giovedì 10 settembre 2009

Gianfranco Fini, i fascisti, i compagni, gli ubriaconi.

Per farla breve.
Trovo che alcune uscite di Fini siano superficiali e inattente. Trovo che altre sue uscite siano improvvide e autolesioniste. Trovo infine sconcertante che un politico di lungo corso come lui abbia messo il piede sulla buccia di banana così tante volte in così poco tempo. E non mi capacito di come non gli possa essere chiaro che i suoi attuali esaltatori si ricorderanno di quando era il pupillo di Almirante, non appena lui chiederà uno spazio politico proprio.
Detto questo, mi pare che la reazione isterica alle sue parole sia altrettanto superficiale, improvvida e autolesionista, e che mostri una sostanziale immaturità e paura. E che le parole di Feltri nei suoi confronti siano più adeguate a un ubriacone leghista che al direttore di un giornale.
E che l’articolo con il quale Filippo Facci apre la sua collaborazione con “Libero” raccolga al meglio i miei dubbi.


Fiuggi, vent’anni di meno
di Filippo Facci

Il mio terrore è che dietro la burbanzosa sicumera di certa destra governativa – dietro la neo ostentazione di uno schematismo destra/sinistra che si è tornati a tagliare con l’accetta, in questo Paese – si celi una progressiva involuzione di tutta la destra italiana. La mia paura, cioè, è che il famoso complesso delle catacombe missine, poi trasfigurate nella nuova e moderna destra di Fiuggi, si stia ri-trasformando in una becera rivendicazione di pulsioni datate e che non hanno niente a che vedere col progetto che il Pdl si era dato da principio. Temo, per dirla malissimo, che una larga parte del Pdl si stia trasformando in pratica nella Destra di Storace: senza che nessuno, tantomeno gli elettori, gli abbia mai chiesto di farlo.

Aggiungo che la frequente militanza ex missina o ciellina di molto personale giornalistico di centrodestra, temo ancora, rischia di avvitarsi in una corsa a inseguimento del lato estremista della consueta «gente»: quella di cui ciascuno, ovviamente, si sente interprete genuino e infallibile.

A chi ritenesse che sto esagerando – com’è possibilissimo – risponderei che in questo centrodestra c’è comunque un clima nervoso, palesemente corroborato dall’ebbrezza di un potere rimasto notoriamente senza avversari. Così gli avversari si fabbricano in casa. Sembrano quasi, certe declarazioni ostentate, come pervase da un afflato liberatorio: e Gianfranco Fini, o meglio il caso Fini, su questo sfondo è divenuto il reagente di tutte le contraddizioni, lo sfiatatoio di apnee che forse duravano da troppo tempo, forse addirittura dal 1994. Perdonate se non mi curo dei presunti retroscena da analisti malati di politica, cioè le corse per il Quirinale o le improbabili successioni a Berlusconi: io mi limito a registrare un paio di cose. Una è questa: non gliene frega più niente a nessuno di atteggiarsi a conservatore illuminato ed europeo, non importa più a nessuno che certe asserzioni di Fini, nella destra di Cameron e Sarkozy, o nei cristiano-democratici della Merkel o dello spagnolo Rajoy, sarebbero considerate addirittura banali. Altro che «compagno Fini». Non importa a nessuno, neppure, di voler incarnare il sogno moderno dei Leo Longanesi, del Mondo di Pannunzio, di Montanelli, della famosa destra risorgimentale e libertaria e balle varie: macché, c’è piuttosto da imitare il lato peraltro inimitabile e sanguigno della Lega, c’è da inventarsi «l’Italia delle piccole comunità e delle periferie urbane» che l’ex socialista Maurizio Sacconi, in un’intervista al Corriere della Sera, ha descritto come se al governo ci fosse ancora Amintore Fanfani; c’è da pensare alle regionali, c’è da bollare come «radicale» chi non lo è stato mai, da laicista di chi è laico e basta; e c’è in generale, e soprattutto, una classe politica che è stata eletta con liste blindate, che spesso non ha neppure mai visto un collegio elettorale in vita propria – al limite qualche patinata cena elettorale – ma che adesso ti parla della piazza anche se ha frequentato solo quella di Ballarò. Ci sono anche i sondaggi, come no: nel caso di certe generiche affermazioni di Fini, però, non valgono neanche quelli, anzi, non vengono menzionati. Il 70 per cento degli elettori di centrodestra (fonte: Crespi Ricerche) è contro il testamento biologico che il governo sta cucinando, ma guai a dirlo; il 51 per cento degli elettori del Pdl è favorevole a un riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, ma è roba da froci, roba da sinistra o, peggio ancora, da destra europea. C’è poi una faccenda che mette in presidente della Camera in una posizione oggettivamente eccentrica – ne convengo pienamente – ed è quella sul voto agli immigrati, posizione che oltretutto è la stessa di Santa Romana Chiesa: e però guardate la disparità di trattamento.
Lo dicessero alla Chiesa, «rientra nei ranghi».

E’ vero, la sinistra applaude Gianfranco Fini: e allora? Applaudirebbero anche un carciofo, se fosse alternativo a Berlusconi. E’ solare che mirano a fomentare divisioni, ci stanno pure riuscendo. Ma non dite che le idee di Fini siano uguali a quelle di un Franceschini, e questo sia perché sono diverse e basta e sia perché, spesso, non sono neppure idee, sono solo uscite genericissime e dettate dall’ecumenismo che il suo ruolo richiede o almeno permette: uscite che ogni volta, però, sono sottoposte a plurimi processi alle intenzioni.

Davvero, io Fini neppure lo conosco e della sua ascesa politica m’importa relativamente. Certe sue uscite forcaiole non gliele perdonerò mai, per quanto possa interessarvi. Però so, e ho visto, che ha fatto un percorso mica da ridere, ha pagato prezzi salati e senz’altro discutibili – certi suoi bagni penitenziali li ho trovati, quelli sì, cattocomunisti – e comunque ha elaborato e sofferto lo scioglimento di un partito storico per ben due volte.

Ha fatto bene? Ha fatto male? Chissà. A oggi sappiamo solo che tutto questo è servito per ritrovarsi stampate nero su bianco, un bel mattino, le ciniche espettorazioni giornalistiche di chi gli ha intimato di punto in bianco: «Rientra nei ranghi, sei ridicolo».

I ranghi.
A pensarla come Gianfranco Fini sono in milioni, nel centrodestra, e in milioni fisiologicamente non la pensano come lui: volete smembrare gli uni dagli altri, ciascuno nel suo preciso rango? Non è difficile: basterebbe tornare alla Repubblica multipartitica, basterebbe non mettersi in testa fondare il più grande partito della storia d’Italia come però, ecco, è stato fatto: un crogiolo composito, complesso, ridondante, soprattutto molto più e ambizioso dei ranghi da caserma prefigurati da qualche bollito con in mano il Winchester. La terza parola che compone il nome del partito – il Pdl – forse andrebbe riletta e riletta sino a stamparsela nel cranio una volta per tutte.
Mica i ranghi.

3 commenti:

  1. posso dirlo gabbì?
    io ho votato il centrosinistra alle ultime elezioni unicamente perchè mi sembrava l'unico argine possibile democratico per levarci dalle palle il più grande capo di stato che l'italia abbia mai avuto come nazione.
    ovviamente un gesto ingenuo il mio, visti i risultati, ma non un gesto ipocrita: i fondamenti repubblicani, la costituzione, il senso dello stato e della legalità e, infine, il concetto di democrazia proprio dei paesi europei occidentali sono anni luce lontani da ciò che è nella mente di berlusconi, non sono certo il suo primo pensiero.

    io vorrei un'alternativa al votare un partito democratico che non mi rappresenta pienamente.
    vorrei votare sui fatti e sulle idee tenendo fermi certi valori chesono il cemento di un paese civile, non essere costretto a votare qualcuno, qualunque cosa dica, perchè dall'altra parte è merda totale.

    costruitela questa destra moderna e date a tutti una vera possibilità di scelta.
    unite questo paese del cazzo!

    un abbraccio

    RispondiElimina
  2. che ti devo dire? oramai cito a ogni più sospinto le immortali parole di Calamar: "Questo paese è irrecuperabile".
    La destra moderna non c’è perché manca la sinistra moderna, e la sinistra moderna non c’è per colpa della destra… eccetera eccetera…

    RispondiElimina
  3. Questo pease è irrecuperabile. Confermo. E aggiungo che ha anche imbocato un sentiero in discesa, forse un dirupo che porta direttamente all'abisso. Sono un inguaribile pessimista? Può essere. Però la mia paura in realtà rispetto alla destra italiana è che non c'è mai fine al peggio, e dopo Berlusconi (il quale, checchè ne dica lui, non è immortale) la destra che verrà sarà l asintesi del becerume della lega e dei seguaci lecchini del Grande Capo che probabilmente è anche peggio di quel che c'è adesso.

    RispondiElimina

mi raccomando: comportati bene, o sono bastonate!
(ebbene sì, sono tornati i captcha o come accidenti si chiamano; purtroppo ho dovuto metterli per bloccare una nuova ondata di spammer a luci rosse)