giovedì 30 aprile 2009

Da leggere, magari prima di una puntata di Annozero

Marco Travaglio, il fustigatore degli indagati, il castigatore dei sospettati, ha superato le sue vittime: è stato condannato. Ma è innocente.
Lui, che confonde le accuse, rivolte ad altri, con le sentenze inappellabili, ha definito “terribile” l’ipotesi che la condanna subita possa essere confermata.
Effettivamente, sarebbe sgradevole, anche perché si riferisce all’ipotesi (noi garantisti diciamo “ipotesi”) che abbia diffamato un dirigente della Rai, laddove, come tutti sanno, egli continua a percepire, dalla medesima e lottizzata Rai, moneta sonante.
Da quegli schermi sostiene che i “condannati” non devono né candidarsi né comparire, sicché sarà intrigante vederlo esibirsi.
Lui chiederebbe l’allontanamento di chi si trovasse nella sua condizione. A me basterà cambiare canale.
Travaglio, ripetiamolo, è innocente.
So che è già stato condannato un’altra volta (ad otto mesi di carcere, se non ricordo male), ma, anche allora era innocente, perché colpevole, in uno Stato di diritto, è solo chi arriva tale in fondo ad un processo, non chi inciampa in primo grado.
Ho letto che il nostro paladino del giustizialismo, il nostro portavoce di procura, l’eroico ripetitore di carte altrui, prive d’affidabilità, intende far ricorso contro la sentenza.
Fa benissimo.
Lo avverto, però, del problema che ha davanti: si chiama Giuseppe Benedetto. E’ l’avvocato del querelante, un legale con i fiocchi, un signore che conosce il potere devastante del giustizialismo. Essendo uomo di diritto, egli sa bene, come me, che Travaglio è innocente, perché lo vuole la Costituzione, pertanto, così considerandolo, ne chiederà la condanna anche in appello e cassazione.
Senza astio personale, ma per amore di legge e verità.
Non solo farà il suo dovere, ma, passo dopo passo, si sentirà orgoglioso di aver fatto capire, anche ai travagliati, quanto è importante il diritto, delicato il processo ed infame la diffamazione.
Auguro a Travaglio non solo d’essere innocente, ma anche d’essere assolto.
A quel punto potrà capitargli che qualche pisciainchiostro lo descriva come “già condannato”, o “coinvolto in inchieste giudiziarie”, oppure “accusato dalla procura”.
Se capita, conti su di noi, ma controlli bene, prima d’arrabbiarsi, la firma in fondo ad articoli similmente compitati, perché potrebbe essere la sua.
Davide Giacalone