alema ha costretto gli uffici giudiziari milanesi a congelare la pratica. Dopo avere sollevato eccezione di incompetenza davanti al parlamento italiano, sostenendo che la sua immunità era affare solo di Strasburgo, ora D'Alema scrive al presidente della commissione giuridica del parlamento annunciando la sua intenzione di non presentarsi. Nella sua missiva D'Alema preannuncia l'invio ai commissari del parlamento europeo che dovranno prendere una decisione che non ha precedenti, di una trentina di pagine di memoria difensiva sulla questione Unipol scritte dai suoi legali di fiducia, Guido Calvi e Guido Rossi. Si tratta dello stesso documento dove si attacca il gip Clementina Forleo e si solleva l'ipotesi di fumus persecutionis già distribuito oltre un anno fa ai parlamenti della giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera dei deputati italiani, salvo poi sollevare l'ipotesi di loro incompetenza a giudicare. D'Alema scrive a Giuseppe Gargani, presidente della commissione giuridica, spiegando che non si farà interrogare dai commissari, che sono già presi da tanto lavoro, ma che resterà a disposizione «per qualsiasi necessità o chiarimento che ella ritenga utile, rimettendomi con piena fiducia alla decisione che il Parlamento europeo vorrà assumere». Non è gran figura da parte del leader Pd, visto che da un anno con questo atteggiamento non consente l'utilizzo di quella parte delle intercettazioni telefoniche di Consorte. Tanto più che in tutti questi mesi di resistenza anche la sospetta persecutrice dell'uomo politico fra i più rappresentativi della sinistra italiana, e cioé la Forleo, non è più nell'ufficio del gip del tribunale milanese e non rappresenta un pericolo. Per questo ci si sarebbe attesi - invece dell'invio di una memoria ormai priva di senso- un bel gesto e la richiesta di concedere l'autorizzazione all'utilizzo di quelle intercettazioni ormai note anche ai bambini. Ma sulla questione giustizia non sembrano esserci più grandi differenze fra destra e sinistra, ormai portate a regolare i conti con la magistratura sempre per vicende personali
Dagospia 11 Settembre 2008 |
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mi raccomando: comportati bene, o sono bastonate!
(ebbene sì, sono tornati i captcha o come accidenti si chiamano; purtroppo ho dovuto metterli per bloccare una nuova ondata di spammer a luci rosse)