lunedì 24 novembre 2008

Quando si dice “Pubblicità sì ma con ordine”...

Le civiche amministrazioni milanesi combattono da quasi vent’anni contro la pubblicità.

Non so perché, ma, a un certo punto, la pubblicità ha cessato di essere quella cosa allegra che illuminava la nostre città per diventare, agli occhi dei nostri amministratori, un nemico da combattere.

Così prima hanno rimosso le insegne luminose da piazza del Duomo, e poi hanno iniziato a cercare di rendere più difficile qualsivoglia affissione, striscione, stendardo, persino i teli sui ponteggi.

Non ne ho mai capito il perché: la pubblicità aggiunge vita alle strade, inserendo qualcosa da guardare che non siano le colonne di auto e le brutte vetrine delle catene internazionali di stracci venduti a prezzi da haute couture. In più, se ben munta, la pubblicità può essere un’interessante voce del bilancio di una città. Ma niente, fanno a gara a chi è più iconoclasta.

Poi, però, mentre approvano il nuovo piano della pubblicità, già che ci sono autorizzano impianti come quello che vede in questa immagine.

Si tratta di giganteschi poster rigidi, di circa due metri per tre, che, essendo piazzati nel bel mezzo dei marciapiedi, per stare in piedi hanno bisogno di un mostruoso cavalletto di acciaio, un telaio le cui gambe sono grosse quasi come un pluviale.

E, siccome un coso del genere “fa vela”, tutta la struttura è saldamente ancorata a terra, e zavorrata con un finto vaso per ciclopi, bello pieno di cemento, il cui destino è di trasformarsi in ricettacolo di mozziconi, cartacce, lattine…

Per finire, questi mostri alti due piani non sono confinati lungo il viale Forlanini: quello qui immortalato si trova all’angolo tra viale Gorizia e l’Alzaia del Naviglio Pavese, a sempiterna memoria di cosa certi amministratori intendano per “decoro urbano” e rispetto dei quartieri storici.

Non aggiungo altro.

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