martedì 29 aprile 2008

Ora che finalmente è finita

Con i ballottaggi s’è finalmente conclusa questa tornata elettorale.
Ci avreste creduto voi che uno con il faccino da sfigato come Alemanno avrebbe sconfitto il bellone imbolsito Rutelli?
Io no, non l’avrei mai creduto.
Neppure negli ultimi giorni, quando la campagna per Roma è diventata violenta e volgare come mai mi sarei atteso, chiaro indice di paura da parte dell’incumbent (sì, insomma, il bello guaglione), avrei immaginato non solo la sconfitta di cicciobello, ma addirittura un simile divario e, per di più, la chiara evidenza del fatto che decine di migliaia di elettori del PD hanno preferito votare Alemanno piuttosto che il “proprio candidato”… una cosa da fantascienza!
Comunque è finita.

In altro blog, qualche giorno fa, commentando il fatto che persino una comunità sensibile alle lusinghe sinistre come quella dei gay romani era incerta e anzi in alcuni casi palesemente a favore di Alemanno, osservavo che dallo stretto punto di vista di quella comunità, tanto non sarebbe cambiato niente: un bacchettone cattolico da un lato, e un bacchettone cattolico dall’altro.
Ma che dal punto di vista generale dei cittadini una eventuale – da me ritenuta improbabile – sconfitta del centrosinistra sarebbe stata un bene per Roma, perché a una classe oramai divenuta di parassiti avrebbe sostituito gente che, almeno nei primi anni, avrebbe fatto qualcosa di utile.

Ed è partendo da quella convinzione che vorrei proporre una riflessione che interessa anche noi padani, i milanesi in particolare e tutti quanti in generale.
Possiamo crogiolarci nell’idea dell’intrinseca capacità di buon governo del centrodestra lombardo, e ognuno può sostenere -più che altro per autostima- che i propri eletti siano migliori, ma dobbiamo essere preparati all’idea della sconfitta e dell'opposizione, prima o poi anche a Milano, anche in Lombardia.
E sarà un bene.

Forza Italia governa a Milano dal 1997, in Lombardia da ben prima.
Un periodo ininterrotto di potere con luci e ombre ma, soprattutto, ininterrotto.
Così come a Roma, a Napoli, in Emilia, in Toscana, nelle valli bergamasche, anche a Milano le poltrone del potere hanno oramai preso la forma dei sederi che da così tanti anni le occupano.
Così come in quei luoghi, il ricambio inizia a essere solo formale: cambiano i sindaci, gli assessori, i consiglieri, ma la struttura di potere resta immutata.
Un giorno ci sveglieremo ed scopriremo che i Formigoni (gran presidente, che io non ho votato, ma che è indubbiamente bravo) e le Moratti si sono trasformati in Bassolini e Rose Russe Iervoline.
Quel giorno ci chiederemo come è stato possibile, ma si tratterà di domanda oziosa: è inevitabile, è la natura delle cose a trasformare i politici in cozze abbarbicate allo scoglio.

Un tempo si raccontava di una multinazionale dell’informatica in cui, a prescindere dal loro valore, i dirigenti occupavano lo stesso posto per un massimo di cinque anni, poi cambiavano incarico: serviva a evitare le incrostazioni, le visioni conservatrici, i personalismi, chissà se era solo una leggenda o cosa vera.
Le democrazie più mature della nostra hanno da decenni incorporato tra i propri valori quello del ricambio necessario tra le generazioni politiche: a un certo punto, chi ha governato fino a quel momento se ne va, e chi gli succede è necessariamente diverso dal predecessore, per storia, cultura, vision del futuro.
Così Tony Blair segue Margareth Tatcher (Major chi?), Bill Clinton segue Ronald Reagan (di cui Bush sr. costituisce un’appendice e nulla più), Zapatero segue Aznar.
È il “ciclo quasi decennale” delle democrazie mature, che con una violenta scossa tellurica seppellisce sotto i calcinacci i potenti di ieri, per lasciare liberi i terreni all’edificazione del potere di domani, fino alla prossima scossa.

E noi?
A questo punto, poiché abbiamo visto che anche i nostri elettori sanno come risvegliare le viscere della terra e provocare quel salutare terremoto, resta una sola necessità: costruire un sistema che impedisca ai politici di abitare in case antisismiche.
Fuor di metafora, il ciclo quasi decennale è facilitato, nei sistemi in cui opera, da una struttura del potere che limita la possibilità di costruire connivenze tra la politica e la società civile.
Se la politica non può comprare il consenso dei cittadini né stabilire rapporti speciali con i poteri esterni, “neutri” o “forti” che siano, il giorno in cui arriva la scossa non ha rifugi in cui ripararsi.
Se a Napoli Totò e Peppina non avessero potuto contare su una vasta rete di complicità, in primo luogo nella classe intellettuale, la menzogna del rinascimento campano e i suoi fondali di cartone non avrebbero potuto coprire i cumuli di immondizia così a lungo.
Se a Milano, negli anni ‘80, i socialisti non avessero avuto l’illusione di essere legibus soluti, e sostanzialmente senza controllori, i golpisti in toga non avrebbero potuto perpetrare il loro crimine.

E allora, un politico che voglia essere statista, ossia che –secondo la massima degasperiana– voglia pensare alle prossime generazioni e non solo alle prossime elezioni, dovrebbe preoccuparsi di costruire una politica in cui il proprio posto sia sempre un po’ traballante, perché questo gli garantirà che – se un giorno dovesse perderlo – il proprio successore non possa eternare il proprio potere.

Se un giorno a Milano la bandiera rossa garrirà da Palazzo Marino non ne sarò affatto felice, ma se questo fosse il prezzo per garantire in futuro un sistema basato su un sano e assicurato ricambio, beh saprò sopportare.

lunedì 28 aprile 2008

Avviso ai naviganti: la campagna elettorale è finita, potete smetterla

C’è qualcosa di cui forse qualcuno non s’è accorto.
La campagna elettorale è finita.
Il centrodestra ha vinto, con un vantaggio tale da non avere bisogno di sponde nell’opposizione né in poteri esterni al Parlamento.
Insomma, non c’è più bisogno di stare inginocchiati davanti alle patte cardinalizie.

Ditelo, a chi continua ad agitarsi come se dovesse ancora conquistare la neutralità dei parroci e l’astensione dei conventi.
Basta, è finita.
Non serve più stare a condurre improbabili battaglie morali su temi più che digeriti dall’opinione pubblica, difendere la santità del matrimonio o il futuro della famiglia eterosessuale, minacciata molto più dai tassi d’interesse dei mutui che non dalle torme di froci e coppie di fatto (o – addirittura – di coppie di fatto di froci) che affollano i cataloghi dell’IKEA.
War is over

Potete tornare a occuparvi, se ne siete capaci e sapete come si fa (e se non sapete come si fa potete sempre chiedere a politici e giornalisti del resto dell’occidente), della recessione globale che si sta per abbattere anche sul nostro Paese, delle sfide della globalizzazione sul nostro mondo del lavoro, del bisogno di energia della nostra civiltà... così tra l’altro la smetterete di mettere in imbarazzo i vostri referenti politici o editoriali, preclari difensori della virtù, pluridivorziati, abortisti al settimo mese, o ex comunisti nonché ex triabortisti eccetera.
Insomma, smettetela e, se, se vi riesce, iniziate a occuparvi di cose serie.

Post Scriptum: con tutte le cose da fare, ho dimenticato di ubriacarmi per festeggiare la trombatura di Luca Volonté, che grazie a queste ultime elezioni ha smesso di scaldare uno scranno a Monte Citorio e che dovrà tornare a guadagnarsi il pane, come tutti i mortali.
Ora che ci faccio caso: più che di "tornare a guadagnarsi il pane", credo che per lui si tratti di "iniziare", giacché il Volonté mi sembra uno di quelli che non hanno mai fatto un lavoro vero in vita propria.

giovedì 24 aprile 2008

L’ultima frontiera dello spamming

Questa non mi era mai arrivata, e considerando il fatto che il mio indirizzo di posta elettronica è depositato in migliaia di database, non esclusi molti di pubbliche amministrazioni, ci stavo per cascare.
Poi mi sono detto “naaah!, figurati se sono diventati così efficienti”, e allora ho letto il messaggio (sì, perché come tutti ho l’impulso ad aprire gli allegati prima di leggere), e ho visto che si iniziava col divieto di sosta e si proseguiva con l’eccesso di velocità, insomma…
Beh, se vi arrivasse una multa per posta elettronica, per ora potete evitare di pagarla!

lunedì 21 aprile 2008

I froci? ce l’hanno rotto…

La lettura è sempre consigliata: apre la mente, allarga gli orizzonti e, quando uno meno se l’aspetta, può riservare le sorprese più inattese.
Così, può accadere anche che, sfogliando “Affari in città”, giornale di piccoli annunci economici, il lettore trovi un cruciverba davvero intrigante…

Cosa avranno mai di rotto, questi froci?
Se lo sono chiesto anche diversi lettori romani, froci e no, che si sono armati di telefono e posta elettronica per porre il quesito all’editore del simpatico giornale.

L’editore, nonché direttore del giornale, sembra esserci rimasto di sale: prima ha negato poi, dopo avere letto il giornale le cui bozze evidentemente gli erano sfuggite, ha deciso di agire da persona seria, interrompendo la collaborazione col redattore improvvido, e pubblicando un riquadro di scuse nella pagina in cui era apparso il cruciverba malandrino…

Bah, questa è una storia a lieto fine, ma indica che il disprezzo per le minoranze è ancora molto diffuso, in alcuni casi occultato solo da una patina di convenienza, ma purtroppo presente…

venerdì 18 aprile 2008

I soliti comunisti

In Russia si mangiano i bambini?
Certamente, purché siano di cioccolata.
Eloquenti le foto pubblicate sulla Pravda e che mostrano a che livelli possa essere giunta la maestria dei pasticcieri d'Oltrecortina (come si diceva un tempo).
Inutile dire che le immagini ripropongono dei neonati di cioccolata semplicemente perfetti e colorati in varie posizioni, perfino lo sbadiglio tipico dei bebè... come dire: i bambini sono proprio buoni.
Su Affari Italiani la galleria dei virgulti da mangiare... per quelli da bollire c'è chi se ne sta occupando...

mercoledì 16 aprile 2008

Gli amici, si vedono nel momento del bisogno

La notizia del 73% di voti assegnati al centrodestra dai nostri elettori residenti in Israele avrà fatto sobbalzare qualcuno. “Ma come”, si sarà chiesto “agli eredi del fascismo?”.
Sì proprio a loro.
Dalla sua nascita, storicamente Israele ha avuto in Europa un solo alleato sicuro: la Repubblica Federale Tedesca, da sempre pronta a sostenere, sia pure senza farsi vedere troppo, la democrazia di Gerusalemme.
Nel 2001, con l’avvento di Silvio Berlusconi, le cose sono cambiate perché improvvisamente a Roma si è smesso di tenere il piede in tre scarpe; così, per cinque anni consecutivi, a Gerusalemme si è avuta la netta percezione che gli “eredi del fascismo” sarebbero stati nuovi amici su cui fare affidamento nel momento del bisogno, e i due anni seguenti, con le prodezze in politica estera del nostro centrosinistra, hanno chiarito bene l’importanza di questi amici.
In queste primarie, negli Stati Uniti uno spot elettorale recitava “è notte, un telefono squilla alla Casa Bianca, chi vorresti ci fosse a rispondere?”: se una notte arrivasse a Roma una telefonata da Gerusalemme, ora sappiamo che l’interlocutore in Israele troverà dall’altro capo del telefono un amico pronto a dare una mano.

Post Scriptum: grazie a Camillo, vi segnalo Qui, l'articolo del New York Sun su "l'onorevole Nirenstein", che finisce così: "Meanwhile, those pessimists who describe Europe as slouching irreparably toward Eurabia — well, let them meet the Honorable Nirenstein."

martedì 15 aprile 2008

Previsioni del tempo

ANSA - da Washington, 18 giugno 2008 ore 8.35
In una tiepida giornata di inizio estate, l’A319 della Presidenza del Consiglio dei Ministri è atterrato nella capitale degli USA.
A bordo, Silvio Berlusconi per una visita “prima di tutto di piacere, all’amico George” .
Ad attenderlo a terra, il presidente degli Stati Uniti che ha abbracciato calorosamente “l’amico Silvio, che mi è molto mancato in questi due anni”.
ANSA – da Roma, 18 giugno 2008 ore 14.35
Una misteriosa epidemia di attacchi d’ulcera sembra avere investito il nostro Paese.
Poco fa, diverse migliaia di cittadini si sono presentati al pronto soccorso degli ospedali in preda a dolorosissimi spasmi e incontenibili bruciori alla bocca dello stomaco.
Interpellati dai sanitari sembra che molti abbiano risposto “stavo guardando il telegiornale, quando all’improvviso…”.

I limiti personali e il giudizio della storia...

Nei commenti al post sul nuovo "miracolo italiano", Leppie mi dà addirittura dell'ubriacone... fosse vero, purtroppo non è così: l'alcool mi addormenta prima ancora di darmi ebbrezza, quindi...
Io capisco che il giudizio di molti sia traviato dal pregiudizio ideologico, dalla cattiva stampa e dall’autolesionismo del pelato.
Ma invito a riflettere.
Churchill sì era un ubriacone, che si presentava alticcio in Parlamento.
La nostra storia patria racconta di capi del governo quantomeno discutibili, che però sono chiavi di volta della costruzione di questo Paese.
La stessa Bibbia racconta di esseri spesso spregevoli, sicuramente opinabili nelle condotte, ai quali Nostro Signore ha dato il compito di guidare Israele (leggetevi il libro dei “Giudici”).
Insomma, non sono i limiti personali a contare, ma ciò che si fa nella storia (anche solo quella con la minuscola).
E qui, mi spiace, ma tutte le gaffe e le stupidaggini che il nostro ha fatto, non cancellano né la sua storia professionale (che in altri paesi sarebbe celebrata come espressione del genio nazionale), né il fatto che da politico è stato uno dei pochi ad avere il coraggio di prendere delle decisioni, e di mantenerle.
È stato in armi per cinque anni di fila a fianco dello stesso alleato (non succedeva in Italia dai tempi di Annibale), ha modificato radicalmente il mercato del lavoro, generando un’onda lunga di occupazione che ancora si mantiene, ha avuto il coraggio di mettere mano al verminaio delle pensioni, con un senso di responsabilità che è mancato a chi l’ha seguito, ha provato a riformare la Costituzione, con proposte che sono state strumentalmente combattute dai suoi oppositori, ma che guarda caso sono tornate nelle loro stesse tesi sulla riforma dello Stato.
Siamo d’accordo? non lo siamo? era tutto giusto? era tutto sbagliato?
Chi lo sa, osservo solo che Cavour ci mandò in guerra in Crimea, un’impresa in sé inutile, ma funzionale all’acquisto delle coperture internazionali necessarie per la costruzione dell’unità d’Italia.
Quintino Sella approvò la tassa sul macinato: grazie a lui e alla Destra storica, l’Italia post risorgimentale rimise a posto i conti dello Stato.
Nessuno dei due sembra si tingesse i capelli ma, sinceramente, la vanità tricologica sembra fosse anche di Ronald Reagan, un ex attore di B movie con la passione per le barzellette: con i suoi missili costrinse alla resa l’impero sovietico, vide cadere il muro di Berlino ed è ora celebrato come un eroe americano da repubblicani e democratici insieme.
Insomma…

L’altra faccia della medaglia

Appropinquandomi lemme lemme all’ufficio (a una certa età, la stanchezza post elezioni è devastante), valutavo questa mattina che alcuni aspetti sono assolutamente negativi di queste elezioni.
Innanzitutto il fatto che l’UDC non sia stata spazzata via dal Parlamento.
Avrei preferito la Sinistra Critica o quella Arcobaleno a Palazzo Madama, almeno si tratta di gente seria, capace di rischiare e perdere per i propri principi, e non di quella banda di baldracche con lo scolo che abusa del cadavere dello scudo crociato …
Poi il fatto che per i prossimi cinque anni torneranno a martellarci l’anima con l’antifascismo, i cortei del 25 aprile, l’ora e sempre Resistenza e tutta quella paccottiglia assolutamente strumentale di cui a sinistra qualcuno si servirà per tenere alta la tensione dei propri militanti. Spero che Cossiga si sbagli, e che le parole a sproposito che saranno sicuramente usate non si trasformino in altro, ma chissà…

Post Scriptum: ecco... basta leggere Travaglio, per capire cosa ci attende... mala tempora...

lunedì 14 aprile 2008

E ora, Silvio, fai l’ultimo “miracolo italiano”

È stato incredibile.
Neppure un turacciolo di sughero sarebbe stato capace di tornare a galla come lo è stato lui, dopo tutto quello che è successo in questi quindici anni.
Non sono bastante inchieste, scandali, un tumore, più tradimenti e sconfitte: lui ha resistito, e ha vinto ancora.
Se c’è un “miracolo italiano” questo è proprio Silvio Berlusconi.
Detto questo, se ora un miracolo lo facesse lui, per noi, non sarebbe male.
Dia ascolto a quello che con malvagità ha detto Francesco Merlo, si trasformi in statista.
È già il politico più serio di questa disgraziata epoca della Repubblica, l’unico convinto che la moralità in politica sia mantenere la parola data.
Ecco, lo faccia senza corna, battute sceme, atteggiamenti da studente gradasso.
Guidi il Paese con la coscienza della gravità del momento e della grandezza delle opportunità che pur ci sono.
Faccia le scelte che sono necessarie.
Il federalismo fiscale certo, che sarà il prezzo da pagare alla Lega, in fondo neppure caro.
E poi però le riforme, da fare con l’opposizione.
Quella costituzionale, quella della giustizia, tutte le altre che servono.
Lo faccia senza trasformarsi in uno di quei buffoni che credono di essere seri solo perché non ridono mai.
Ma lo faccia ricordandosi che la forma è anche sostanza, e che la fiducia di un Paese si conquista e si perde anche con cose minori.
In passato ha citato Reagan e la Tatcher, li segua.
Non si accontenti di esserlo, appaia anche un uomo di Stato.
Faccia questo miracolo, sarà ricordato per gli anni a venire.

La più bella storia di queste giornate di voto

Le elezioni sono la festa della libertà, per questo nostro concittadino lo sono state in un senso che per fortuna noi non comprenderemo mai, bentornato nel mondo dei liberi!

A 87 ANNI VOTA PER LA PRIMA VOLTA NEL SALERNITANO
SALERNO - Ha votato per la prima volta ad 87 anni: Giovanni Alina, che lo scorso anno è tornato libero dopo essere stato per cinquant'anni in un manicomio giudiziario, questa mattina, accompagnato dall'assistente sociale del comune di Olevano sul Tusciano in provincia di Salerno, ha varcato per la prima volta nella sua lunga esistenza la soglia di un seggio elettorale. L'anziano, insieme con l'assistente Maria Vece, è entrato nella cabina della quinta sezione del seggio insediato nella scuola elementare della frazione Monticelli. L'87enne - che da un anno vive nella casa di riposo Nonna Carmela di Olevano sul Tusciano - è apparso frastornato, ma anche incuriosito dallo scenario che si è prospettato ai suoi occhi. "Per lui è stata una novità", spiega la dottoressa Vece. "Si guardava intorno, spaesato. Poi quando ha deposto le tre schede nelle urne (ad Olevano sul Tusciano si vota anche per le amministrative), i presenti gli hanno tributato un applauso". Giovanni Alina è tornato uomo libero dal primo marzo dello scorso anno, dopo aver trascorso cinquant'anni della sua vita nei manicomi; vi era stato chiuso perché ritenuto pericoloso, pur non essendo mai stato dichiarato interdetto.

Fonte: ANSA via Morris

L’intrinseca volgarità della campagna di quelli più eleganti

Per chi ha deciso da tempo di “sprecare” il proprio voto dandolo a due partiti minori che non hanno alcuna speranza elettorale, i temi “concreti” (si fa per dire) di questa campagna elettorale erano assolutamente irrilevanti, e infatti non hanno trovato albergo in questo blog.

Una cosa però m’ha colpito: la violenza e volgarità intrinseca della campagna di quelli “buoni” ed “eleganti”.

A ben pensarci, era una scelta inevitabile.

Quando la propria strategia elettorale è far dimenticare il proprio legame col passato della politica del nostro Paese, sia quello personale – abbastanza risalente – sia quello di partito, tutto diventa obbligato.

E così, se ci si deve confrontare colo passato, ci si confronta con quello del proprio competitore.

E si tira in ballo l’unica cosa su cui si può competere.

Non i risultati, non la durata delle rispettive storie politiche, ma l’età.

Improvvisamente, una forza politica rappresentata da un Presidente del Consiglio settantenne, il cui governo s’è retto per due anni sui voti del partito dei pannoloni e che ha eletto un Presidente della Repubblica ultraottantenne si scopre giovanilista, e per tutta la campagna elettorale, non potendo dire altro, spara sull’età del leader dello schieramento concorrente.

Lo fa nella maniera più volgare, affidando questa parte da gaglioffi ai comprimari, ai Franceschini di turno, che maramaldeggiano sulle rughe del volto, cercando di far dimenticare che, tutti quanti loro, facevano politica da quando il vecchio coi tacchi, il riporto e la tintura aveva invece ancora tutti i suoi capelli.

È tutto scontato, è tutto naturale, sono le immutabili regole della comunicazione: se non puoi combattere nel tuo campo, cerca di portare la battaglia in quello avversario, ma è anche tutto molto volgare.

Sì, perché in questa condotta si realizza ancora una volta la negazione del principio della responsabilità in politica, il pretendere che le elezioni siano decise non sulla base del giudizio dei cittadini per la capacità mostrata da chi si candida, ma sul colore dei capelli, su quello della pelle, e altre cose che con la politica e gli interessi dei cittadini non c’entrano nulla.

Che questa pretesa sia avanzata da chi dovrebbe essere l’erede di un’idea “alta” della politica è significativo: significa, ancora una volta, che questa pretesa eredità non esiste, perché forse non c’è mai stato questo patrimonio di cultura sempre vantato; era fuffa, un tempo ben agitata da leader di vaglia, ora in mano a scartini i cui limiti sono evidenti e che possono contare solo su una maggiore tonicità della pelle del volto.

A questo punto, tanto vale farsi governare da tronisti e veline: lo spessore è simile, il piacere per l’occhio maggiore.

domenica 13 aprile 2008

Bianco, Rosso e Verdone…

Buongiorno Signora, benvenuta”, il Gabibbo presidente è mellifluo come neppure Enzo Tortora ai bei tempi.

ha per caso con sé un telefono cellulare? posso vederlo? il suo telefono ha la fotocamera, glielo tengo io e glielo rendo dopo, la sua cabina è la quattro, vicino alla finestra, grazie”.

Gli elettori sono sempre i soliti: età media oltre i sessanta, gente tranquilla che un telefonino in realtà a malapena riesce a usarlo per telefonare, quindi il più delle volte puoi anche risparmiarti lo sforzo: quando il fotografo ha il Parkinson, sei sicuro che la foto riuscirà mossa…

Si inizia così alle otto del mattino… e si va avanti per ventiquattro ore quasi ininterrotte.

Quest’anno la novità sono i rappresentanti di lista del centrodestra, una marea, uno diverso per ogni seggio… mai successo, neppure ai tempi del PCI.

Sono così tanti che una elettrice, dopo avere espresso il voto, si avvicina e, con aria guardinga mi chiede “senta, ma è normale che ci siano tutti questi signori con la spilla di Berlusconi? Perché ci sono solo loro?”, la guardi e, con il sorriso che si usa per spiegare le cose del mondo ai bambini, le rispondi “in realtà in questo seggio sono accreditati cinque rappresentanti di lista: Sinistra Arcobaleno, lista Di Pietro, Lega Nord, Partito Democratico e PdL, probabilmente i rappresentanti delle altre liste coprono più seggi, invece per il PdL ogni seggio ha il suo rappresentante, comunque Le assicuro, ci sono diversi rappresentanti di lista, è tutto normale”. Lei ti guarda, un po’ confortata ma non molto e continua “ah beh, perché sa, quando sono arrivata e ho visto solo gente con la spilla di Berlusconi, m’è preso un colpo”, tu continui a sorridere e la rassicuri “come Le ho detto, è tutto normale, non si preoccupi”, l’elettrice ringrazia e tu di rimando “grazie, e buona domenica”.

I rappresentanti di lista del PdL sono improbabili: hanno una cordicella porta badge con la scritta “difensore della libertà” (bum!) e ci credono pure. Se gli passi vicino li senti raccontarsi del loro eroico intervento nel seggio… per impedire chissà quale attentato alla regolarità delle elezioni che, dopo vent’anni di seggi, sai rientrare nelle minimalia di ogni consultazione…

Forse dovrebbero riflettere sul fatto che non è a Milano che il loro voto è in pericolo, ma magari a Bologna, però apprezzi l’entusiasmo, questo sì.

I rappresentanti delle altre liste rientrano nella statistica: tranquilli e scafati i sinistri, sospettosi i leghisti…

L’affluenza è uno strazio, ma oramai ci sei abituato: con un’età media così alta, ogni elettore in più che arriva è un miracolo della volontà, e infatti guardi con un misto di sconcerto e ammirazione la lunga teoria di signore e signori con le stampelle e col bastone, gente che è ancora convinta che il voto sia importante e che, fratture o meno, cascasse il mondo ma al seggio ci va.

Il tempo passa molto lentamente, quando hai meno di seicento elettori da aspettare per ventiquattro lunghissime ore, e così fai conoscenza con i tuoi scrutatori, che un po’ si raccontano e un po’ giocano con i nomi e le età dei tuoi elettori, anche tu del resto scopri di avere dei vicini di casa di cui non conoscevi neppure l’esistenza e, magari, grazie alla sequenza dei timbri sulla tessera elettorale, ti fai pure delle strane idee sulle loro convinzioni.

Insomma, è una tranquilla domenica di elezioni… speriamo solo che nessuno dei miei ottuagenari abbia il cattivo gusto di morirmi mentre vota…

AFFLUENZA ALLE 22 NEL SEGGIO: 50% esatto...
AFFLUENZA ALLE 7.40: neppure un cane... e io mi sono svegliato alle 5, sgrunt.

Che noia che barba...

Ore 14, ha votato il 24% degli aventi diritto...

venerdì 11 aprile 2008

Saggezza Riformista

VEDI PECORARO E DE GREGORIO E CAPISCI BOSSI

Pecoraro Scanio e De Gregorio, due volti della nuova questione meridionale.
L’uno giustizialista, l’altro ex giustizialista.
L’uno gira per le piazze a fomentare l’ambientalismo del no, anche quello moralmente impresentabile.
L’altro gira per le pizzerie ad alimentare la voracità di clientele allo stato nascente.
Sono la prova della inevitabilità di Umberto Bossi.
Con due politici meridionali così capisci la Padania.

il Riformista Venerdì 11 aprile 2008

mercoledì 9 aprile 2008

Uòlter, ossia: l’antipolitica

È mattina, chiami un amico e lui ti accoglie con un “allora lo firmiamo questo patto di fedeltà alle istituzioni?”.
L’amico è sulfureo.
Lui sarebbe pure un elettore del PD: storico sostenitore delle liste radicali, già nel 2006 votò per Prodi (coperto di contumelie dal sottoscritto, prima durante e dopo le elezioni) per sostenere la sua Emma Bonino.
Quest’anno è molto dubbioso: la sua idea sarebbe di andare alle urne e disegnare un bel fallo sulle schede.
Ogni tanto però sente la Bonino su Radio Radicale, e allora si lascia commuovere dal passato ed è tentato di ridarle il voto.
Poi per fortuna sente Uòlter-mai-stato-comunista, e allora riprende a esercitarsi su un quadernetto, per disegnare quel fallo nella maniera migliore.

Non aspetta i miei insulti, per riprendere subito lo sfogo.
Tutti e due si candidano per guidare ilo Governo, tutti e due sperano di andare a giurare nelle mani del Presidente della Repubblica, e lui se ne esce fuori con questa storia del patto da firmare davanti alle telecamere, ma che senso ha?”.
E questa riflessione contiene in sé qualcosa di dirompente.
Il leader dello schieramento che accusa Berlusconi di fare spettacolo e non politica ha in un colpo solo delegittimato uno dei più sacri momenti della nostra democrazia, il giuramento di fedeltà alla Costituzione nelle mani del Capo dello Stato, per sostituirlo con una scrittura privata tra i candidati, da firmarsi davanti alle telecamere.
Addio istituzioni, benvenuta televendita.

Vincino dice di Veltroni che è “il Berlusconi del giorno dopo”, senz’altro, ma anche del giorno prima, perché con i suoi gesti rivela la strumentalità di tutti i principi che lui e la sua parte vanno declamando da sempre.
Veltroni è l’antipolitica, perché è nel suo DNA intendere la politica non come arte del governo, ma come strumento del partito, unico protagonista della vita dello Stato. Può dire quel che vuole, può improvvisare tutti i balletti di questa terra, ma pur non essendo mai stato comunista, la filosofia di quel partito gli appartiene.

martedì 8 aprile 2008

Peppone, i comizi elettorali e il lancio dei pomodori

Appena Peppone lesse sulle cantonate il manifesto nel quale si diceva che un tizio di città avrebbe tenuto in piazza un comizio per invito della sezione del partito liberale, fece un salto.
“Qui, nella roccaforte rossa, si dovrà permettere una provocazione simile?” urlò. “La vedremo chi comanda qui!”

“Ecco l’insidia della democrazia!” concluse Peppone. “Che il primo mascalzone può permettersi il lusso di parlare in una pubblica piazza!”

Ed ecco che arrivò il treno e scese soltanto un ometto magro con una valigetta di fibra.

L’ometto si avvicino e, salutando urbanamente, chiese a Peppone se per cortesia gli indicava la sede del partito liberale.

Arrivati sulla piazza, Peppone e i suoi scesero, accerchiarono l’uomo, fendettero la calca e raggiunsero la tribuna. L’uomo salì e si trovò davanti duemila uomini in fazzoletto rosso.

“Compagni!” gridò Peppone. “Vi presento questo signore il quale vi terrà un discorso alla fine del quale voi tutti andrete a iscrivervi al partito liberale.”
Una enorme risata accolse quelle parole, e quando si fece un po’ di silenzio l’uomo parlò.

“Ringrazio della sua cortesia il vostro capo.” disse “ma ho il dovere di spiegarvi che non risponde ai miei desideri quanto egli ha affermato. Perché se, alla fine del mio discorso, voi andaste tutti a iscrivervi al partito liberale, io sarei costretto ad andarmi a iscrivere al partito comunista, e ciò sarebbe contrario ai miei principî.”
Non poté continuare perché in quell’istante arrivò sibilando un pomodoro che lo colpì in faccia.
La folla si mise a sghignazzare e Peppone diventò pallido.
Chi ride è un porco!” urlò al microfono. E la folla diventò muta.
L’uomo non si era mosso e con la mano cercava di pulirsi il viso. Peppone era un istintivo e, senza saperlo, era capace di gesti enormi: si tolse il fazzoletto dal taschino , poi lo ripose e si slacciò il grande fazzoletto rosso che portava al collo e lo porse all’uomo.
“Lo portavo quand’ero in montagna” disse. “Si ripulisca”.


L’uomo scosse il capo, si inchinò e si avvicino al microfono.
“Troppa storia è racchiusa in quel fazzoletto perché la si possa macchiare con un volgare episodio che appartiene alla cronaca meno eroica del mondo” disse. “Per cancellare questa macchia basta un normale fazzoletto da naso.”
Peppone diventò rosso e si inchinò anche lui, e allora un sacco di gente si commosse, e si levò un applauso formidabile mentre il ragazzaccio che aveva buttato il pomodoro partiva a calci nel sedere verso l’uscita della piazza.

Giovanni Guareschi “Don Camillo” – “il comizio”

Un'opinione pacata su Valter Veltroni

Veltroni è disgustoso.
Berlusconi ha già giurato ben tre volte sulla Costituzione: da Presidente del Consiglio.
E, assieme a lui, hanno giurato di difendere la Costituzione tutti i ministri dei suoi Governi, Bossi incluso.
Mi pare che anche il "mai stato comunista" sia stato ministro della Repubblica, no?
Dov'era quando si giurava?
A leggere Tex willer?
Oppure, siccome per un (mai stato) comunista i giuramenti non contano nulla, allora suppone che anche per gli altri le cose stiano così?

(detto questo: se certi figuri la smettessero di sparar vaccate...)

I violenti ai comizi

Comprendo, fino in fondo, la posizione della cara Rolli e di tutti gli altri che vorrebbero vedere Giuliano Ferrara infilzato da uno spiedo e messo a rosolare finché non dimagrisce un bel pochettino.

Ma, come ho scritto dalla Rolli, non credo si possano accettare le condotte di chi ne disturba i comizi anche solo con strepiti, quando non con il lancio di oggetti.

Bisogna dirlo forte e chiaro, mi spiace: i comizi sono un momento della campagna elettorale, sono l’espressione di due diritti fondamentali dell’uomo, quello alla libertà del voto e quello alla libera manifestazione pubblica delle opinioni, che devono essere difesi e non possono essere conculcati con nessuna scusa.
Chi, con la scusa di contestare le idee, disturba un comizio sta attentando alle libertà elettorali dei cittadini, non importa quanto questi cittadini possano essere da noi ritenuti stronzi.

Se le parole di qualcuno non ci piacciono, abbiamo il diritto e il dovere di dire quel che pensiamo, ma non quello di tappare la bocca a chi non vogliamo sentire.
Chi organizza contro manifestazioni nelle piazze dei comizi avversari o addirittura si diletta nel lancio di ortaggi non sta esprimendo il proprio dissenso, ma sta dando libero sfogo al proprio animo di fascista, nero o rosso che sia.

Sul blog della Rolli scrivevo questa mattina che “dai pomodori ai sassi la strada è breve. È vero che il dramma si ripete di solito come farsa, ma abbiamo già vissuto, certo con protagonisti ben diversi, questo tipo di cose.”, speravo fosse un’iperbole retorica.
Invece, sono bastate poche ore perché le notizie mi superassero.
Poiché Ferrara non bastava, ora si mettono anche a cercare di impedire i comizi di Berlusconi. È successo a Savona, dove un gruppo di “pacifici” contestatori… s’è scontrato con la polizia.

La cosa peggiore, è il giustificazionismo che i candidati della Sinistra Arcobaleno hanno tirato fuori: "l’immotivata carica della Polizia contro manifestanti antifascisti che esprimevano la propria opposizione al comizio dell’onorevole Berlusconi in maniera assolutamente pacifica è una brutta anticipazione di cosa potrà succedere, in termini di diritti umani e di espressione democratica, nei prossimi mesi".

Da quando Silvio Berlusconi è il leader di un partito che propugna il ritorno del fascismo?
Di quale accidenti di antifascismo stanno parlando questi qui?
Altro che antifascismo, sono loro i fascisti, che cercano un’occasione come un’altra per giocare alla resistenza e spaccare un po’ di vetrine.

È la solita storia e lo ripeterò fino all’ultimo respiro: se lasciamo che i principi vengano piegati quando si tratta di chi detestiamo, poi non potremo usarli in nostra difesa quando qualcuno cercherà di negarceli.

lunedì 7 aprile 2008

Chi è peggio?

Da un lato c’è uno della casta.
Un tipo che s’è costruito una posizione giocando a fare il rivoluzionario ben accolto nei salotti borghesi, e che ora campa molto bene con la pensione di parlamentare, dedicandosi a hobby imprenditoriali da benestante econtinuando a sproloquiare cose della cui stupidità dovrebbe vergognarsi da almeno quarant'annni.
Il tipo è stato invitato in Università Cattolica da un gruppo di studenti che non si capisce perché si siano iscritti lì e non altrove (non lo capivo neppure ai tempi in cui la frequentavo io, osservando quel garrire di falci e martelli… mah!), e che evidentemente non hanno tratto vantaggio dagli ultimi vent’anni di storia mondiale, se ritengono di doversi abbeverare a cotanta fonte.
Dall’altro lato, un gruppo di esaltati, a cui altrettanto gli ultimi venti anni di storia nulla hanno insegnato, e che vanno in giro a strillare slogan ridicoli e terrificanti tanto quanto può esserlo una maglietta del Che.
Hanno vent’anni, o su di lì… e sembrano tutti quanti i loro nonni.
    07 apr 15:11
    Milano: Mario Capanna torna alla Cattolica dopo 40 anni, contestazioni
    MILANO - L'ex leader studentesco del '68 Mario Capanna torna all'Universita' Cattolica dopo 40 anni, invitato dagli studenti di sinistra. Prima dell'inizio dell'incontro ha dichiarato: "E' una grande emozione essere qui, anche se l'incontro non e' stato organizzato nelle sede storica". Non sono mancate contestazioni. Studenti di destra hanno gridato: "Contro il '68 la gioventu' si scaglia, boia chi molla e' il grido di battaglia". (Agr)

Per chi vota il Gabibbo

Mettiamola così: io mi auguro sinceramente che l’armata Brancaleone guidata da Uòlter-mai-stato-comunista Veltroni perda.
Il Paese è troppo nei guai per lasciarlo in preda delle crisi adolescenziali di una parte politica che si balocca ancora con le illusioni dei propri sedici anni.
Ciò però significa “augurarsi” che a vincere sia la coalizione guidata da Silvio Berlusconi?

E qui casca il Gabibbo, perché sono mesi oramai che “faccio il difficile”: e una volta è la camicia da Tony Manero, un’altra è il comizio riciclato, un’altra è la solita battuta del cavolo, e via…

La verità è che è successo quello che non avrei mai creduto: mi sono stufato.
Per anni, come molti altri liberali, ho votato per Silvio Berlusconi proprio perché era lui, perché, pur sapendo che lui è liberale quanto io sono buddista, lo reputavo l’unico elemento di novità e di libertà (sia pure una libertà “animale” e non certo politica) del nostro panorama.
Solo che “gli anni passano, i bimbi crescono, le mamme imbiancano” e la vita un po’ ti cambia, e ti scopri sempre meno disposto a mediare tra te, le tue convinzioni, la realtà che ti circonda e questa volgare cosa per cui devi scegliere necessariamente tra la padella e la brace.

Così, tanti auguri Cavaliere, “spero” che Lei vinca, ma lo farà senza il mio voto.
Non ce la faccio, non riesco a sostenere “Dio, Patria e Famiglia” senza dover metter mano ai farmai per i bruciori di stomaco.
Non credo che la salvezza della Patria e dell’Occidente possa essere ottenuta trasformandoci in una società clericale, che si differenzia da altre solo perché i nostri preti sono un po’ più mondani.
Non credo che i valori di uguaglianza che dovrebbero permeare una società liberale siano un argomento su cui si possano fare sconti, solo per non dover dire no a quale tonaca.
Non credo che la sicurezza sia un feticcio al quale sia lecito sacrificare le garanzie e le libertà individuali.
Ora, poiché queste posizioni sono oramai comuni a PD e PDL, uno la copia dell’altro, con i leader che fanno a gara a baciare crocifissi, per me – che il PD comunque non l’avrei votato giacché la sua visione della cosa pubblica (Stato ed economia) mi provoca l’eritema –non c’è proprio scelta.

Caro Cavaliere, come scrive Daw, non sono io a non essere più berlusconiano, è Lei a non essere più Berlusconi.
A questo punto però, visto che m’hanno fregato anche quest’anno ai seggi, e che quindi la fatica è minima, voterò, ma non per l’uomo la cui discesa in campo del ‘93 è oramai solo un bel ricordo.
Voterò alla Camera per i Socialisti e al Senato per quei quattro sfigati del Partito Liberale.
Sarà come annullare la scheda, lo so, ma non importa: se proprio il mio voto deve essere inutile, almeno che sia dignitoso.

domenica 6 aprile 2008

Ma un giorno anch'io, se mai potrò, esplorerò la riva lassù...

Dedicato a una persona cui voglio molto bene, e a tutti quelli che stanno cercando un raggio di sole, lontano dal fondo del mare, per scaldarsi ed essere liberi…


come vorrei
essere lì
senza un perché
in libertà

ma un giorno anche io
se mai potrò
esplorerò la riva lassù
fuori dal mar
come vorrei
vivere
là!


Part of your world, Howard Ashman





PS: so che sembra una cosa strana... ma una ragione c'è...

venerdì 4 aprile 2008

In difesa di Pecoraio Ascanio.

Io lo scioglierei nella calce viva, assieme a tutti i suoi accoliti, per il male che con il loro ambientalismo parassita hanno fatto, stanno facendo e faranno all’Italia.
Ma i principi valgono anche per chi detesti.
E la domanda è: ma la circoscrizione di competenza della Procura della Repubblica di Potenza quali confini ha? si ferma al potentino, oppure si estende fino alla fascia di asteroidi che divide il sistema solare tra Marte e Giove? le cose basta saperle e ci si regola, al limite si potrebbe sempre abrogare qualche articolo del Codice di Procedura Penale sulla competenza territoriale.
E poi? Ma era davvero così urgente far trapelare la notizia a dieci giorni dal voto? Forse uno degli asteroidi della suddetta cintura sta per colpire la terra e il dott. Woodcock non voleva che questa notizia restasse ignota a chi sopravvivrà al disastro?
Solidarietà quindi all’ignobile Pecoraio.
Dopo di che, però, questa storia è di insegnamento, e ci conferma che, quando si rinuncia ai principi per le convenienze, prima o poi la si paga.
La “competenza funzionale” è stata inventata da Procure amanti dei riflettori, prima per Mani Pulite, poi per i presunti illeciti sportivi, e alla fine è diventata un comodo strumento utilizzato da PM dediti alle indagini dal più alto riscontro mediatico (poiché si sa che stupri e rapine appaiono poco in cronaca nazionale).
La “giustizia a orologeria” non scandalizzava nessuno quando colpiva Silvio Berlusconi alla vigilia di incontri internazionali o sotto elezioni.
In passato entrambi gli strumenti sono stati lo stagno in cui hanno sguazzato politici il cui obiettivo era solo liberarsi degli altri... solo che la ruota gira, e sembra essere arrivato il turno di chi, fino a ieri, guardava divertito gli schizzi di fango colpire i propri avversari. Ancora una volta, ben gli sta.

mercoledì 2 aprile 2008

Il generale alla campagna elettorale (no, non c'è Edvige Fenech)

Quando si va alle elezioni come al mercante in fiera, e per raccattare credibilità presso i ceti storicamente distanti si cercando candidati “per le allodole”, il rischio di sbagliare c’è sempre.
Così un giorno candidi un Calearo con la suoneria di Forza Italia sul telefonino, un altro una specie di velina economista che sproloquia di famiglia, infine un militare che farnetica come certi sergenti dei film drammatici americani.

Il generale Mauro del Vecchio, ex comandante delle truppe italiane in Afghanistan e candidato con il PD nel collegio del Lazio, intervistato da Klaus Davi su Youtube ha detto quel che pensava della vita e dei froci nelle forze armate, ad esempio:
I gay nell’esercito sono inadatti. Io rispetto ogni scelta legittima e lecita della persona, ma credo che nell’ambito di una struttura come l’esercito, dove le attività si svolgono sempre insieme, è opportuno non dichiarare ed evidenziare la propria omosessualità. Anche nella mia carriera mi sono imbattuto in episodi di omosessualità e ho fatto in modo che quelle situazioni non si verificassero di nuovo, che chi ne era coinvolto venisse ricollocato ed impiegato in altre aree...”.

Come avrà fatto a impedire che “quelle situazioni” si verificassero di nuovo, lo sa solo il Signore, intanto River (al cui blog devo questa scoperta) si pone pure qualche domanda su questo brillante difensore della Costituzione, domande tutte sagge.

Fatto sta che le cazzate del generale hanno fatto il giro delle sette chiese molto in fretta, e nel loft devono avere provocato un mezzo uragano, tanto che lo stesso Veltroni s’è sentito in dovere di dire che “le parole che il generale Del Vecchio ha pronunciato sono assolutamente sbagliate e lontane anni luce dal programma del Partito Democratico e dai suoi valori”, e il generale s’è dovuto smentire in fretta e furia affermando che “interpretare come un pensiero compiuto qualche frase detta con un po’ di ingenuità sarebbe sbagliato

Anche questa tempesta passerà, certo che un elettore del Partito Democratico, dovrebbe iniziare a chiedersi chi altri si celi in quelle liste…

PS.: la vignetta è di Dario Di Simone, il cui blog è veramente bello.
PS2: a girare la baionetta nella piaga ci si mette anche il Cavaliere che, perfidamente dichiara: “Il PD ha proposto 'fuori i gay dall'esercito' e 'bordelli' per i soldati. Mi sembrano iniziative interessanti. Dicono che noi saremmo quelli cupi e loro quelli divertenti? Se per divertirsi hanno bisogno dei bordelli, ne prendiamo atto...

La serietà, proprio, non ci appartiene

Incredibile, vent’anni dopo avere gettato sul lastrico il Paese con un referendum scellerato, i cui costi ogni anno sono superiori a quelli di una “manovra”, la classe politica s’è pentita, e ha deciso che “sì, bisogna tornare al nucleare…
Bene, si dirà, finalmente un po’ di serietà.
…sì, bisogna tornare al nucleare, ma le centrali le costruiamo in Albania.
E allora si sente un netto rumore di cristalli: sono i “gioielli di famiglia” che, staccatisi dalla loro naturale sede, scivolando lungo i pantaloni, si sono schiantati sul pavimento, frantumandosi in tante piccole schegge.

Non cresceranno mai, non cresceremo mai.
Costruire le centrali nucleari fuori dai nostri confini non è un investimento, ma una stupidaggine.
  • Vuol dire mettere investimenti di rilevante portata alla mercé di governi diversi dal nostro, che oggi sono “amici”, ma domani potrebbero avere altre convenienze: siamo sicuri che, in caso di grave crisi energetica, questi governi rispetterebbero gli accordi? e se non lo facessero come reagiremmo? andremmo con i militari a riprenderci le centrali?
  • Vuol dire creare occupazione di qualità fuori dai nostri confini, far crescere una classe di tecnici ad alta specializzazione che non arricchisce il “sistema Italia”, ma fa crescere un altro paese,
  • Vuol dire continuare, comunque, a pagare una sovrattassa sull’energia derivante dal fatto che devi pure, in qualche modo, remunerare il paese ospite,
  • Vuol dire, e questo è il più grave, continuare a “educare” la nostra cittadinanza all’idea che i problemi si possano spostare, che ci sia sempre un cortile diverso dal nostro dove mettere ciò che non ci piace, che ci sia sempre un tappeto sotto al quale nascondere la polvere.

Questa proposta ha la stessa logica dell’esportazione del pattume napoletano: paghiamo qualcuno a cifre folli perché si prenda la nostra spazzatura, se la bruci e guadagni sull’energia elettrica così prodotta, magari rivendendola proprio a noi come “energia verde da fonti rinnovabili”.

Non meravigliamoci: un Paese poco serio genera una classe politica poco seria che adotta soluzioni altrettanto poco serie…

martedì 1 aprile 2008

Le tette e il cervello

«La politica - spiega l'attrice - è già in stato confusionale, ci manca soltanto che arrivi io a metterci la mia inesperienza... ».

Io, una che dice che non intende aggiungere la propria inesperienza ai problemi della nostra classe politica, la nominerei seduta stante grand’Ufficiale della Repubblica, perché sia di fulgido esempio alle giovani generazioni (e a quelle meno giovani) sul valore della competenza e della preparazione in tutti i campi della vita, privata e pubblica.

Grazie Anna, oltre a due belle tette, hai anche un gran cervello, e un bel po’ di amor patrio, ora però dicci: chi sono quei maniaci che ti hanno proposto lo scranno alla Camera?

Sul Corriere della Sera

Soylent verde

Erano gli anni ’70, imperversava la visione distopica che voleva un futuro a breve in cui la sovrappopolazione avrebbe distrutto le risorse del pianeta, e gli uomini avrebbero combattuto per un tozzo di pane.
In quegli anni, Charlton Heaston girò “Soylent Green”, polpettone catastrofico in cui l’umanità, consumata ogni risorsa, si illude di cibarsi di gallette fatte con il plancton marino, mentre invece pure questo s’è esaurito e le gallette sono fatte con i cadaveri.

Ecco, a me viene in mente questa prospettiva quando mi parlano delle auto i cui motori dovrebbero bruciare etanolo in luogo del petrolio.

L’etanolo lo si ricava dalle biomasse, ossia da piante e altre forme organiche che, opportunamente trattate, si trasformano in combustibile, replicando industrialmente ciò che la natura ha fatto in milioni di anni con il petrolio.

L’etanolo viene presentato come la soluzione verde ai nostri problemi ma, come insegna Popper (il filosofo, non l’idrocarburo), ogni soluzione porta con sé altri problemi.
E i problemi qui sono anzitutto la scarsa resa energetica del processo produttivo, che comporta un costo energetico molto elevato per produrre l’etanolo, quindi il fatto che bisogna trovare la materia prima.
E per trovare la materia prima le strade sono solo due: o si coltivano terreni per produrre biomasse da trasformare in etanolo, o si usano gli scarti.
Soluzione geniale quella degli scarti, dirà qualcuno. Solo che, luso degli scarti, presuppone che oggi siano appunto tali, e quindi gettati.
E invece non è così: gli scarti dell’industria alimentare si trasformano già oggi in cibo per animali, quelli dell’industria del legno si trasformano in truciolato per i mobili dell’IKEA e degli altri fabbricanti (quando si non usano direttamente i mobili dismessi, opportunamente tritati), il letame già oggi viene usato per produrre gas con cui far andare gli allevamenti di maiali… oppure per concimare i campi, come si fa da alcune migliaia di anni.
Cosa resta? qualche avanzo marginale. E allora, la tragica realtà è che questa bufala dell’etanolo aprirà la strada allo sfruttamento selvaggio delle terre coltivabili e no.
Anziché annunciare che “Dal 2010 l'intera gamma Hummer sarà compatibile con l'etanolo”, tagliare le cilindrate non sarebbe meglio?