sabato 11 settembre 2010

Il valore eterno della privacy

La più comune replica ai difensori della privacy – da chi sostiene i controlli di identità, le telecamere, i database, la ricerca dei dati e tutti gli altri strumenti di sorveglianza di massa – è quella per cui “se non stai facendo nulla di sbagliato, allora cos’hai da nascondere?
Alcune risposte intelligenti possono essere:
  • se non sto facendo nulla di sbagliato, allara non c’è ragione per cui tu mi osservi”;
  • perché la politica ha il potere di definire cos’è sbagliato, e continua a modificare questa definizione”;
  • perché tu potresti fare qualcosa di sbagliato con le informazioni che mi riguardano”.
Il mio problema con queste risposte – per quanto giuste siano – è che accettano il presupposto che la privacy serva a nascondere qualcosa di sbagliato.

Non è così.
La privacy è un diritto umano fondamentale, e un requisito per il mantenimento della condizione umana con dignità e rispetto.
Due massime ce lo ricordano nella maniera migliore: “Chi custodisce i custodi?” e “Il potere assoluto corrompe in modo assoluto”.
Il cardinale Richelieu comprendeva bene il valore della sorveglianza quando disse “se mi dessero sei righe scritte dalla mano dell’uomo più onesto, potrei trovarci qualcosa per impiccarlo”. Guardate qualcuno abbastanza a lungo, e troverete qualche motivo per arrestarlo, o anche “solo” per ricattarlo. La privacy è importante perché senza di essa le informazioni di sorveglianza si trasformerebbero in abuso: per curiosare, per farne uso commerciale, per spiare i nemici quali che siano al momento.

La privacy ci protegge dagli abusi di chi è al momento al potere, anche se non stiamo facendo nulla di sbagliato quando siamo osservati.
Noi non facciamo nulla di male quando facciamo l’amore o andiamo in bagno.
Non stiamo deliberatamente nascondendo nulla quando cerchiamo un luogo appartato per le nostre riflessioni o conversazioni. Manteniamo la riservatezza sui nostri diari, ci chiudiamo in bagno per fare la doccia, scriviamo lettere ai nostri amori segreti… e poi le bruciamo.
La privacy è un bisogno umano fondamentale.

Un futuro in cui la privacy dovesse affrontare assalti costanti era così lontano dai Padri Costituenti che questi non ritennero neppure necessario richiamarla espressamente come diritto. La privacy era consustanziale alla nobiltà del loro essere e della loro Causa. Ovviamente essere osservati nella propria abitazione era considerato irragionevole. L’atto di osservare era considerato così sconveniente da essere inconcepibile tra gentiluomini in quei tempi. Si osservavano i criminali, non i liberi cittadini. Ognuno comandava a casa propria. È intrinseco al concetto stesso di libertà.

Se siamo osservati in ogni circostanza, siamo costantemente sotto la minaccia di punizioni, giudizio, critiche, persino del furto della nostra unicità. Diventiamo bambini, incatenati sotto sguardi scrutatori, costantemente timorosi che – ora o in un incerto futuro – le tracce da noi lasciate riconducano a noi, implicandoci in qualsiasi cosa su cui un’autorità decida di indagare, anche se un tempo corrispondente a condotta innocente e privata. Perdiamo la nostra individualità, perché ogni cosa che facciamo diventa osservabile e registrabile.

Quanti tra noi si sono fermati durante una conversazione nel recente passato, improvvisamente consci della possibilità di essere ascoltati? Probabilmente si trattava di una conversazione telefonica, poteva trattarsi di un’e-mail o di uno scambio su un instant messenger o di una conversazione in pubblico. L’argomento poteva essere il terrorismo, la politica, la religione. Ci siamo fermati improvvisamente, per un momento preoccupati che le nostre parole potessero essere prese fuori dal loro contesto, per poi metterci a ridere di un pensiero così paranoico e continuare. Ma il nostro comportamento è cambiato, e le nostre parole sottilmente alterate.

Questa è la perdita di libertà che tutti affrontiamo quando ci viene sottratta la privacy.
Questa era la vita dell’ex Germania orientale, o nell’Iraq di Saddam Hussein.
E potrà essere il nostro futuro se permetteremo a un occhio sempre più intrusivo di entrare nelle nostre personali, privatissime vite.

Troppi sbagliano nell’indicare l’alternativa come “sicurezza verso privacy”.
La scelta reale è tra libertà verso controllo.
La tirannia, che nasca come risposta ad attacchi esterni o per effetto di un costante controllo autoritario interbi, è sempre tirannia.
La libertà richiede sicurezza senza intrusione, sicurezza più privacy.
Un’estensiva sorveglianza di polizia è la definizione migliore di uno stato di polizia.
Ed ecco perché dovremmo ergerci a difesa della privacy anche quando non abbiamo nulla da nascondere.

tradotto da “The Eternal Value of Privacy”, Bruce Schneier, wired.com

1 commento:

  1. A me fanno più paura certe difese della privacy che sfociano nel diritto del forte a fare come gli pare e del debole a subire che non le boutade ironiche "allora processateci tutti".

    Inoltre il problema delle sei righe non si risolve evitando che le righe siano note, ma evitando di estrapolare da ogni riga quel che meglio si crede, inventando le righe o applicando leggi liberticide.

    Ma è un discorso lungo, e ora non ho tempo.

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mi raccomando: comportati bene, o sono bastonate!
(ebbene sì, sono tornati i captcha o come accidenti si chiamano; purtroppo ho dovuto metterli per bloccare una nuova ondata di spammer a luci rosse)