lunedì 28 dicembre 2009

Gli anni passano, ma Bergamo e l’Italia restano province iraniane

Quando l’ho letta stentavo a crederci, non per la notizia, ma perché mi ha fatto ripiombare indietro di almeno una quindicina d’anni, quando il proprietario di una nota catena di sex shop lottava con l’amministrazione bergamasca per riuscire ad aprire un punto vendita nella “città dei Mille”.

La notizia non è quella che a Bergamo, in via Sardegna 2/b, apre oggi un sex shop. Nè che, come ovvio, prima ancora che si alzassero le saracinesche del punto vendita (il più grande della città, come fa notare Bergamo news) si siano alzati i lai di parroci e consiglieri comunali di centrodestra, che si lagnano della vicinanza del negozio a scuole e oratori assortiti (qualcuno li avverta: in un paese ricco e cattolico come il nostro ci sono scuole e oratori ogni tre isolati in ogni città, senza parlare di ciò che si vede in televisione a ogni ora…).

La notizia è che, siccome al peggio non c’è mai fine, al coro dei difensori della famiglia e della virtù, s’è unito pure quello dei piddini.
Scrive infatti oggi sempre Bergamo news che il Partito Democratico interviene sul tema, dicendosi “sconcertato del fatto che sia lasciato al privato che affitta gli spazi la discrezionalità più assoluta rispetto a quale tipo di esercizio accetti di collocare all’interno di uno stabile”.
In un comunicato stampa il consigliere comunale del Pd Fiorenza Varinelli annuncia che il gruppo presenterà un ordine del giorno affinché “l’Amministrazione comunale non solo si faccia portavoce presso i proprietari dell’esercizio commerciale delle legittime preoccupazioni dei residenti, e solleciti anche la Regione Lombardia a inserire nella propria normativa precisi vincoli che impediscano l’apertura di simili esercizi commerciali nelle vicinanze di servizi educativi frequentati da minori”.
Risulta che la normativa regionale che la normativa regionale – aggiunge il comunicato - non prevede alcun vincolo relativo alla opportunità della collocazione di simili esercizi commerciali. Ciò significa che, come sta accadendo in questo caso, nessuna legge vieta che l’esercizio commerciale in questione possa essere aperto a 5 metri dalla scuola primaria e a 50 dall’oratorio e dalla scuola dell’infanzia del quartiere. Lascia sconcertati il fatto che sia lasciata al privato che affitta, la discrezionalità più assoluta rispetto a quale tipo di esercizio accetti di collocare all’interno di uno stabile”.

Oltre allo sconcerto di vedere che questi hanno cambiato nome più volte di quante una persona perbene cambi i calzini, senza cessare però di restare i soliti vecchi comunisti che rimpiangono la pianificazione economica e il potere dello Stato sulle botteghe, c’è la desolazione di osservare ancora una volta che, da qualunque lato di giri non trovi un liberale a pagarlo in oro.
Ai nostri politici la teocrazia iraniana gli fa 'na sega: non hanno bisogno neppure degli ordini dell'imam per sostenere - da destra a sinistra senza eccezione alcuna - le posizioni più ipocrite e illiberali, sempre pronti ad attaccare i diritti individuali (quello alla libera scelta dei trattamenti sanitari, quello a costruirsi una famiglia, quello a pregare Dio secondo le proprie tradizioni, persino quello ad aprire un negozio) pur di leccare la tonaca al vero potere di questo sciagurato Paese.
O mia Patria, sì bella e perduta…

Post Scriptum:
qualcuno di buon senso liberale è rimasto pure a Bergamo: si tratta del coordinatore provinciale del Popolo della Libertà, Carlo Saffioti, il quale dichiara:
“…Le discussioni sull’apertura del sexy shop nel quartiere di San Tomaso mi sembrano davvero eccessive. Capisco che il gruppo consiliare del Pd, ricordandosi delle proprie radici, pretenda che sia l’ente pubblico a decidere che cosa possa essere commercializzato e si lamenti per il fatto che il privato sia libero di affittare a chi vuole il proprio spazio commerciale. La libertà comporta anche questo: che nel rispetto delle leggi possano essere aperti anche dei sexy shop. Possono piacere o no… ma mi sembra pretestuoso vietarne l’apertura in quanto vicino alle scuole: siamo assediati da pubblicità di ogni genere spesso sexy e provocanti, nelle tv le rappresentazioni di rapporti sessuali e l’esposizione di belle gambe e bei seni sono ormai ad ogni ora, … Che senso ha scandalizzarsi per un sexy shop che ha le vetrine oscurate e al quale può accedere solo un maggiorenne? Tocca alla famiglia, alla scuola, oratori e alle diverse agenzie educative, il compito di far sì che il giovane sia messo nelle condizioni, quando adulto, di decidere che cosa comprare e in quali negozi entrare...”.
Bravo Saffioti, del resto lui era consigliere comunale liberale già quando dichiararsi liberali era quantomeno eccentrico... evidentemente era liberale per davvero allora, e lo è rimasto ora che, paradossalmente, è più difficile.

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(ebbene sì, sono tornati i captcha o come accidenti si chiamano; purtroppo ho dovuto metterli per bloccare una nuova ondata di spammer a luci rosse)