lunedì 29 marzo 2010

Ancora sul matrimonio omosessuale e sulla Corte Costituzionale

Rispondo con questo a Calamar e Leppie.
Circa il rinvio al 12 aprile, ne sono solo felice: ci mancava solo che, in una campagna elettorale caratterizzata dal lancio di palate di fango, si immettesse amnche la Corte Costituzionale con una decisione che, qualunque possa essere, avrebbe gettata altra benzina sul fuoco.

Circa il merito, se parliamo di matrimonio come sacramento, liberissimi Calamar e il resto del mondo di ispirarsi a una qualunque confessione il cui Dio, dopo avere fatto tutti Suoi figli a propria immagine e somiglianza, decide di affliggerne qualcuno relegandoli a una posizione di subalternità e discriminazione, affari vostri.
Ma, se parliamo di matrimonio come negozio giuridico con il quale due persone libere di stato e non consanguinee intendono regolare gli effetti legali della propria convivenza, allora non ci sono ragioni oggettive per le quali tale negozio si applichi solo a contraenti di sesso diverso.
Non esistono infatti effetti giuridici rispetto in danno di terzi che potrebbero giustificare tale differenziazione.
Invece, dalla mancata inclusione di alcuni potenziali milioni di nostri concittadini da tale istituto derivano gravi conseguenze nella vita di relazione, nella dignità sociale, nella loro capacità giuridica, giacché – in conseguenza di ciò – tali concittadini si vedono discriminati in una pluralità di situazioni oltre l’accesso all’istituto matrimoniale.
La discriminazione riguarda la disposizione a titolo successorio sul patrimonio, quando i compagni d’una vita vengono dopo familiari che magari hanno ostacolato il de cuius.
La discriminazione riguarda la capacità di indicare soggetti abilitati alla loro rappresentanza ex lege, poiché se una persona sposata si trova in stato d’incapacità, è suo marito/sua moglie a prendere le prime urgenti decisioni, mentre in una coppia omosessuale le decisioni per l’incapace sono prese magari da un familiare che ha motivazioni diverse dall’amore per la persona in stato di bisogno.
La discriminazione riguarda il diritto ad essere assistiti, poiché in ospedale nessuno può fermare tuo marito/tua moglie, mentre il tuo compagno deve contare sulla pietas dei sanitari e dei parenti.
La discriminazione è, a livello più generale, sottesa nella valutazione che dà la collettività alla dignità della tua esistenza e dei tuoi affetti, tale per cui sei un cittadino con pari doveri, ma minori diritti e accettazione.
Tutto ciò, assurdamente, senza che nessuno ci guadagni alcunché da tale discriminazione ma, anzi, producendo un danno sociale indotto dalla minore stabilità e propensione a costruire il futuro di coppie che “non hanno speranza”.
La nostra Costituzione parla chiaro: “Tutti i cittadini hanno pari dignità' sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Quella chiusura rappresenta palesemente la “copertura costituzionale” della pari dignità delle minoranze civili, che si tratti di omosessuali o di portatori di handicap, dopo la tragica esperienza di regimi in cui tali minoranze erano vessate quando non condannate.
La Corte Costituzionale potrà riconoscere o meno la palese violazione della lettera di questo articolo della nostra carta fondamentale, ben altre volte del resto ci ha riservato strane sorprese, ma la mia convinzione è e resta la stessa: “tutti gli uomini sono creati eguali; essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità”.

2 commenti:

  1. Io penso che possano essere riconsociuti dei diritti a persone in deteminate situazioni.
    Il matrimonio è un diritto per tutti eguale tra persone di sesso diverso. non vedo discriminazione in questo.

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  2. Condivido questo post. Che un etero possa sposare la persona amata e un gay no è una cosa inaccettabile in un Paese che vuole definirsi civile e pienamente nel terzo millennio. Non è un caso che in tutto l'Occidente si sta andando da anni nella direzione della piena e universale uguaglianza etero-gay anche in merito alla libertà di contrarre matrimonio. Solo 10 anni fa non esisteva al mondo nessun Paese che rispettava la libertà matrimoniale dei gay, oggi si contano: Spagna, Portogallo, Belgio, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia, Canada, Sud Africa, Stato della Città del Messico, 6 Stati USA inclusa la capitale Washington. Senza contare l'aumento esponenziale dei Paesi che hanno approvato forme intermedie di riconoscimento, e che sembrano avviati a portare a termine il percorso entro breve, e qui si va dalla Francia all'Uruguay alla stessa California che ultimamente ha visto un referendum anti-nozze gay avere successo sul filo del rasoio quando solo pochi anni prima un referendum analogo, con le stesse identiche parole, era stato approvato a larga maggioranza. Credo sia ora che l'Italia si svegli e cominci a garantire la libertà di contrarre matrimonio anche a chi è gay. Parlo del Matrimonio di tipo Civile ovviamente, non di quello Cattolico sancito e regolato dal Concordato. Matrimonio Civile quindi, ora! Vale

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mi raccomando: comportati bene, o sono bastonate!
(ebbene sì, sono tornati i captcha o come accidenti si chiamano; purtroppo ho dovuto metterli per bloccare una nuova ondata di spammer a luci rosse)