Nera in questi giorni è veramente affaticata, mi sa che l’ultimo ciclo di chemioterapia l’ha buttata davvero giù, e non ha più voglia di mangiare nulla, così, in preda allo sconforto, le cambio marca e tipo di bocconcini oramai quasi ogni giorno.
Tra ieri e oggi ho aperto una scatola di gourmet, una di sheeba e persino un tonno al naturale per umani, che ogni tanto la delizia… senza successo.
Così stamattina mi sono ricordato di un’osservazione di mia sorella sulla voracità con cui nel week end la gattina s’era avventata sul cibo e sono andato al negozietto vicino casa dove ho detto alla signora...
“buon giorno, non è che ha quei tranci di tonnetto che mi pare si chiamino Shrek o Shakira?”.
Inutile dire che la signora m’ha guardato un (bel) po’ sconcertata.
Per la cronaca, c’ho messo mezz’ora per farle mangiare credo neanche cinquanta grammi di trancetti di pollo e granchio… speriamo per stasera.
giovedì 30 settembre 2010
lunedì 27 settembre 2010
Luca Cordero di Montezemolo? preferisco Edvige Fenech
Lasciamo stare le piccole miserie della sua storia personale, ché ognuno ha le proprie di miserie. Il punto è la politica: questo ultrasessantenne dalla bella chioma che cerca di inebriare la “società civile” con la propria antipolitica e le parole d’ordine da confindustriale non sputerà come Bossi, ma non è meglio di alcuno dei tristi protagonisti attuali della politica.
È solo l’ultimo continuatore d’un punto di vista sulla politica che si fonda sulla leadership, una leadership in questo caso ancor più classista di tutte quelle che sono venute finora, priva d’ogni parvenza di legittimazione che non sia la “bella immagine” personale, in ragione della quale dovremmo sentirci beneficati dall’interesse di questo signore per la cosa pubblica.
Tra l’altro, diamo un’occhiata al movimentino che s’è fatto questo signore che dà lezioni di politica: un’organizzazione così democratica che prevede un meccanismo di “voto per censo” al proprio interno: chi paga almeno 10.000 euro decide, gli altri fanno i cammelli.
Se questo è il nuovo…
È solo l’ultimo continuatore d’un punto di vista sulla politica che si fonda sulla leadership, una leadership in questo caso ancor più classista di tutte quelle che sono venute finora, priva d’ogni parvenza di legittimazione che non sia la “bella immagine” personale, in ragione della quale dovremmo sentirci beneficati dall’interesse di questo signore per la cosa pubblica.
Tra l’altro, diamo un’occhiata al movimentino che s’è fatto questo signore che dà lezioni di politica: un’organizzazione così democratica che prevede un meccanismo di “voto per censo” al proprio interno: chi paga almeno 10.000 euro decide, gli altri fanno i cammelli.
Se questo è il nuovo…
Consigli per turisti low cost: Sofia
Sofia mi ha dato proprio l’impressione di essere stata la capitale della più sfigata baracca di tutto il lager però, nonostante sia un po’ scalcinata, è pulita, ordinata, tranquilla e dignitosa, e c’è un ristorante tipico dove si mangia bene e si spende veramente pochino (12€ a testa per antipasto, insalata bulgara, secondo di carne e birra).
martedì 21 settembre 2010
sabato 11 settembre 2010
Il valore eterno della privacy
La più comune replica ai difensori della privacy – da chi sostiene i controlli di identità, le telecamere, i database, la ricerca dei dati e tutti gli altri strumenti di sorveglianza di massa – è quella per cui “se non stai facendo nulla di sbagliato, allora cos’hai da nascondere?”
Alcune risposte intelligenti possono essere:
Non è così.
La privacy è un diritto umano fondamentale, e un requisito per il mantenimento della condizione umana con dignità e rispetto.
Due massime ce lo ricordano nella maniera migliore: “Chi custodisce i custodi?” e “Il potere assoluto corrompe in modo assoluto”.
Il cardinale Richelieu comprendeva bene il valore della sorveglianza quando disse “se mi dessero sei righe scritte dalla mano dell’uomo più onesto, potrei trovarci qualcosa per impiccarlo”. Guardate qualcuno abbastanza a lungo, e troverete qualche motivo per arrestarlo, o anche “solo” per ricattarlo. La privacy è importante perché senza di essa le informazioni di sorveglianza si trasformerebbero in abuso: per curiosare, per farne uso commerciale, per spiare i nemici quali che siano al momento.
La privacy ci protegge dagli abusi di chi è al momento al potere, anche se non stiamo facendo nulla di sbagliato quando siamo osservati.
Noi non facciamo nulla di male quando facciamo l’amore o andiamo in bagno.
Non stiamo deliberatamente nascondendo nulla quando cerchiamo un luogo appartato per le nostre riflessioni o conversazioni. Manteniamo la riservatezza sui nostri diari, ci chiudiamo in bagno per fare la doccia, scriviamo lettere ai nostri amori segreti… e poi le bruciamo.
La privacy è un bisogno umano fondamentale.
Un futuro in cui la privacy dovesse affrontare assalti costanti era così lontano dai Padri Costituenti che questi non ritennero neppure necessario richiamarla espressamente come diritto. La privacy era consustanziale alla nobiltà del loro essere e della loro Causa. Ovviamente essere osservati nella propria abitazione era considerato irragionevole. L’atto di osservare era considerato così sconveniente da essere inconcepibile tra gentiluomini in quei tempi. Si osservavano i criminali, non i liberi cittadini. Ognuno comandava a casa propria. È intrinseco al concetto stesso di libertà.
Se siamo osservati in ogni circostanza, siamo costantemente sotto la minaccia di punizioni, giudizio, critiche, persino del furto della nostra unicità. Diventiamo bambini, incatenati sotto sguardi scrutatori, costantemente timorosi che – ora o in un incerto futuro – le tracce da noi lasciate riconducano a noi, implicandoci in qualsiasi cosa su cui un’autorità decida di indagare, anche se un tempo corrispondente a condotta innocente e privata. Perdiamo la nostra individualità, perché ogni cosa che facciamo diventa osservabile e registrabile.
Quanti tra noi si sono fermati durante una conversazione nel recente passato, improvvisamente consci della possibilità di essere ascoltati? Probabilmente si trattava di una conversazione telefonica, poteva trattarsi di un’e-mail o di uno scambio su un instant messenger o di una conversazione in pubblico. L’argomento poteva essere il terrorismo, la politica, la religione. Ci siamo fermati improvvisamente, per un momento preoccupati che le nostre parole potessero essere prese fuori dal loro contesto, per poi metterci a ridere di un pensiero così paranoico e continuare. Ma il nostro comportamento è cambiato, e le nostre parole sottilmente alterate.
Questa è la perdita di libertà che tutti affrontiamo quando ci viene sottratta la privacy.
Questa era la vita dell’ex Germania orientale, o nell’Iraq di Saddam Hussein.
E potrà essere il nostro futuro se permetteremo a un occhio sempre più intrusivo di entrare nelle nostre personali, privatissime vite.
Troppi sbagliano nell’indicare l’alternativa come “sicurezza verso privacy”.
La scelta reale è tra libertà verso controllo.
La tirannia, che nasca come risposta ad attacchi esterni o per effetto di un costante controllo autoritario interbi, è sempre tirannia.
La libertà richiede sicurezza senza intrusione, sicurezza più privacy.
Un’estensiva sorveglianza di polizia è la definizione migliore di uno stato di polizia.
Ed ecco perché dovremmo ergerci a difesa della privacy anche quando non abbiamo nulla da nascondere.
tradotto da “The Eternal Value of Privacy”, Bruce Schneier, wired.com
Alcune risposte intelligenti possono essere:
- “se non sto facendo nulla di sbagliato, allara non c’è ragione per cui tu mi osservi”;
- “perché la politica ha il potere di definire cos’è sbagliato, e continua a modificare questa definizione”;
- “perché tu potresti fare qualcosa di sbagliato con le informazioni che mi riguardano”.
Non è così.
La privacy è un diritto umano fondamentale, e un requisito per il mantenimento della condizione umana con dignità e rispetto.
Due massime ce lo ricordano nella maniera migliore: “Chi custodisce i custodi?” e “Il potere assoluto corrompe in modo assoluto”.
Il cardinale Richelieu comprendeva bene il valore della sorveglianza quando disse “se mi dessero sei righe scritte dalla mano dell’uomo più onesto, potrei trovarci qualcosa per impiccarlo”. Guardate qualcuno abbastanza a lungo, e troverete qualche motivo per arrestarlo, o anche “solo” per ricattarlo. La privacy è importante perché senza di essa le informazioni di sorveglianza si trasformerebbero in abuso: per curiosare, per farne uso commerciale, per spiare i nemici quali che siano al momento.
La privacy ci protegge dagli abusi di chi è al momento al potere, anche se non stiamo facendo nulla di sbagliato quando siamo osservati.
Noi non facciamo nulla di male quando facciamo l’amore o andiamo in bagno.
Non stiamo deliberatamente nascondendo nulla quando cerchiamo un luogo appartato per le nostre riflessioni o conversazioni. Manteniamo la riservatezza sui nostri diari, ci chiudiamo in bagno per fare la doccia, scriviamo lettere ai nostri amori segreti… e poi le bruciamo.
La privacy è un bisogno umano fondamentale.
Un futuro in cui la privacy dovesse affrontare assalti costanti era così lontano dai Padri Costituenti che questi non ritennero neppure necessario richiamarla espressamente come diritto. La privacy era consustanziale alla nobiltà del loro essere e della loro Causa. Ovviamente essere osservati nella propria abitazione era considerato irragionevole. L’atto di osservare era considerato così sconveniente da essere inconcepibile tra gentiluomini in quei tempi. Si osservavano i criminali, non i liberi cittadini. Ognuno comandava a casa propria. È intrinseco al concetto stesso di libertà.
Se siamo osservati in ogni circostanza, siamo costantemente sotto la minaccia di punizioni, giudizio, critiche, persino del furto della nostra unicità. Diventiamo bambini, incatenati sotto sguardi scrutatori, costantemente timorosi che – ora o in un incerto futuro – le tracce da noi lasciate riconducano a noi, implicandoci in qualsiasi cosa su cui un’autorità decida di indagare, anche se un tempo corrispondente a condotta innocente e privata. Perdiamo la nostra individualità, perché ogni cosa che facciamo diventa osservabile e registrabile.
Quanti tra noi si sono fermati durante una conversazione nel recente passato, improvvisamente consci della possibilità di essere ascoltati? Probabilmente si trattava di una conversazione telefonica, poteva trattarsi di un’e-mail o di uno scambio su un instant messenger o di una conversazione in pubblico. L’argomento poteva essere il terrorismo, la politica, la religione. Ci siamo fermati improvvisamente, per un momento preoccupati che le nostre parole potessero essere prese fuori dal loro contesto, per poi metterci a ridere di un pensiero così paranoico e continuare. Ma il nostro comportamento è cambiato, e le nostre parole sottilmente alterate.
Questa è la perdita di libertà che tutti affrontiamo quando ci viene sottratta la privacy.
Questa era la vita dell’ex Germania orientale, o nell’Iraq di Saddam Hussein.
E potrà essere il nostro futuro se permetteremo a un occhio sempre più intrusivo di entrare nelle nostre personali, privatissime vite.
Troppi sbagliano nell’indicare l’alternativa come “sicurezza verso privacy”.
La scelta reale è tra libertà verso controllo.
La tirannia, che nasca come risposta ad attacchi esterni o per effetto di un costante controllo autoritario interbi, è sempre tirannia.
La libertà richiede sicurezza senza intrusione, sicurezza più privacy.
Un’estensiva sorveglianza di polizia è la definizione migliore di uno stato di polizia.
Ed ecco perché dovremmo ergerci a difesa della privacy anche quando non abbiamo nulla da nascondere.
tradotto da “The Eternal Value of Privacy”, Bruce Schneier, wired.com
lunedì 6 settembre 2010
Mira Fini quanto è bello...
Fini è rassicurante come un guardaroba: appena cambia il tempo basta aprirlo e trovi il capo o le posizioni giuste, dall'orbace alla grisaglia, dalle "comiche finali" a "io fondatore del PdL"... l'unica cosa che non riesce a cambiare sono le sue oscene cravatte.