Era il 14 luglio del 2008, quando scrivevo “Hanno fatto una retata, e preso Ottaviano Del Turco e un po’ di assessori e collaboratori… potrò essere smentito dai fatti, però… l’Abruzzo ha già dato: il sospetto che in procura qualcuno non abbia dimenticato i metodi del ’92 è forte”
Nell’ottobre seguente scrivevo che “io non so se è innocente o meno ma, istintivamente, per la disistima che non posso negare di provare verso la nostra magistratura, per il passato specifico di quella abruzzese, per una sorta di fiducia personale che l’uomo mi ispira, non riesco a non schierarmi con Ottaviano Del Turco”.
E a dicembre osservavo che non solo “Per la seconda volta nel giro di quindici anni, il governo di una regione… è stato mandato a casa non da libere elezioni, ma dalle manette”, ma che i PM, dopo essere “andati avanti per mesi dicendo che le prove erano schiaccianti, che Del Turco era al vertice d’un sistema di corruttela eccetera…” prima s’erano trovati costretti a rilasciarlo e poi a chiedere una proroga della durata delle indagini.
Oggi “La Stampa” sembra proprio confermare i miei dubbi, sottolineando che “dal giorno degli arresti la Procura si è avvalsa per due volte della facoltà di chiedere una proroga delle indagini. In un anno e mezzo sono state disposte circa un centinaio di rogatorie internazionali alla ricerca di conti esteri o di società off-shore. Ma non un soldo è stato trovato e il pilastro dell’accusa resta, essenzialmente, la parola del «collaboratore» Vincenzo Angelini, il patron delle cliniche abruzzesi” e riportando come “nel frattempo dalle carte del processo sono spuntate alcune sorprese: la Procura - nel richiedere il rinvio a giudizio degli imputati per reati gravi come la concussione e l’associazione per delinquere - contestualmente ha dovuto depositare gli atti via via acquisiti. E sono emersi tre quattro rapporti - uno dei Carabinieri, uno della Guardia di Finanza e due della Banca d’Italia - che fino ad oggi non potevano essere conosciuti dalle parti e che sembrano andare in una direzione diversa da quella dell’accusa. In un rapporto riservato i Carabinieri avevano chiesto l’arresto di Angelini e di sua moglie e quanto alla giunta Del Turco si dimostrava che non aveva favorito le cliniche private, ma avviato invece un drastico taglio alle richieste illegittime del loro patron”.
Non gioisco affatto.
Vorrei potermi fidare di queste centinaia di migliaia di nostri dipendenti dai quali dipendono la nostra sicurezza e la nostra libertà
Ripeto l’opinione già espressa: “Il problema è la natura dell’accusa nel punto di vista dei suoi rappresentanti. Appare evidente un’idea dell’accusa come il tamburo del revolver alla roulette russa, in cui il PM spera che prima o poi la pallottola si fermi in corrispondenza della canna della pistola, sicché compito del Procuratore è solo quello di far scattare il grilletto più e più volte, finché qualcosa accadrà. E così si arresta sperando in confessioni, inchieste lampo richiedono proroghe, a ogni assoluzione segue un’impugnazione, in un vortice di inefficienza il cui unico risultato sono la sfiducia o il disprezzo da parte di quei Cittadini che invece dovrebbero poter considerare tutto l’ordine giudiziario il supremo tutore delle proprie libertà.”
Per superficialità ho concluso la volta scorsa “Avanti così, fatevi altro male”: la verità è che ancora di più, le vittime siamo solo noi.
Mah... io non la vedo così. Io credo che esistano magistrati che lavorano bene e altri che lavorano male e mi sembra che la mia opinione in fondo non sveli altro che una banale verità. Peraltro esistono molti giudici (e io penso che siano la stragrande maggiornaza) che fanno il loro lavoro con dedizione e scrupolo (e qualcuno ricordo che ci ha anche rimesso la vita)
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