martedì 1 settembre 2009

Gregoretti, quel concorso in RAI, e l’insopportabile pretesa di essere sempre, comunque, i migliori.

In “Quinto potere”, William Holden, dirigente televisivo appena licenziato, riflette amaramente sul fatto che non ha voglia di scrivere l’ennesimo libro in cui un dirigente televisivo licenziato ricorda come fosse migliore “la sua televisione”.
È a quella scena che pensavo leggendo un’intervista in ginocchio (ma questa è l’unica posizione conosciuta dai giornalisti?) de l’Unità a Ugo Gregoretti, il quale, da buon raïs televisivo a riposo sproloquiava sulla TV volgare e inutile dei giorni d’oggi, insomma le solite cose noiose di sempre.

Un solo guizzo in tutta l’intervista, un’ammissione incredibile: Gregoretti, Eco, Vattimo e Colombo entrarono in RAI grazie a un concorso truccato!
Confessa infatti il Gregoretti: “noi però eravamo una strana generazione di giovani raccomandati, come Eco, Vattimo e Furio Colombo, che entrarono grazie a un concorso truccato con cui Guala travasò nell’azienda i migliori cervelli della gioventù cattolica”.
Ecco, per me l’interesse dell’articolo finisce qui, e inizia la solita riflessione.
Abbiamo un signore che, ovviamente a carriera conclusa e dopo avere raccolto ogni onore e prebenda di questa, ammette tranquillamente che è entrato nel colosso di Stato della culturale rubando il posto di lavoro, a qualcun altro forse più bravo di lui ma meno raccomandato.

E lo stesso signore, ovviamente, ritiene, dall’alto di quella sua carriera, di poter giudicare chi oggi, in condizioni di concorrenza ben più spietata, si agita e cerca in qualche modo di emergere.

Non sapremo mai se Gregoretti, Eco, Vattimo e Colombo sarebbero divenuti quel che sono se non avessero potuto contare su potenti amicizie capaci di assicurargli un sicuro posto di lavoro, in un ambiente culturalmente stimolante, pieno di contatti con l’élite intellettuale del Paese, in un’epoca in cui la televisione pubblica era l’unica industria culturale.
Non sapremo mai se gli ignoti a cui questi fantastici quattro hanno probabilmente sottratto il posto di lavoro sarebbero stati registi più brillanti, autori più incisivi, filosofi più interessanti o giornalisti più indipendenti.
Sappiamo però che, tanto per cambiare, la protervia è sempre la solita: gli altri sono dei “ceffi”, degli omuncoli che si agitano, il cui lavoro è, inevitabilmente, una “cagata”.
Loro invece, la raccomandazione la meritavano.

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